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La principessa Margaret è un tormento che non sa urlare più

The Crown
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The Crown sta tornando su Netflix con una nuova e attesissima stagione. La sua uscita è prevista per il 15 novembre e noi non vediamo l’ora di vivere – ancora per una volta – le vicende della famiglia reale. Contornate da estremo senso descrittivo e mai romanzato, le loro storie ci coinvolgono facendoci guardare dentro noi stessi, e tutto questo grazie alla meravigliosa sceneggiatura che The Crown ci offre. Uno dei punti fondamentali della serie è la descrizione che questa fa dei personaggi. Ogni membro della famiglia reale viene descritto e raccontato tramite le vicende che vive, e passo dopo passo arriviamo a conoscere ogni loro debolezza, ogni punto di forza. Grazie alla terza stagione siamo venuti a contatto – forse per la prima volta – con la vulnerabilità della regina Elisabetta, col difficile posto di Filippo all’interno del palazzo e con la paura di quest’ultimo di perdere la propria identità; infine, con tutto il mondo controverso che nasconde Margaret.

Il personaggio della sorella della regina non è mai stato un tabù per noi, abbiamo sempre saputo – fin dalla prima stagione – quanto fosse complicato e in piena lotta con sé stessa, ma mai come adesso ci sentiamo in grado di dover parlare di quanto lei sia stata fondamentale nella trama, e di come il suo impatto non abbia mai lasciato indifferente nessuno.

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Ogni spazio è stato sempre superfluo, ogni corona un peso, ogni grande prato troppo piccolo e il cielo troppo basso. Nulla è mai abbastanza per la principessa Margaret che, ogni giorno, deve venire a patti con sé stessa prima che con la monarchia, con la gente, con la regina.

Ogni passo è sempre stato un passo decisivo verso la fine di qualcosa, verso la sua autodistruzione, verso la sua voglia di sentirsi inevitabilmente viva e capace di farcela da sola. La lotta di una donna che sceglie – sempre – di distruggersi quando le cose iniziano a non andare per il verso giusto, che sceglie di vivere fuori dagli schemi e si sente stretta anche lì. D’altronde Margaret, nonostante tutto, non ha mai imparato a star bene da nessuna parte perché – in qualsiasi modo – alla fine è con sé stessa che deve stare, ovunque lei sia. Margaret ha amato due persone nella sua vita: lei stessa e il suo primo amore, Peter Townsend, storia raccontata bene nella prima stagione di The Crown.

Entrambi questi amori le hanno portato inevitabili delusioni, a cui lei mai davvero è riuscita a sfuggire. Amare se stessa è sempre stata una montagna russa da cui non è mai saputa scendere: lei stessa è suo primo amore più folle. Sempre pronta a deludersi e a non farsi mai del bene, sempre pronta a girare la faccia davanti allo specchio dopo essersi guardata negli occhi con il suo fare ammaliato. Non si è mai davvero saputa sopportare, la giovane Margaret, e – sotto sotto – ha sempre compatito ogni persona che le si avvicinasse provando a salvarla dalla sua perdizione. Nessuno più di lei può sapere quanto sia complicato amarla, cercare di trovare la luce – apparentemente visibile all’esterno – in fondo a tutto quel buio interiore. Chiunque la vedesse da fuori vedeva il sole: l’adrenalina di chi, con un bicchiere in mano e lo sguardo verso su, sapeva vivere la gioia dei propri giorni, e la sorpresa vera arrivava sempre dopo averle rivolto la prima parola. Già con uno guardo diretto Margaret riusciva a rivelare tutto il suo dolore e non c’era mai spazio per un po’ di leggerezza, e nessuno poteva aiutarla. Lei per prima non si poteva aiutare.

Ed è così che Margaret s’innamora del suo primo amore dopo lei stessa, Peter Townsend. Ciò che accade è semplice – forse anche banale – ma su di lei assume una forma maestosa. Peter, revisore dei conti della regina madre, era affascinante e così normale. La normalità era una cosa che Margaret aveva sempre ignorato e tenuto lontana, ma su di lui assumeva tutto un altro sapore. Era l’amore della sua vita dal primo sguardo, dal primo no, dal suo primo rifiuto. Passo dopo passo Townsend si innamorò della mente brillante e oscura della principessa, di ogni suo demone. E passo dopo passo, lei, si innamorò di una normalità che le faceva rimpiangere tutte le cose semplici a cui si è sempre sottratta, pronta – finalmente – a viverle. Ma anche questa volta la sua vita non prevedeva la parola semplice nel dizionario, e anche questa volta Margaret è caduta senza mai raccogliere i cocci da terra.

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Da questa caduta in poi, Margaret non si alzerà mai più e tutto quello che verrà dopo sarà solo frutto di una guerra interiore e con il mondo.

Una donna come lei non avrebbe mai potuto reggere davvero la perdita di un amore: per questa relazione ha fatto l’impossibile dannandosi e tirando fuori il coraggio di fidarsi di qualcuno che amava con tutta sé stessa. Perdere questa battaglia per lei ha assunto un doppio significato: non volerne altre, non amare più per amore. La principessa Margaret si è arresa all’amore, ci ha provato e si è fatta male: da questo momento in poi nulla di tutto questo accadrà mai più.

Ed è così che la sua conoscenza con Antony Armstrong-Jones nella seconda stagione di The Crown – poi sfociata in un matrimonio – ha assunto la forma di qualcosa che ha a che vedere con la rassegnazione. Nonostante il fotografo attraesse profondamente la donna, lui non è mai stato l’uomo della sua vita: era l’uomo che aveva sposato, l’uomo che con il suo seme ha dato alla luce i suoi figli. L’amore, per Margaret, non era più possibile.

Quello che è rimasto di questo matrimonio – dopo il divorzio – è una Margaret ancora in lotta con sé stessa. Neanche con la rassegnazione e una scelta più comoda è riuscita nel suo intento: non è fatta per tutto questo. Cedere a un ennesimo fallimento ha fatto cadere la donna in un buio più profondo che solo l’alcol e le feste riuscivano ad annullare per qualche ora, un vago impegno nell’illudersi che la solitudine che sentiva non fosse reale.

Un misto di coriandoli neri le cadono attorno ogni volta che si guarda allo specchio e all’interno vede una donna, in realtà, fragile. Accettare di non essere invincibile non è stato semplice, e accettare che il mondo non riuscisse a starle dietro lo è stato ancora di meno. Una donna che non comprende perché – alla fine – vede andare via tutti. Il suo sguardo compassionevole nei confronti di chi vuole salvarla diventa lo sguardo di chi non era pronta a vederli andare via dopo non esserci riusciti: dove vanno? Perché non lottano ancora un po’? Perché si arrendono tutti?

Un personaggio che non sa più dare amore dopo averne dato troppo ma che ha bisogno di sentire quello degli altri sulla pelle. Come se sentirsi amata potesse alleviarle ogni dolore, come se potesse essere un buon motivo per venire a patti ancora con se stessa.

Margaret ha ancora tanto da darci, ma non riesce a dar più nulla a sé stessa. Una mente brillante che non sapeva di esserlo, e che faceva della sua finta autostima uno scudo. Mostrarsi integra e non rotta era una delle cose che Margaret non ha mai saputo fare bene, nonostante i continui tentativi di dare questa impressione. Una principessa che con la corona ha sempre fatto a pugni colpendosi ripetutamente gli occhi, un labirinto incantato che sembra illudersi di avere – alla fine del percorso – un’uscita. Un tormento che non sa più piangere.

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