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The Diplomat 2 – La Recensione della seconda stagione disponibile su Netflix

Una preoccupata Keri Russell si appresta a ricevere i suoi invitati all'ambasciata americana a Londra in The Diplomat 2
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ATTENZIONE: proseguendo nella lettura potreste incappare in spoiler su The Diplomat 2.

Una delle più attese seconde stagioni dell’anno ha visto il suo rilascio lo scorso 31 ottobre 2024. Sei puntate (anziché le canoniche otto) in gran parte dirette da Alex Graves, già conosciuto per esser stato il regista di The Boys, Treadstone e The Newsroom. Scritte dagli sceneggiatori Peter Noah (The West Wing, Scandal e Designated Survivor) e Peter Ackerman (L’era glaciale e The Americans) i quali hanno coadiuvato la creatrice Deborah Cahn, già nota al grande pubblico per aver preso parte come sceneggiatrice a The West Wing e Homeland, tra le altre cose.
The Diplomat 2 ha riconfermato i principali attori della prima stagione ai quali si aggiunge Allison Janney nei panni della vice presidente degli Stati Uniti. L’attrice americana è perfetta nel ruolo. Si vede che i tanti anni passati a fare da portavoce prima, e capo dello staff dopo, nell’amministrazione Bartlet sono serviti (parliamo ovviamente di The West Wing)!

Fino a che punto gli autori di The Diplomat 2 si spingeranno?

Kate e Hal osservano i fuochi d'artificio del 4 luglio, giorno dell'Indipendenza
Credits: Alex Bailey/Netflix

The Diplomat 1 si era conclusa con un importante colpo di scena, come da tradizione per le serie thriller. Una autobomba esplosa in pieno centro a Londra mentre la protagonista, Keri Russell nei panni dell’ambasciatrice americana nella capitale inglese, si trova a Parigi in compagnia del ministro degli esteri del Regno Unito, interpretato da David Gyasi. Da questo punto preciso riprende la storia sviluppandosi nelle successive puntate. Uno sviluppo che anziché districare ingarbuglia ancora di più una trama già di per sé piuttosto fitta.
Già, perché The Diplomat 2 avrebbe dovuto avere il compito di dare delle spiegazioni e invece complica ulteriormente il tutto trascinando una situazione che diventa sempre più grossa. Se nella stagione uno il colpevole sembrava essere il Primo Ministro inglese nella stagione due gli autori hanno alzato il tiro puntando direttamente ai vertici della Casa Bianca. Ci chiediamo, con un pizzico di ironia: e nella tre?

Un cambio di rotta

Battute a parte in questi sei nuovi episodi la vicenda ruota maggiormente attorno al complotto che ha portato il mondo sull’orlo della Terza Guerra Mondiale. Mettendo da parte due aspetti presenti, invece, all’interno della prima stagione. La storia personale tra l’ambasciatrice e il marito, interpretato da un sempre brillante Rufus Sewell. E la politica che si cela dietro le porte dei palazzi di potere.
Di questo secondo aspetto ci sono due accenni. Il primo legato alle dimissioni del Premier inglese, interpretato da Rory Kinnear. Il secondo, invece, quando entra in scena la vice presidente degli Stati Uniti. Soprattutto questo è tanta roba ma per il resto la politica sembra fare scena muta (il che sembrerebbe un chiaro riferimento alla nostra tragica attualità, ecco). Ed è un peccato poiché nella prima stagione era stato uno degli elementi di forza della serie. Elogiato non solo dalla critica ma anche dagli addetti ai lavori.

Diplomat 2 compie scelte particolari

Anche la storia tra Keri Russell e Rufus Sewell è mancata. I due ci avevano abituati a un rapporto molto conflittuale, fin dalla prima puntata. Simile alle montagne russe, un giorno siamo acerrimi nemici e il giorno dopo siamo felici e innamorati (roba da schizofrenia in certi momenti). Un rapporto che viaggiava su due strade parallele, il lavoro e la vita sociale, utili comunque allo sviluppo della storia. Un doppio racconto davvero ben confezionato che non appesantiva mai la trama.
In questa seconda stagione, invece, è venuto meno il dramma personale. Sebbene il loro matrimonio sia una perfetta metafora di come va il mondo, ci ritroviamo con un paio di litigate con annesse riappacificazioni e nulla più. Una mancanza dal momento che i personaggi sono molto ben costruiti ma abbisognerebbero di un background più approfondito perché il passato di entrambi viene tirato sempre in ballo. Un passato che aleggia nell’aria, condiviso da tutti gli attori in scena, che crea pressione ma che non ha una sua naturale valvola di sfogo.

Allison Janney non è stata scelta per accattivarsi un certo pubblico

L'austera Allison Janney è pronta a diventare la nuova Presidente degli Stati Uniti
Credits: Alex Bailey/Netflix

Naturalmente The Diplomat 2 ha anche cose buone, ci mancherebbe. L’ingresso di Allison Janney da sola vale il prezzo del biglietto, come si diceva una volta. Il suo arrivo non è soltanto un’operazione nostalgica nei confronti di chi se la ricorda dai tempi di CJ Cregg. L’attrice vincitrice ha una presenza scenica eccezionale, magnetica, capace di catturare l’attenzione dello spettatore fin dalla prima inquadratura. Del resto parliamo di un’attrice grandiosa vincitrice di un Oscar, un Golden Globe, un BAFTA, sette Emmy e sette Screen Actors Guild Award.
I suoi incontri con Keri Russell sono fenomenali, sul serio. Dalla scena nella quale la vice presidente dà della sciatta all’ambasciatrice inglese a quella nella quale le spiega come vanno le cose nel mondo, tra le due donne è un continuo conflitto, tutto in punta di fioretto, che le due attrici rendo meravigliosamente bene. Del resto, che i personaggi femminili fossero una componente importante lo si era capito già nella prima stagione.

Tra conferme e smentite

Oltre a quello di Keri Russell abbiamo ritrovato la capostazione CIA Eidra Park, interpretata da Ali Ahn, e la capa di gabinetto Billie Appiah, interpretata da Nana Mensah. Se quest’ultima è un po’ sottotono (per la questione della politica, come accennato prima) l’agente CIA è in splendida forma. Il suo rapporto con il vice di Keri Russell, interpretato da Ato Essandoh, già di per sé complicato diventa ancora più intricato con una serie di azioni intraprese dall’agente segreto al limite della paranoia.
Chi altri ha perso, ed è un vero dispiacere, è Margaret Roylin, l’eminenza grigia del Primo Ministro, interpretata da Celia Imrie. Il suo personaggio è, probabilmente, quello che ha subito un’involuzione maggiore nel passaggio da una stagione all’altra. Peccato! Vederla imbavagliata, metaforicamente parlando, e ridotta ai minimi termini ci è sembrato un po’ troppo esagerato. Il suo era un personaggio di quelli che avrebbero meritato maggiore fortuna. O una fine, ammesso che lo sia, più dignitosa.

The Diplomat 2 avrebbe potuto essere di più?

Insomma, sembrerebbe che The Diplomat 2 sia un mezzo disastro. In realtà no, non lo è, sia chiaro. Probabilmente le aspettative erano troppo alte. Del resto il ricordo lasciato era decisamente buono. In ogni caso il prodotto resta più che valido perché adempie molto bene al suo compito: quello di intrattenere. Una cosa mica da poco di questi tempi.
Il progetto di Deborah Cahn non ha la pretesa di essere una rappresentazione realistica della politica nel mondo, né delle relazioni internazionali. E il tentativo di dimostrare quante siano le persone in posizione di vero potere seguaci del fare la cosa giusta senza paura o favoritismi, che è un palese rimando a The West Wing, è un’operazione che suona un po’ attempata. Ciononostante il ritmo serrato, i dialoghi accattivanti, i personaggi ben delineati, le bellissime scenografie concorrono tutti nel rendere le sei puntate della seconda stagione di The Diplomat degne di essere viste e, perché no, gustate con piacere.