In un altro universo, di fronte a un giovane Peter Parker, lo zio Ben disse che “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità“. Un imperativo morale che spinge chi ne ha la possibilità e soprattutto le capacità a farsi garante e protettore delle vite di vittime e innocenti, un innato senso del dovere, dell’ordine e della giustizia che ha da sempre, all’interno di fumetti e film, spinto chi in possesso di superpoteri a diventare degli eroi. Ma in fin dei conti, se dovessimo ottenere poteri cosmici, quanti di noi sceglierebbero di impiegarli per il bene dell’umanità? Dello stesso parere è la rivoluzionaria The Boys, serie original di Amazon Prime Video ispirata all’omonima run fumettistica che, con il suo cinismo, nel corso delle sue stagioni, ha decostruito l’intero genere dei cinecomic.
Secondo una visione fortemente pessimistica e machiavellica, gli autori della serie decidono infatti di prendersi gioco dell’ideale dell’eroe puro e senza macchia “alla Superman“, che da sempre contraddistingue un certo genere di narrazione per descrivere non solo personaggi egoisti e indifferenti alla sorte del pianeta e alla protezione degli innocenti, ma fortemente corrotti e depravati, dediti al vizio oltre ogni misura e desiderosi di utilizzare le proprie peculiarità solo per soddisfare i propri capricci e le proprie inclinazioni.
Alcool, droghe e soprattutto perversioni sessuali sono elementi che stanno costantemente al centro delle storie narrate da The Boys, storie che non hanno poi molto di edificante e che mirano più a sconvolgere il pubblico, ancora radicato a quelli che sono gli stilemi classici e tradizionali del genere supereroistico.
Scioccare, inorridire e fare satira della società in cui viviamo, e soprattutto di quella americana, con le sue tante ipocrisie e contraddizioni.
Per fare ciò, The Boys non si esime dal mostrare esplicitamente su schermo situazioni che fino a pochi anni fa non avremmo mai immaginato di vedere trasposte, da grottesche esplosioni di sangue e cervella, fino a scene di sesso della più svariata e fantasiosa tipologia, capaci mescere in sé violenza, gore e cringe: incidenti di natura sessuale che possono finire in tragedia, ma accompagnati da quella patina di umorismo basato sul grottesco che invece di conferire a esse una sfumatura drammatica finisce per portare lo spettatore a una risata smodata.
Questo perché The Boys non ha paura di mettere in scena momenti davvero estremi, seppur di molto mitigati rispetto al fumetto d’origine: situazioni che puntano a disturbare lo spettatore e a spingerlo lontano dalla consueta ottica buonista a cui siamo stati abituati per tanto tempo. E diciamocelo, la serie è divenuta talmente iconica e mainstream che in poco tempo, tra meme divenuti virali e scene disturbanti che hanno fatto chiacchierare sui social settimana dopo settimana, esiste un’era pre e post The Boys.
A quale altra serie tv sui super sarebbe mai venuto in mente di mostrare una scena anche solo simili al tanto famoso e vociferato Herogasm? Quale altro show avrebbe mai potuto portare in scena i gusti furry “acquatici” di Abisso? O le particolari scene inerenti al latte legate al profondo complesso di Edipo di Patriota?
Esagerando le dinamiche sociali della realtà, ma facendolo con consapevolezza e gusto per il grottesco, The Boys dipinge un mondo malato e pesantemente corrotto, forgiato dall’egocentrismo di uomini che si sentono dei e che per questo vogliono soddisfare qualunque tipo di pulsione, infischiandosene delle conseguenze. Uomini e donne che non meriterebbero una briciola del potere che hanno e che, o sono da sempre stati maniaci, o lo sono diventati facendosi inghiottire da una vita che prometteva piaceri di ogni tipo, al di sopra della comprensione di chi non ha mai ricevuto Composto V.
E ne avevamo bisogno, certo, perché in un genere già da tempo esplorato nelle sue diverse forme e declinazioni, The Boys è stata per certi versi una vera e propria innovatrice, capace di creare uno stile talmente unico e riconoscitivo da distanziarsi da qualsiasi altro prodotto mai creato prima, lontano dallo stile Marvel così come da quello più oscuro di altri tipi di narrazione sui supereroi.
Ma The Boys non è solo un ricettacolo in grado di mostrare perversioni e sete di potere, ma tenta infatti a suo modo di ridicolizzare l’intera linea di azione delle aziende che si occupano di promuovere i prodotti a tema supereroistico, tra tutti Disney (che detiene i diritti della stragrande maggioranza dei personaggi Marvel) e Warner Bros (che gestisce i diritti della DC Comics). Giocando di meta-narrazione The Boys infatti non si esime dal ridicolizzare atteggiamenti considerati tipicamente come politically correct da parte delle major. La Vaught e tutto ciò che le gira attorno, infatti, non sono altro che questo, una grande azienda il cui unico scopo è il lucro e che vive di ciò che fa tendenza, nonché delle richieste del pubblico, al cui altare spesso vengono sacrificate la creatività e l’originalità degli autori, per creare standard univoci e invalicabili.
The Boys con grande autoironia sceglie infatti di criticare a suo modo atteggiamenti politicamente corretti intrapresi da alcune aziende, come lucrare su temi LGBTQI+ nel mese del pride (come nel caso del coming out di Queen Maeve, usato solo a scopo pubblicitario dall’azienda) o sul forzare esageratamente il cosiddetto Girl Power quando non ve n’è bisogno e con il solo scopo di attirare diversi generi di pubblico.
Certo, la serie non è esente da qualche contraddizione interna, dal momento che, rispetto al fumetto, alcuni personaggi che in origine erano maschi hanno subito nella serie un gender swap (slittamento dell’identità di genere di un personaggio verso il genere opposto), come nel caso di Stormfront, di Mallory e della Neuman. Tuttavia, la serie stessa non si è mai posta come una paladina da questo punto di vista. The Boys, infatti, pur introducendo all’interno della propria narrazioni anche momenti di polemica nei confronti della nostra realtà, non l’ha mai fatto da un alto scranno da cui guardare gli altri con superiorità, ma dichiarando e accettando a sua volta le regole del gioco senza tuttavia prostrarsi a esse.
Anche l’uso della tecnologia e dei social nell’era di internet è uno dei punti su cui la serie insiste maggiormente.
La paura di Patriota di fronte a un calo di gradimento, il fatto che in fin dei conti i super finiscano per essere più degli influencer che degli eroi sono infatti temi che possono far nascere in noi delle profonde riflessioni, consci che se simili scenari dovessero improvvisamente verificarsi nel nostro mondo, la realtà che ne emergerebbe non sarebbe poi tanto diversa da quella dipinta dalla serie.
Quindi, è vero: The Boys è politicamente scorretta nel modo più corretto possibile perché, mentre riesce a portare avanti una storia accattivante e dalle tante sfaccettature, portando in scena drama e humor, intrigo e approfondimento dei personaggi, non rinuncia mai alla caratteristica che l’ha da sempre distinta da qualsiasi altra serie, ovvero giocare con gli stereotipi del genere con lo scopo di smascherarne le ipocrisie e di intrattenere il pubblico puntando su aspetti che i competitor hanno sempre tenuto lontano: violenza, nudità e un umorismo volgare e brillante. Che volere di più?