Caro diario, sono io, Billy Butcher,
quello brutto, sporco e cattivo. Da qualche giorno sto provando a fare questa cosa del diario. Una volta, Becca mi disse che mi avrebbe aiutato. Così ogni sera, prima di andare a letto, faccio la solita stron***a: racconto la mia sudicia giornata, la guardo penzolare tra le dita giusto il tempo di una sigaretta, poi le do fuoco. Guardo bruciare la pagina e, con lei, tutta la mia stessa schifosissima vita. Mio padre lo diceva sempre, avrei finito per detestare me stesso e tutto ciò che mi riguarda.
Mi alzo ogni mattina prima che suoni la sveglia. La testa fin troppo leggera, le pupille secche, la fronte sudata. Apro gli occhi, fisso il bianco del soffitto ancora in penombra e lo stesso pensiero mi attraversa la mente, ogni dannata mattina: odio i Super, li odio tutti.
Mi alleno un paio d’ore ogni giorno, mi aiuta a stilare una lista delle priorità: c’è chi voglio uccidere prima degli altri e chi voglio che invece resti in piedi fino alla fine. Spingo allo stremo della resistenza ogni muscolo, ogni tendine, ogni fibra. Aspetto di giungere al punto di rottura, al limite massimo. Non so se per superarlo o per creparci sotto. Se non fossi già abbastanza folle così, direi che c’è una certa tendenza autodistruttiva nel mio modo di fare. Odio la luce del sole, camminarci sotto me la rende insopportabile. Odio le vie della città tirate a lucido, i colori sgargianti dei cartelloni pubblicitari, i sorrisi della gente che trova soddisfazione nelle cose semplici, stupide. Preferisco il buio della notte, gli angoli viscidi, quella topaia lurida e sporca che chiamiamo casa.
Caro diario, sono io, Billy Butcher, uno schifosissimo rottame che si trascina per le vie secondarie della città.
Non riesco a stare troppo tempo chiuso dentro. Non se c’è anche lui. Ryan frigna tutto il giorno e mi guarda con gli occhi di un animale sperduto. Quegli occhi, due cubi di ghiaccio che seguono ogni mio passo, annusano ogni mia impronta. Non riesco a guardarci dentro. Il loro modo di fissarmi, quei lampi di luce rossa che di tanto in tanto li abbagliano… Lo osservo da lontano, mi tengo a distanza. La sua presenza mi toglie via tutta l’aria. È identico a suo padre, non so se riuscirò mai a dimenticarlo. Perdonami Becca, ci vorrà del tempo.
Faccio lunghe camminate durante la giornata, aiuta a schiarirmi i pensieri. Terrore mi accompagna, lo porto a pisc***e nei pressi del parco, dove campeggia in bella vista la gigantografia di Patriota. Quel suo sorriso affabulatore sembra prendersi gioco di me tutte le volte che lo osservo. Una volta, passandoci accanto, ci ho scarabocchiato sopra un paio di baffi e altri disegnini davvero poco pudichi. Smetterai di ridere un giorno, parola di Billy Butcher. Anche Terrore deve averlo preso in antipatia, perché lascia i suoi bisogni esattamente sotto la sua faccia spocchiosa, tutte le mattine. La compagnia del mio cane, comunque, è migliore di quella dei ragazzi. Franchie parla troppo ultimamente e Latte materno mi punta addosso quello sguardo che è un misto di compassione e rassegnazione. So che mi vuole bene, a suo modo, ma non sopporto i suoi silenzi.
Con Hughie, invece, passo più tempo. Era un bravo ragazzo prima di conoscermi, io l’ho rovinato. A lungo andare, rovino sempre tutto e non so se questo sia realmente un pregio o un difetto. Ora gli sto insegnando come friggere le teste dei Super. Non credo abbia il fegato per farlo per davvero, ma è divertente la smorfia di disgusto che gli viene ogni volta sulla faccia quando pensa alla testa di Patriota liquefarsi sotto i suoi occhi. Hughie ha dato tanto alla causa, si è speso per questa caccia più di tutti, ma non è come noi. Non è come me. Io non voglio solo combattere i piantagrane, io voglio annientarli per sempre, fare in modo che non ne nascano più, che si estinguano tutti da qui all’eternità.
Caro diario, sono precipitato da ormai troppo tempo in un pozzo nero senza fondo. Cupo, buio, infossato nelle pieghe della rabbia più cieca, irrazionale.
Sento il furore avvamparmi dentro, prendersi ogni tessuto, ogni più minuscola particella di Billy Butcher. Non riesco a controllarlo, non voglio controllarlo. La mia strada è già stata segnata, non c’è possibilità di redimersi. Mio padre mi direbbe Te l’avevo detto. Sento ancora le sue mani sudicie sul collo, il fiato puzzolente, la mascella serrata in una posa rabbiosa. Non volevo essere come lui, alla fine ho finito per somigliargli più di ogni altro. Chissà cosa penserebbe Lenny, a guardare il viscido farabutto che sono diventato. Gli si disegnerebbe sul volto quell’espressione amareggiata e disillusa che Hughie mi lancia sempre contro senza neppure accorgersene. A Lenny, Hughie Campbell, l’anonimo nerd dal cuore tenero, sarebbe piaciuto. Magari Starlight è una Super fortunata. Becca non lo è stata. Perdonami, Becca.
Caro diario, ho cercato di sbarazzarmi di Ryan e dei suoi occhi rossi, lo confesso. Ci penso ancora, qualche volta. Passo ore intere a evitare il suo sguardo, ma lui inciampa sempre tra i miei passi e sembra pormi in silenzio domande alle quali non saprei mai dare una risposta. Come sono arrivato a questo punto? Perché le cose hanno dovuto iniziare a girare storto?
Caro diario, c’è stato un momento in cui la mia vita sembrava perfetta, insieme a Becca. Le mie giornate, allora, erano molto diverse da queste che si trascinano stancamente l’una dopo l’altra. Sono avanzi di vita che mi inseguono senza darmi tregua. Mi piaceva la piega che aveva preso la mia vita, una volta. Poi tutto è cambiato, irrimediabilmente, e non mi resta che la furia cieca a scandire tutte le mie ore.
Me ne sto in giro tutto il giorno ad annusare indizi, in cerca di qualcosa che mi illumini su come distruggere una volta e per sempre la Vaught col suo carico di idioti supereroi. Quegli stessi idioti che sono appicciati sulle pareti delle camerette dei ragazzini, coi loro sorrisi ebeti da copertina, circondati dalle luci accecanti dei flash e dal delirio di onnipotenza che li innalza dalla me**a nella quale sono invischiati.
Caro diario, sono io, Billy Butcher, e sto per bruciare anche questa pagina, l’ennesima di una lunga lista di pagine sprecate. Tra poco mi stenderò sul materasso, resterò a fissare per un po’ il soffitto e un pensiero mi attraverserà la mente, conciliandomi il sonno e dandomi la forza di alzarmi anche domani: odio i Super, li odio tutti.