Il tanto atteso secondo capitolo della fortunata serie di Amazon Prime Video, The Boys, ha ottenuto il successo che il suo creatore Eric Kripke si aspettava. Complice anche l’idea di distribuire diluiti gli otto episodi da cui è composta, creando una fidelizzazione maggiore negli utenti della piattaforma, nonostante le polemiche nate al riguardo.
Tuttavia, nonostante i numeri si siano rivelati più che competitivi, qualcosa nel secondo ciclo delle avventure degli antieroi creati da Garth Ennis non ha convinto tutti fino in fondo.
Certo, l’idea geniale di base resta intaccata, quella di mostrare il lato più sordido e malvagio dei classici supereroi da copertina, ma in questo continuo qualcosa ci ha appassionato di meno.
La mancanza di ritmo in The Boys 2 si sente.
A differenza della prima scoppiettante stagione che ha entusiasmato i fan, questo secondo capitolo ci mette un bel po’ di episodi prima di ingranare la marcia. Può essere una scelta comprensibile quella di dare spazio all’emisfero più emotivo della psicologia dei Sette (brutto da dire), ma non è che questo lato più intimo si sia rivelato così accattivante.
In antitesi al primo capitolo, dove siamo rimasti sconcertati ma anche divertiti nel vedere come l’immagine canonica e stereotipata dei supereroi venisse smantellata e dissacrata, nella seconda stagione per ricordarci quanto ancora siano stronzi ci viene riproposto continuamente lo stesso copione senza grandi picchi di geniale malvagità .
Patriota è un villain spaventoso nel vero senso del termine. Non uno di quelli che, come sempre più serie tv ci hanno insegnato a fare, abbiamo finito per amare nonostante le sue crudeltà . È un uomo che concretizza i nostri peggiori timori, come quando scopriamo che la figura solida e convincente che ci governa in realtà è animata da un’anima oscura che non sospettavamo possedesse. Questo è però, al contempo, ciò che lo rende per molti un personaggio riuscito (come sottolineato nella classifica dei personaggi migliori di The Boys).
La possibilità che dietro quella faccia socialmente ben costruita si nasconda un violento tiranno disposto a tutto per il successo ci demoralizza e inquieta, ma nell’economia del tempo che scandisce una serie tv il livello psicologico di alcuni protagonisti resta miseramente piatto e poco coinvolgente.
Anche la new entry della seconda stagione, Stormfront, è un tipo di villain che convince a metà , forse perché risulta troppo costruita persino per le estremizzate linee narrative dello show.
La sensazione è anche che alcune sottotrame dello show finiscano per impantanarsi per troppi episodi in uno sviluppo che arriva tardi. La love story tra Hughie e Starlight perde l’interesse che aveva suscitato nella prima stagione come il sapore di una mela tagliata lasciata ad ossidare troppo a lungo.
Il tormento dello stesso Butcher e della sua ritrovata Becca, colpo di scena pazzesco nella prima stagione, qui viene tirato troppo per le lunghe e fatto esplodere solo negli ultimi episodi. Personaggi secondari come A – Train e Abisso si ritrovano con storyline davvero poco accattivanti da portare avanti.
Il personaggio di Latte Materno che nella prima stagione rappresenta con Frenchie uno degli escamotage ironici offerti dallo show, in questa seconda stagione viene davvero valorizzato pochissimo così come il vero ruolo di Black Noir nel fumetto originale che poteva rappresentare un vero e grandioso colpo di scena all’interno dello show.
Molti twist, specie quelli che riguardano la sottona Queen Maeve, sono spesso ripetitivi e già visti in moltissime altre serie sul genere e anche con questo personaggio Kripke poteva fare molto di più.
Hughie in questa stagione rasenta spesso l’inutilità e le poche scene che lo vedono fare qualcosa di rilevante sono spesso prevedibili, come del resto alcune scelte frettolose fatte per chiudere tutte le sottotrame dei personaggi che si rifanno a molti cliché del cinema d’azione.
La deputata che si rivela corrotta, l’eroina (Queen Maeve) delusa da se stessa che decide all’ultimo di salvare i The Boys anche se si era chiamata fuori dal gioco. Persino la scelta (molto intelligente e provocatoria) di gestire tutta la questione del post MeToo è fenomenale ma durante gli sviluppi finisce per annoiare.
Questa seconda stagione è stata senza dubbio un successo che spiana la strada al terzo inevitabile capitolo dello show ma rispetto alla prima stagione ha perso incisività e arguzia.
Un peccato anche piuttosto incomprensibile considerata la trama strutturata ed originalissima contenuta nel fumetto che poteva fornire degli ottimi e veri colpi di scena che nella seconda stagione si è scelto di non utilizzare.