Siamo così imbevuti di supereroi dalla battuta pronta e dai colori sgargianti, che l’arrivo di The Boys è stato quasi un brusco ritorno alla realtà. Ci ha pensato ulteriormente il Batman di Robert Pattinson a ricordarci che i supereroi non sono affatto solo quello a cui, da più di dieci anni a questa parte, ci ha abituato la Marvel. Al lato prettamente fumettoso e scanzonato si affianca anche un lato oscuro, introverso e più filosofico (no, non stiamo parlando dell’era Snyder sul quale preferiamo stendere un velo pietoso). E quindi, così come The Batman rappresenta la controparte di quei Guardiani della Galassia e Avengers di turno, The Boys si pone in opposizione ai ben più leggeri show supereroistici della CW.
The Boys nasce come graphic novel, scritta da Garth Ennis e disegnata da Darick Robertson, pubblicata negli Stati Uniti da metà del 2006, e racconta di un gruppo di personaggi molto particolari assoldati dalla CIA per eliminare il più grande nemico del mondo moderno: i supereroi. In questo universo parallelo, infatti, essi non sono eroi senza macchia, devoti a salvare il prossimo. Sono bensì egoisti, manipolatori e depravati che utilizzano i propri poteri e la propria influenza per plasmare il mondo secondo il proprio capriccio. Il compito dei cinque membri della squadra è quello di controllare, tenere a bada e, in casi di estrema necessità, eliminare i supereroi. Il gruppo è composto dal burbero Billy Butcher, che ne è anche il leader; Latte Materno, che si occupa della componente informatica del gruppo; il Francese, imprevedibile ma geniale; la Femmina della Specie, un’assassina che non parla mai e Hughie, il nuovo arrivato.
Per la sua natura eccentrica, violenta e scurrile, The Boys si presentava come un prodotto abbastanza pericoloso e difficile da adattare in un altro medium che fosse diverso dal fumetto.
L’omonima serie tv, creata da Eric Kripke, è andata però ben oltre le aspettative, rimanendo fedele nello spirito al medium originale e mantenendo quelli che sono gli elementi caratteristici della storia. Seppur diversi elementi siano stati modificati (come la formazione del gruppo, l’assenza di La Leggenda, il cambio di genere per Stormfront), la serie tv ha ottenuto una calorosa accoglienza da parte di critica e pubblico proprio per non essere scesa a compromessi e aver conservato quella componente politicamente scorretta e sopra le righe. In un mondo sempre più perbenista, The Boys decide di distinguersi dalla massa puntando su una narrazione che non le manda a dire e su una componente visiva non adatta ai deboli di cuore. D’altronde, l’obiettivo della serie tv non è quella di piacere a tutti, ancora una volta non siamo di fronte al nuovo film dell’anno targato Marvel.
Dove altri utilizzano il costume per tirare fuori il meglio di sé, i Sup lo vestono per tirare fuori il peggio. Dichiaratamente ispirati ai supereroi del mondo Marvel e DC, i Sette sono personaggi dalla morale discutibilissima che compiono azioni terribili ed egoiste. A capo del gruppo troviamo Il Patriota, esteticamente ispirato a Superman e Capitan America ed emblema stesso di follia e perversione. Il male che Il Patriota infligge non deriva da un qualche tipo di tornaconto personale, ma da una forma di megalomania estrema e della totale assenza di empatia. Il personaggio è assolutamente convinto di poter fare tutto ciò che vuole e di fatto o fa, lasciandosi andare ad atti di estrema crudeltà e violenza. Quasi come un quattordicenne vittima dei propri impulsi, Il Patriota è il personaggio che più di tutti mostra una doppia natura tra il pubblico e il privato. Visibilmente squilibrato, il personaggio (interpretato magistralmente nello show da Anthony Starr) si mostra al mondo come il più potente tra i Sup, sicuro di sé e padrone delle proprie azioni, quando in solitudine Il Patriota è logorato dalla paranoia e dalla vendetta, agendo senza cognizione di causa.
L’eroe per antonomasia diventa, in The Boys, il più feroce tra i villain, privo di intelligenza strategica e motivato solo da una rabbia cieca e dal desiderio maniacale di possedere.
Ci dovrà pur essere un eroe, allora? A ben vedere no, perché di eroi in The Boys non se ne vede manco l’ombra. Gli unici che si frappongono tra la volontà di un pazzo e il resto del mondo, sono cinque eccentrici personaggi, uniti da un medesimo obiettivo ma totalmente diversi l’uno dall’altro. Le azioni dei membri del gruppo non sono, in fondo, molto più nobili e quasi tutti sono motivati dalla cara vecchia vendetta. In primis Butcher, che ha un conto personale in sospeso con Il Patriota. Non c’è quindi nulla di valoroso o di disinteressato nelle azioni dei The Boys che si rappresentano il lato buono di questa storia (ma con tantissime virgolette). Butcher è un antieroe nella misura in cui le circostanze lo rendono tale, ciò che succede alla moglie lo costringe a prendere una posizione e nient’altro. Stesso discorso vale per Hughie che, pur mantenendo una certa virtù ancora inviolata, ha sperimentato in prima persona la violenza e per questo rimane coinvolto.
Ciò che è evidente e chiaro in The Boys è l’assenza quasi totale di spirito di sacrificio, di abnegazione per il prossimo e di eroicità. Nessuno è un eroe, d’altronde nessuno vuole esserlo. Le scelte che ogni personaggio compie derivano dal puro istinto di sopravvivenza o dal desiderio di vendetta. Niente di nobile all’orizzonte ma, a ben vedere, l’universo parallelo di The Boys sembra molto più vicino al nostro di qualsiasi Gotham City e Metropolis. Con la terza stagione in arrivo a giugno, il significato di Sup verrà ulteriormente approfondito e nuovi volti daranno del filo da torcere al nostro gruppo di sbandati. Altre maschere, altri mantelli decisi a coprire ciò che si nasconde sotto la superficie celando al mondo al vera natura di questi fantomatici supereroi che, come ormai sappiamo bene, non hanno nulla di super se non il nome.