3) Il monologo di Filippo davanti al gruppo di sacerdoti di St. George’s House
Il tempo che passa e la sensazione di non essere riuscito a fare tutto quel che si sperava di fare. La crisi di mezz’età non risparmia neppure il principe Filippo che, in Polvere di stelle, si trova a fare i conti con se stesso e una forte insoddisfazione.
I primi uomini mettono piede sulla Luna e il duca di Edimburgo si trova invece a presenziare a eventi che, ai suoi occhi, sembrano non avere alcun senso e si affanna a cercare nuovi stimoli, nuove ispirazioni, nuovi obiettivi per cui vivere e combattere al di là delle mura di Buckingham Palace. Un atteggiamento che lo porta a lanciarsi a capofitto nello sport, a fantasticare sull’allunaggio e a ridicolizzare l’idea del nuovo decano, Robin Woods, di creare un gruppo d’ascolto per sacerdoti e religiosi che hanno perso la bussola. Fino a quando tutto cambia. Quegli astronauti che aveva tanto idolatrato non sono altro che uomini normali, con pregi e difetti, scaraventati in una dimensione forse più grande di loro. E quei sacerdoti di cui si era preso gioco, invece, finiscono per essere i veri eroi della storia. Il momento in cui Filippo si apre a loro è commovente nella sua semplicità. Ammette di aver perso la fede, la capacità di vedere le cose al di là della razionalità, di meravigliarsene e di ammirarne anche i più piccoli particolari con stupore.
La mimica di Tobias Menzies parla da sé e riesce a veicolare la disperata ricerca d’aiuto di un uomo che vuole recuperare quello sguardo disincantato sul mondo che sente di aver perso. Ed è proprio nel coraggio di rivolgersi agli altri che sta la grandezza di un personaggio che, per quanto ombra di una consorte importante, è riuscito a ritagliarsi un posto d’onore nella storia e nello show.