ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su The Consultant, la serie tv di Amazon Prime Video!!
Per riscrivere i connotati del villain moderno basta prendere a prestito il volto di Christoph Waltz e infilarlo negli ingranaggi perversi del sistema capitalistico. Ne verrebbe fuori una storia un po’ asfissiante, ai limiti del delirio, ma estremamente efficace nel trasmettere quel senso di disagio che ci si prefigge di trasfondere nell’animo dello spettatore. È ciò che è The Consultant, il thriller in otto episodi comparso un po’ in sordina sul catalogo di Amazon Prime Video a fine febbraio. La serie è stata scritta da Tony Basgallop (Inside Men, Servant) ed è tratta dal romanzo omonimo dello scrittore Bentley Little. È un racconto lucido ed estremo sull’impatto del sistema capitalistico nella vita lavorativa delle persone. Una storia dai toni quasi distopici, a metà tra il thriller psicologico e un’ucronia surreale. Al centro della narrazione, pochi personaggi, dotati di una tridimensionalità solo accennata. Tutti pezzetti di un puzzle che non si compone mai definitivamente, rotelle di quel mastodontico ingranaggio che è il sistema produttivo contemporaneo, figlio e progenitore di una serie impressionante di contraddizioni che lacerano la nostra società.
In questo contesto degenere e straniante, quel genio del male di Christoph Waltz si prende la scena, centralizzando su di sé tutta l’attenzione.
Il Premio Oscar, che abbiamo imparato ad apprezzare soprattutto grazie all’interpretazione dell’ufficiale delle SS Hans Landa in Bastardi senza gloria – uno dei più affascinanti villain che hanno scritto la storia del cinema – e nelle vesti del dottor King Schultz in Django Unchained, interpreta in The Consultant un consulente di aziende, pronto ad accorrere in soccorso quando ci sono da risollevare le sorti di una società in difficoltà. La CompWare è una società di gaming gestita da Sang Woo, un ragazzino poco più che ventenne che è riuscito a imporsi sul mercato delle app di giochi per cellulari. Il giovane boss coreano muore però in circostanze violente, durante una visita di bambini in ufficio, quando uno di loro estrae all’improvviso una pistola e spara un colpo alla testa di Sang. Dopo la morte del capo, i dipendenti, privati di una guida che sappia indirizzarli, cercano di capire che ne sarà del loro futuro professionale. Ma non fanno neppure in tempo a porsi delle domande che subito piomba alla CompWare Regus Patoff, un consulente in giacca e cravatta che prende possesso dell’ufficio di Sang e cerca di riorganizzare la società in difficoltà.
Regus Patoff è la componente più agghiacciante di tutto lo spettacolo offerto da The Consultant.
Il personaggio interpretato da Christoph Waltz è enigmatico e terrificante. Il suo volto è una maschera raggelante, i suoi occhi impenetrabili, il sorriso un ghigno diabolico che riesce a mettere i brividi. Nessuno sa chi sia esattamente Regus Patoff. In rete non esiste un suo profilo reperibile, i dipendenti non hanno idea di quali siano le sue intenzioni. È una sorta di fantasma sociopatico assunto da Sang prima di essere ucciso, che si presenta all’azienda come il consulente incaricato di riportare i conti in ordine, di limitare le predite e aumentare la produttività. È la personificazione – in alcuni frangenti, quasi la parodia – del boss finanziario moderno, quello che dà ordini guardando unicamente ai numeri e alle statistiche. La sua visione spersonalizzante del lavoro lo rende un perfetto villain contemporaneo, cinico, insensibile, distaccato, interessato solo a risollevare i bilanci, a qualsiasi prezzo. L’interpretazione di Waltz è perfetta. Forse anche troppo. The Consultant infatti vive di riflesso, rosicchia gli spazi lasciati liberi dall’attore. L’attenzione è tutta sul suo personaggio, sui suoi tic, sul modo di spostare lo sguardo da una cosa all’altra, sulle sue manie e i suoi gesti di assenso. Christoph Waltz ha colto nel segno, di nuovo. La collaborazione con Tarantino gli ha regalato la grande fama internazionale, ma sono anche prodotti come questo a testimoniarci lo straordinario talento dell’attore europeo.
La mimica facciale, le espressioni della bocca, il modo di parlare, sono talmente monopolizzanti da indebolire e fiaccare tutto il resto. Persino la maniera in cui sta fermo, senza proferire parola, immobile e in silenzio, si sovraccarica di un’energia invisibile che riesce ogni volta a prendersi lo schermo e a fagocitare ogni cosa. Gli elementi di debolezza di The Consultant derivano forse proprio dal fatto che il personaggio centrale possiede un magnetismo tale da offuscare le ramificazioni secondarie della serie. Che si prefigge uno scopo non facile da raggiungere: tracciare un quadro estremizzante ed esagerato delle degenerazioni del sistema capitalistico. Il dominio della tecnica ha uniformato gli individui a componenti di una macchina, li ha trasformati in esseri spaventati e fragili, pronti a stravolgere i propri connotati pur di sopravvivere in quel grande meccanismo perverso che è il mondo moderno, dove chi ha la forza di stare in piedi sopravvive, mentre chi non riesce a imporsi sugli altri, alla fine, resta indietro e soccombe. The Consultant si iscrive nella schiera di quegli show, come Scissione (la serie dell’anno?), Black Mirror o Squid Game, che provano ad esaltare le contraddizioni del mondo contemporaneo, mostrandoci il limite massimo cui un individuo può giungere senza spersonalizzarsi e restando fedele ai propri principi morali.
Regus Patoff è l’elemento maligno che prende possesso della CompWare, mettendo i dipendenti in competizione tra loro. È una sorta di diavolo in giacca e cravatta che si alligna in ciascuna delle nostre coscienze, sempre pronto a spingerci oltre i confini etici che abbiamo eretto a protezione della nostra anima. Il capitalismo, la finanza, lo strapotere della tecnocrazia agiscono in questo modo sul presente: mettono radici nel nostro tempo e si comportano come un solvente corrosivo che poco alla volta disgrega gli individui, facendo perder loro la percezione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, disorientandoli e lasciandoli impotenti a fronteggiare i pericoli e le minacce della modernità. La vita diventa un unico grande videogame in cui vincere è pressoché impossibile. E, infatti, la maggior parte delle persone arriva fino a un certo livello e poi soccombe, accumulando frustrazione e rabbia. La sfera professionale dell’essere umano è tratteggiata in The Consultant come un luogo solo all’apparenza luccicante e seducente, ma in realtà profondamente angusto e alienante. È un inframmezzo soffocante incastrato tra le parole Play e Game Over, in cui gli individui credono di star vincendo e invece finiscono per perdere vite poco per volta. Quella tracciata da The Consultant è una prospettiva terrificante, ma molto interessante da decodificare. E, soprattutto, è un’altra imperdibile occasione di vedere all’opera Christoph Waltz, che davvero non ne sbaglia una. E lascia sempre il segno.