Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla seconda stagione di The Boys
Se continuiamo così, con questo politicamente corretto portato all’esasperazione, avremo grossi problemi in sede di sceneggiatura, faremo meno ridere. Sta diventando un po’ una patologia. Basta per cortesia.
Parola di Carlo Verdone, un vero maestro. Lo sfogo è di poche settimane fa ed evidenzia un problema ormai sotto gli occhi di tutti: come spesso accade quando a un problema si risponde con un abuso che sbilancia oltremisura nell’altro senso, il politicamente corretto è diventata una piaga. Ai nobili intenti si è ormai affiancata la censura preventiva, dilagante e spesso stucchevole, colpevole di nascondere dietro un dito puntato un’ipocrisia di fondo fin troppo politicamente corrotta.
Il problema riguarda tutti e riguarda quindi anche film e serie tv, spesso snaturati e stravolti per non scontentare nessuno. Proprio nessuno, anche chi non penserebbe minimamente di lamentarsi. Ne abbiamo parlato qualche tempo fa e lo evidenziamo ancora: stiamo esagerando e il soffocamento della libertà creativa è un prezzo che non possiamo permetterci di pagare, oggi come non mai. Lo sottolineano gli autori, sempre più con le mani legate e costretti a fare i salti mortali in un campo minato. E lo sottolineano ogni giorno di più anche gli spettatori di film e serie tv, stanchi di un circolo vizioso in cui costi e benefici sono ormai esageratamente squilibrati e incidono sulla qualità globale delle produzioni.
Ma non tutti si sono arresi, per fortuna. Un esempio? L’esempio più vivido della serialità televisiva proposto nel 2020. Quella che con ogni probabilità verrà ricordata come la serie dell’anno, il titolo di riferimento capace di esplodere in una fase preoccupantemente arida di nuovi titoli di grandissimo successo. Parliamo di The Boys, uno dei titoli di punta di Amazon Prime Video. Appena arrivata alla conclusione della seconda splendida stagione, l’opera di Eric Kripke ha portato a casa dei risultati straordinari, coronati dai numeri impressionanti riportati da Nielsen: 891 milioni di minuti visti e terzo posto assoluto nel periodo 31 agosto – 6 settembre 2020. Superata solo da Cobra Kai e Lucifer, The Boys ha fatto il botto, piazzando la bandierina di Amazon in una top ten letteralmente dominata da Netflix.
Ma i numeri raccontano solo in parte quello che è divenuto in poco tempo un vero e proprio fenomeno di massa, destinato a durare negli anni e a lasciare un’impronta profonda al punto da rappresentare un potenziale spartiacque anche in Italia: tutti amano The Boys, tutti vogliono ancora più The Boys. E The Boys, nell’era devastante dell’ultra-politicamente corretto, è ultra-scorretta: ultra-violenta, ultra-volgare, ultra-trasversale nel prendere per i fondelli chiunque, dai supereroi della Marvel alle novelle Scientology, fino ad arrivare ai novelli nazisti che ancora invocano una qualche forma di suprematismo bianco, i mass media e i politici statunitensi d’ogni colore senza scadere in alcun modo nella faziosità.
Insomma, The Boys è ultra-tutto grazie a degli ultra-psicopatici ultra-cinici, ma non è mai ultra-ridondante. Ed è un ultra-successo, non certo un prodotto destinato a un pubblico di nicchia come spesso accade a produzioni di questo tipo.
È uno sfogo satireggiante molto ben recepito in cui vale tutto, davvero tutto. E tutto non è mai un mero esercizio di divertissement. Incluso un inquietante Superman pseudo-repubblicano che sotto i riflettori è il cliché dell’eroe classico, mentre nell’ombra si “trastulla” al cospetto di un mondo ai suoi piedi. E che dire dell’eroina pseudo-dem che strizza l’occhio a una delle deputate più in vista del momento, in realtà l’ennesima Super che si diletta nel tempo libero a far esplodere decine di teste?
Potremmo parlarne per ore, anche in riferimento all’ultimo episodio della seconda stagione, bellissimo seppure in parte scivolato proprio nel terreno che intende far saltare per aria, e il risultato sarebbe sempre lo stesso: The Boys nasce per andare controcorrente, ma l’ondata è talmente consistente da poter generare a sua volta una nuova marea. Una ventata d’aria fresca, per tutti noi. E per il mondo boccheggiante della serialità, bisognosa di ritrovare le radici dell’esplosione che portò alla golden age.
Le serie tv, nonostante abbiano assimilato i vizi del cinema e non solo le sue virtù, hanno ancora la possibilità (e il dovere) di osare. E di dire no al politicamente corretto nel momento in cui una scelta audace è coerente con le esigenze narrative: che si parli di una scena di nudo, una sequenza violenta o una battuta potenzialmente controversa, quello che conta davvero è raccontare una storia entro i confini di cui necessita la storia stessa, senza andare troppo oltre o al contrario fare troppi passi indietro.
Ci auguriamo che The Boys non sia solo un profeta nel deserto (come purtroppo temiamo), ma, insieme a Rick and Morty e poche altre, essere il manifesto di una nuova era. Più scorretta, ma anche più onesta, intrigante, divertente e narrativamente coerente. E soprattutto corretta nei confronti di chi ha la sensibilità necessaria per non sentirsi insultato laddove l’insulto non c’è.
Un’era che piacerebbe sicuramente a Tom Wolfe:
Il politicamente corretto è diventato uno strumento delle “classi dominanti”, l’idea di un comportamento appropriato per mascherare meglio il loro “predominio sociale” e mettersi la coscienza a posto.
Lo scorrettissimo Billy Butcher sarebbe sicuramente d’accordo con lui, non abbiamo dubbi. Homelander, invece, proverebbe un certo imbarazzo.
Antonio Casu