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The Crown è l’unico vero anello di congiunzione tra il nostro mondo e il mondo delle fiabe

The Crown
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E’ difficile raccontare la storia. Sia quella lontana, che sembra così distante da noi da farci dubitare che sia accaduta veramente, sia quella più recente, così vicina che sembra di poterla toccare e per questo tanto, troppo pericolosa. Perché la verità è che nessuno sa con certezza dove posizionarlo, il focus: con che occhi si affronta un pezzo della nostra storia che conosciamo tutti? Bisogna prendere le distanze e osservare con occhio oggettivo o infilarsi bruscamente nelle pieghe del tempo e dare vita a qualcosa di completamente inaspettato? Queste domande The Crown non se le è mai fatte. La serie, andata in onda per la prima volta nel 2016 e diventata in poco tempo il prodotto che forse più di tutti è riuscito a raccontare davvero le vicende della famiglia reale britannica, è riuscita a guardare indietro alla storia e a spostare il focus. Perché alla fine The Crown è l’unico vero anello di congiunzione tra il nostro mondo e il mondo delle fiabe, ed è così che ce l’ha fatta davvero.

The Crown (640×360)

Netflix, investendo sulle serie storie storiche, ha guadagnato tanti successi e purtroppo anche tanti flop. Eppure la piattaforma streaming con The Crown è riuscita davvero a fare il botto, per un motivo molto semplice: ha portato la storia da noi. Pur partendo dagli anni cinquanta del 1900 (Elisabetta II salì al trono alla morte del padre nel 1952) la serie, per come è concepita, segue una vicenda che si dirama nel tempo e che, fino a qualche mese fa, era a tutti gli effetti “ancora in corso”. Da qui deriva il primo grande punto a favore di The Crown: è stata in grado, pur essendo vincolata dall’etichetta di show “storico”, di far immedesimare il pubblico nelle vicende che raccontava. La regina Elisabetta non è stata solo un’icona fondamentale nel panorama mondiale, ma il simbolo di una generazione (ancora in vita) abituata ad assistere ai suoi discorsi e alle sue apparizioni pubbliche in diretta. O semplicemente accendendo la televisione. Più si andava avanti con gli anni, più ci si avvicinava ai giorni nostri e più le aspettative aumentavano: se è relativamente facile raccontare la storia della famiglia reale con un minimo di distanza temporale, bisogna stare attenti quando la vicenda arriva a toccare direttamente il pubblico che guarda The Crown in televisione. Forse è proprio per questo che la quinta stagione, e la sesta al seguito, ha un così grande peso sulle spalle.

The Crown ne deve avere incontrate, di difficoltà. Prima di tutto a causa dell’eterna contraddizione incarnata perfettamente nella casa reale di Windsor: è tanto indubbio che la famiglia reale inglese avesse un peso importante nella storia passata, quanto è evidente che questo peso stia lentamente scomparendo. In un mondo (e ancora di più un’Europa) che non ha più bisogno di re e regine, Elisabetta II d’Inghilterra e la sua famiglia adesso appaiono quasi innaturale e anacronistica. Eppure, grazie alla sua componente fiabesca, continuano ad appassionare.

The Crown (640×360)

Chi non si è chiesto, almeno una volta, quanto ci fosse di vero nella storia d’amore tra Carlo e Camilla nella terza stagione della serie? Chi non è rimasto affascinato, anche solo per un istante, da una realtà che sembra una favola dei tempi antichi? Tra balli, regole d’etichetta e retroscena The Crown affascina e lega a sé i suoi spettatori, pur essendo così distante da tutto ciò che conosciamo. Questo binomio tra realtà e finzione The Crown è riuscito a gestirlo molto bene, coniugando al meglio la “leggerezza” della vita di corte con gli episodi veri e concreti del Novecento. Anche quelli brutti, pesanti e terribilmente realistici, che ci riportano all’improvviso fuori dalla televisione e ci ricordano che stiamo assistendo a qualcosa che i nostri nonni (o genitori) hanno vissuto sulla pelle. E’ quasi straniante quando all’interno di uno stesso episodio si può passare velocemente dal luccicare di Buckingham Palace al vociare concreto dei cittadini per le strade, o all’interno del Parlamento.

Il disastro di Aberfan, uno degli episodi più strazianti della quarta stagione (che però ci ha regalato una scena magistrale nella serie) è un esempio azzeccato. L’intimità della regina Elisabetta, la sua interiorità e le sue scelte (talvolta sbagliate) si uniscono in un connubio perfetto con una vicenda terribile che ha segnato il Regno Unito degli anni sessanta. E quella lacrima, quel singolo segno di umanità che vediamo sul volto della regina, ci ricorda ancora una volta che in The Crown c’è storia, c’è fiaba, c’è umanità. Tutto insieme.

Quanto c’è di storico in The Crown? La risposta è tutto. E niente.

Perché il punto di una serie come The Crown è proprio questo: invece di interrogarsi su dove finisca la realtà e inizi la finzione, la serie lascia queste domande agli spettatori e procede con la sua diramazione, pur stando sempre molto attenta a raccontare la storia (quella con la L maiuscola) come deve essere raccontata: con più oggettività possibile e senza troppe licenze poetiche.

The Crown (640×360)

Il soggetto della narrazione, poi, è quanto di più complicato si possa trovare. Pur rimanendo un’icona importante, la famiglia reale inglese è controversa e complessa, con una storia alle spalle piena di luci e ombre. Eppure si percepisce fin da subito in The Crown, nonostante le critiche ricevute soprattutto dalla famiglia reale stessa, il desiderio profondo di non mancare mai di rispetto: la serie è sempre riuscita a destreggiarsi abbastanza tra la descrizione oggettiva della realtà e alcune scelte narrative più o meno necessarie (vi ricordate il problema nato attorno al colore degli occhi della regina?). La quinta stagione fungerà da spartiacque in questo senso: entreremo nel vivo degli anni novanta, dal governo di Tony Blair al divorzio dei figli Carlo, Andrea e Anna, per finire con il tragico incidente automobilistico in cui morì la principessa Diana. Vedremo se la serie, con la quinta stagione, sarà nuovamente in grado di dare voce alla storia senza perdersi.

Possiamo dire, in conclusione, che Netflix è riuscita a produrre una serie adatta ad un pubblico diversificato: a fianco dell’analisi più accademica e da “libro di testo” c’è l’emozione, l’amore, la sofferenza e le perdite di una famiglia che è molto più umana di quanto si veda dall’esterno. E così facendo The Crown ci ricorda che in una stanza sfarzosa, sotto il peso di una corona e con gli sguardi del mondo puntati addosso, c’è qualcuno di molto simile a noi.

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