La tecnica Kintsugi, nota letteralmente come l’arte di riparare con l’oro, è un’antica tecnica giapponese utilizzata per riparare oggetti in ceramica mediante l’utilizzo di metalli preziosi come oro o argento liquido. La filosofia alla sua base è la seguente: recuperare qualcosa di rotto, spezzato, e donargli nuova bellezza; esporre le proprie cicatrici, metterle in mostra proprio perché sono le cicatrici a raccontare la nostra storia. E così, ogni crepa è un racconto, e ogni segmento dorato coopera per tenere unito l’insieme, altrimenti destinato a disperdersi in mille pezzi. Ed è con improbabile innocenza, con rara purezza e dolcezza che Kimiko (Karen Fukuhara) e Frenchie (Tomer Capone) finiscono per essere l’uno l’oro dell’altro. Si completano, si tengono assieme. La coppia che durante tutta la terza stagione di The Boys ci ha tenuto con il fiato sospeso – Si baceranno? Non si baceranno? Li vedremo finalmente assieme? – ci ha donato qualcosa di molto più prezioso di una semplice storia d’amore. Quella tra Frenchie e Kimiko è una storia d’incastri, una storia di cura. È una storia che mostra come due figure spezzate possano trovarsi, aiutarsi, raccogliere i propri cocci e diventare vitali l’uno per la stabilità dell’altro.
A modo loro, sono la più pura forma di innocenza che può essere individuata all’interno del mondo di The Boys. Nonostante si stia parlando di killer, di criminali che hanno ripetutamente ucciso con violenza e senza pietà, Frenchie e Kimiko sono due personaggi alla disperata ricerca di redenzione, due figure spinte dalla volontà di fare ammenda. In un mondo spietato in cui non hanno fatto altro che provocare sofferenza e soffrire a loro volta, cercano solo di difendere i propri legami, la propria famiglia. Di lottare per ciò che resta.
La terza stagione di The Boys ha aperto una finestra sul passato di Frenchie, ci ha mostrato le sue ferite, le sue crepe. E così, tramite i racconti di Little Nina, veniamo a sapere degli incubi del suo passato, dei suoi timori e delle sue paure. Veniamo anche a conoscenza del suo rapporto con il padre, dettaglio che ci aiuta a comprendere più profondamente la complessa relazione – una commistione di odio, stima e dipendenza – che lega lui a Billy Butcher.
Frenchie è una figura spezzata, frastagliata, rotta.
Costantemente in fuga dal suo passato, non trova altro riparo che nella droga. La sua storia è quella di una figura sottomessa, costantemente privata della sua volontà di scelta: durante la sua infanzia e adolescenza, in balia di un padre violento; poi killer personale di un boss della mafia russa, infine chimico e tuttofare dei Boys. Non c’è luce nella sua vita. Non sembra esserci speranza per chi ha guardato così a lungo nell’abisso.
Ma, come ci ricorda Leonard Cohen,
There is a crack, a crack in everything/ That’s how the light gets in.
C’è una crepa in ogni cosa/ È così che entra la luce.
Ed ecco la luce, provenire proprio dal punto più buio.
Kimiko. Mon Coeur.
È proprio il buio delle loro vite e delle loro storie che ci aiuta a cogliere la luce nei loro occhi, il battito all’unisono dei loro cuori. Kimiko, al fianco di Frenchie, sogna ad occhi aperti. Sogna di cantare a squarciagola, di ballare, di stringere a sé la bellezza e l’amore che non pensava di meritare. D’altronde, Kimiko il libero arbitrio non lo aveva mai conosciuto. Cavia da laboratorio, trasformata in un mostro contro la sua volontà. Umiliata non solo come donna ma come essere umano, costretta ad uccidere per sopravvivere. Kimiko ha perso tutto e tutti, ma ha trovato in Frenchie una casa, una colonna, un compagno, una famiglia e, soprattutto, una ragione per vivere – per guardare al futuro e lasciarsi il passato alle spalle.
La terza stagione di The Boys ci mostra così una donna alla disperata ricerca della libertà. Libertà di scelta, libertà di vivere la propria vita lontana dal sangue e dalla violenza. Libertà che Kimiko assapora quando, pur di salvare la vita di Frenchie, decide di sacrificarsi facendosi colpire in pieno dall’esplosione radioattiva provocata da Soldier Boy e perdendo i suoi poteri. La quinta puntata della terza stagione, L’ultima occasione di guardare questo mondo di bugie, ci regala così un primo momento di tenerezza e serenità – un momento di distensione necessario tanto per lo spettatore quanto per Frenchie e Kimiko. La scena in ospedale ci dona così un punto di osservazione privilegiato su un momento di dolcezza incredibilmente vero e intimo tra i due: Kimiko è sollevata e sorridente all’idea di non essere istantaneamente guarita dalle ferite riportate, di aver perso quella parte di sé che l’aveva resa un mostro ai suoi occhi. La scena raggiunge il suo apice nel bacio che i due si scambiano: la tenerezza di un momento fuori dal tempo e dalla storia, in cui non esistono supereroi o villain, ma solo due cori che non erano mai stati più vicini di così. I loro sorrisi impacciati, il loro disagio che ricorda perfettamente quello di due innamorati che iniziano a prendere atto del loro indissolubile legame – sono tutte sensazioni che ci aiutano a comprendere come Kimiko e Frenchie non siano solo la luce l’uno dell’altro, ma anche una luce per lo spettatore, un porto sicuro in cui trovare serenità e dolcezza in un mondo altrimenti cupo, violento, senza giustizia.
Il penultimo episodio di stagione, Ecco un cero per illuminare il giaciglio, ci mostra una scena altrettanto intima: sulle note di Dream a little dream of me di Annie Reburn, Kimiko e Frenchie si abbandonano a un lento, aprendo il proprio cuore l’uno all’altro. I loro volti sono distesi, i loro sorrisi genuini, il loro affetto, puro. È a questo punto che Kimiko si rende conto, per la prima volta, di essere libera di scegliere.
All’inizio odiavo il V perché non lo avevo scelto. Ma ora è una mia scelta. Penso sia importante. Ho incolpato i miei poteri per i miei problemi, ma non è vero. Il V non è buono o cattivo, dipende solo dalla persona che lo usa. Volevo usare i miei poteri per fare del bene. Lottare per coloro che amo. Ho quasi perso Franchie perché non potevo combattere. Non posso rischiare ancora.
È attraverso queste parole che Kimiko e Frenchie si rendono conto di essere testimoni di qualcosa di molto più intimo e puro dell’amore per come siamo abituati ad immaginarlo. L’amore e l’affetto che i due sperimentano è anzi la forma più vera di amore che si possa sperare di ricevere: la volontà di essere liberi, assieme. La certezza di poter sempre contare sull’altro, di essere disposti a morire per l’altro. L’inamovibile consapevolezza di aver donato il proprio cuore a qualcuno che lo difenderà con le unghie e con i denti.