Il mondo delle Serie Tv è sicuramente pieno del genere musicale, ma forse non tutte le Serie Tv sull’argomento sono note al grande pubblico. The Get Down è sicuramente una di queste eccezioni.
Nato da un’idea del regista Baz Luhrmann, The Get Down è una Serie Tv del 2016 che va a narrare le origini dell’hip hop. È ambientata tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, e si concentra sulle vicende di un gruppo di giovani ragazzi del Bronx, tra povertà, spaccio di droga e musica.
L’argomento sembra interessante, dunque perché dovrei mettermi a dire che The Get Down è una Serie Tv musicale che non funziona? Dopotutto io l’ho amata, e non solo perché mi piace l’hip hop o perché ho una passione per quel dato regista.
Il fatto è che, a maggio 2017, è arrivato l’annuncio della sua cancellazione (ne abbiamo parlato qui). Dopo solo una stagione, dove tra l’altro siamo rimasti in sospeso su parecchi punti, The Get Down è quindi arrivato al capolinea.
C’è qualcosa che non ha funzionato? Qualcosa che poteva essere fatta diversamente? C’era un modo in cui questa Serie Tv si sarebbe effettivamente potuta salvare? Da critica posso dire che sì, qualcosa che poteva essere gestito diversamente c’era, ma da spettatrice ho seriamente avuto il cuore spezzato, quando sono arrivata all’ultimo episodio e ho appreso la triste notizia.
Perché la verità è che avremmo voluto saperne di più. Alcune storyline aperte ci avevano dato la speranza che non tutto fosse finito, che ci fosse ancora un margine per vedere cosa accade nelle vite di Zeke, Shaolin, Mylene, Dizzie e tutti gli altri.
Contemporaneamente, però, forse ci si poteva aspettare una sua cancellazione, per quanto prematura possa essere. Stiamo comunque parlando di una Serie Tv basata su fatti reali, o comunque sull’origine di un fenomeno poi diventato virale a livello mondiale, e a un certo punto diventa quasi naturale esaurire gli argomenti di cui parlare.
Allo stesso tempo, una Serie Tv di genere musicale non sempre viene apprezzata dalla maggioranza, a meno che non contenga dei temi noti o che siano, più o meno, comprensibili ai più. Qui non siamo di fronte a Glee, o a Fame – Saranno Famosi: la posta in gioco è più alta, più rischiosa e decisamente più seria.
Questi fattori, uniti con gli alti costi di produzione, hanno fatto si che si arrivasse a dire addio alle avventure dei Get Down Brothers. Noi siamo rimasti senza finale, ma possiamo ancora affidarci alla storia, che sicuramente parlerà per noi. Infatti, alcuni grandi nomi che hanno dato origine all’hip hop e al rap sono stati coinvolti nel progetto di The Get Down, primo fra tutti Grandmaster Flash.
Stiamo parlando di uno dei padri fondatori, che insieme a Kool Herc ha inevitabilmente fatto la storia di questo genere musicale. Non solo: quest’uomo ha fondato, in tempi non sospetti, il gruppo Grandmaster Flash and The Furious Five, ai quali sembra essere dedicata tutta la storia che ci viene raccontata. Questo non viene detto chiaramente, ma direi che è facilmente intuibile.
La storia narrata in The Get Down si sviluppa in più frangenti, in modo tale da dare allo spettatore un quadro completo dell’ambiente in cui ci troviamo. Uno dei primi personaggi che ci viene introdotto è il protagonista vero e proprio della nostra storia, ovvero Ezekiel Figuero, un giovane ragazzo con la passione per la musica e una dote innata per la scrittura.
Zeke ha l’animo ribelle. Vorrebbe seguire i suoi sogni che lo portano a lavorare nel mondo della musica, ma contemporaneamente questa idea lo spaventa: teme che resterà confinato nel Bronx per sempre, e dunque è necessaria una via di fuga: il college. Le sue capacità sarebbero di certo apprezzate a Yale, dunque questo diventerà per lui una vera e propria ancora di salvezza.
Si tratta comunque di un tipo di salvezza che il nostro protagonista non sempre è in grado di cogliere. Si troverà spesso, infatti, a essere indeciso tra le due grandi realtà della sua vita, tra le sue due grandi passioni, a dire il vero. Entrambe sono rappresentate da persone diverse, che danno vita agli altri argomenti che The Get Down ha deciso di trattare.
Da una parte troviamo il migliore amico di Ezekiel, ovvero Shaolin Fantastic. Inizialmente noto come Shao 007, scopriamo che il ragazzo è un graffitaro, con però un grande sogno nel cassetto: quello di diventare un DJ. Siamo di fronte all’allievo di Grandmaster Flash, che ha deciso di insegnargli qualcosa solo nel momento in cui si troverà un MC, ovvero un Master of Conference, colui che inserisce rime sul beat.
Shaolin lo troverà quasi subito in Zeke, e tra i due nasce inevitabilmente una profonda amicizia, nonostante i due si trovino ad avere spesso opinioni diverse in merito a come la vita dovrebbe essere vissuta. Shao è cresciuto per strada, facendosi strada da solo, mentre Zeke, bene o male, pur trovandosi orfano di genitori ha trovato conforto nell’amore e nelle cure della zia.
Gli ambienti di provenienza sono quindi diversi, la storia è diversa, se consideriamo poi il fatto che Shaolin si guadagna da vivere grazie allo spaccio di cocaina e al suo lavoro con la malavita del Bronx. Ma le ambizioni e le passioni sono simili, per non dire uguali. Ed ecco che comincia il loro percorso insieme, un percorso che però non sarà per nulla lineare.
Dall’altra parte troviamo il grande amore di Zeke, l’unica donna che è stata davvero in grado di fargli battere il cuore all’inverosimile: Mylene Cruz, una ragazza che ama cantare e che farebbe di tutto pur di sfondare nell’ambiente. Già dalla prima puntata possiamo constatare quanto sia intraprendente, seguendo le sue amiche al Les Inferno per poter avere dei contatti per ottenere un contratto… Per quanto si tratti di contatti discutibili, siamo d’accordo.
Mylene è cresciuta in un ambiente cattolico, che comunque ora che è cresciuta comincia a starle estremamente stretto. Suo padre ha un’idea della religione estremamente radicale, e l’unica in grado di capirla sembra essere la madre, che comunque dovrà aspettare parecchie puntate prima di riscattarsi effettivamente, come personaggio e come donna.
A dare ulteriore man forte ai sogni della giovane c’è lo zio: Francisco Cruz, che tutti però conoscono come “Papa Fuerte”. Il suo obiettivo è quello di costruire dei nuovi condomini, per permettere al Bronx di rinascere e di avere una sua identità. Il suo essere ammanicato con uno dei politici locali, però, sembra non dare, in definitiva, i risultati da lui sperati. Dopotutto, la corruzione, qui come in ogni altro ambiente, è davvero elevata.
Ciò nonostante, sarà proprio Papa Fuerte a offrire a Ezekiel i contatti necessari per poter poi arrivare a Yale. Perché è così, il giovane ragazzo di strada arriverà a frequentare l’università. La vera domanda è: a quale prezzo?
Per buona parte della storia, infatti, vediamo un Ezekiel molto combattuto, tra ciò che è giusto fare e ciò che invece lui desidera fare. Ci sono delle volte in cui queste due realtà riescono a coincidere, o, se non altro, a trovare una via per coesistere. Altre volte, invece, i due sogni si dimostrano essere estremamente antitetici. Il finale stesso lo dimostra.
Sono molte le domande che mi sono fatta, arrivata alla puntata finale, e il pensare che non potrò più avere delle risposte mi rende triste. Io voglio sapere se Mylene troverà finalmente la fama che cerca, se Zeke avrà un brillante futuro a Yale e se Shao morirà esattamente com’è nato, da criminale. Ma soprattutto, vorrei sapere se Ra Ra uscirà di prigione, e se Dizzie è vivo.
Probabilmente questo tipo di finale fa presagire un po’ la vera storia dei The Furious Five, sulla quale, a quanto sembra, The Get Down si basa. Il gruppo inevitabilmente si sciolse, e quindi l’idea di dare una conclusione più o meno tragica ai personaggi può anche essere giusta. Ma io continuo a sostenere che non doveva andare così.
Vorrei poter dire che The Get Down è una Serie Tv inattaccabile, e che, di conseguenza, cancellarla è stato l’errore più grande che Netflix potesse fare. Ma nessuno è perfetto, nemmeno una Serie Tv. Ogni cosa ha i suoi pro e i suoi contro, e dunque The Get Down non fa eccezioni nemmeno su quello.
Ci sono delle cose che potevano essere gestite meglio, e altre che andavano bene così com’erano. È piuttosto ovvio che, da spettatrice, io scelga di concentrarmi sugli aspetti positivi… Sono quelli che mi hanno fatto innamorare!
Innanzitutto, la musica. Si può non essere dei grandi amanti del rap, o dell’hip hop, ma difficilmente si riesce a restare indifferenti quando i Get Down Brothers si lanciano nelle loro esibizioni. Con un freestyle dietro l’altro, riescono a catturare totalmente lo spettatore, mettendogli addosso anche una voglia di ballare piuttosto potente. D’accordo, forse qui è il mio lato da ballerina che parla, ma volete forse dirmi che non ho ragione?
Qualcosa avremmo potuto presagire già dalla prima puntata, quando sentiamo Zeke recitare il tema da lui scritto su sua madre. Non si tratta di un vero e proprio tema, quanto più di una poesia. È forte, e concreto, racconta storie di vita vissuta, e lo fa con delle rime che quasi ti straziano. Se togliamo il momento romantico, però, ogni esibizione riesce a dare la carica.
Insomma, vogliamo davvero dimenticarci della performance di Mylene su Toy Box? Ho sentito diverse critiche a riguardo, sul fatto che non fosse una canzone sullo stile di fine anni ’70, e va bene, chiunque si schieri dalla parte di questa critica ha ragione. Ma non si può ignorare la bellezza del pezzo, o della performance: è stata costruita appositamente perché il personaggio si liberasse, raggiungesse il suo sogno. Ci ha provato per un lungo arco di tempo, e alla fine ce l’ha fatta.
E se la musica non dovesse bastare, andiamo a ricordarci delle storie che sono state trattate in The Get Down. Abbiamo già appurato che si tratta di una trama dalle basi storiche, e dunque reali, ma la bravura sta proprio nell’averla romanzata, se così si può dire, in un modo splendido, dando a ogni personaggio la sua peculiarità e il suo spazio di sviluppo.
La storia di Dizzie e Thor, di Mylene e Zeke, il rapporto tra Shaolin e il suo MC e, prima ancora, con Grandmaster Flash… Siamo comunque di fronte a delle storie interessanti, con un loro significato, che definiscono i personaggi esattamente per quello che sono: degli esseri umani, con sogni, paure, desideri che chiunque nella vita ha. Che ci siano difficoltà nell’affrontare tutto questo, beh, questo è indubbio, e vale per loro come per noi.
Trama e storie trattate, quindi, si legano insieme, in un legame indissolubile e, a mio avviso, perfettamente equilibrato. Anche questo mi farà sentire in modo molto forte la mancanza di The Get Down!
Come ho già detto, però, non tutte le ciambelle riescono con il buco, e alle volte ci possono essere cose che non ci piacciono anche all’interno di una scatola all’apparenza perfetta. The Get Down non è scevra di difetti, e uno dei primi è probabilmente dato dalla lunghezza delle puntate.
Non è certo un segreto che ormai ci si appassioni sempre di più a Serie Tv con episodi molto lunghi. Un primo esempio ci viene offerto da Game of Thrones, e poi dalle diverse Serie Tv Netflix uscite negli ultimi anni. Da Sense8 a 13 Reason Why, si sceglie sempre di più di andare a parare su storie con episodi di almeno cinquanta minuti.
Ora, The Get Down si apre con un pilot di un’ora e mezza, e da lì tutti gli episodi arrivano a toccare almeno il minutaggio sopra citato. Non dico che questo non sia funzionale allo sviluppo della trama o della Serie Tv; direi effettivamente una cosa stupida. Ma alcune cose avrebbero potuto essere accorciate, magari per dare spazio ad altri personaggi, che, per quanto minori, necessitavano un pochina di attenzione in più.
Da questo punto di vista, avrei voluto saperne un po’ di più su Dizzie, e sulla scoperta della sua sessualità, così come mi sarebbe piaciuto conoscere qualcosa in più di Yolanda e Regina. Le due giovani ragazze sono le coriste di Mylene, nonché sue migliori amiche. La supportano quando decide di voler diventare una star della disco music, ma nessuna delle due era prevista nel suo futuro da artista, originariamente.
Vedere come loro hanno affrontato tutto questo sarebbe potuto essere interessante, così come vedere qualcosa di più su Fat Annie. Questo personaggio ci viene presentato all’inizio, e capiamo subito che siamo di fronte a una donna di potere, la cui famiglia commercia droga. Lei è colei che, in definitiva, tiene le fila di tutto il suo impero, ed è lei che ha preso Shaolin sotto la sua ala protettiva, facendolo diventare parte integrante, e soprattutto attiva, della sua famiglia.
Non che i suoi veri figli siano contenti di questa scelta, ma a lei poco importa. Finché si rispetta il suo volere, tutto va per il verso giusto. I problemi sorgono alla fine, quando, dopo aver proposto ai Get Down Brothers la possibilità di incidere una disco, viene scaricata dallo stesso Shaolin, che rifiuta la proposta nel momento in cui viene chiesto di registrare questo album con una band.
Non abituata a sentirsi dire ‘no’, Fat Annie riesce a far arrestare uno dei membri della band, introdotto da Shao allo spaccio di droga, pur essendo lui stesso inizialmente contrario, portando così l’intero gruppo a disgregarsi totalmente. Il nostro DJ si sentirà quindi senza via d’uscita, se non quella di tornare dalla sua “famiglia” e da sua “madre”.
Fat Annie è dunque una donna con una cattiveria intrinseca notevole, forse anche più elevata di quanto, in origine, fossimo portati a credere. Il problema è che non sempre è stata analizzata a sufficienza, e credo che avrebbe avuto ancora un bel po’ da dare, se lo show fosse stato rinnovato.
Purtroppo, però, sappiamo tutti com’è andata.
In definitiva, ho trovato The Get Down una Serie Tv con un grandissimo potenziale, che però non tutti, purtroppo, sono stati in grado di vedere. Avremmo potuto avere di più, se ci fosse stato un rinnovo, e avremmo trovato la risposta a tutte quelle domande rimaste irrisolte nel finale.
Ora come ora, possiamo solo immaginarci come andrà la vicenda, e considerare che, purtroppo, non sempre le Serie Tv di base musicale vengono apprezzate. Ci sono però delle eccezioni, a riguardo, e credetemi, ve ne parlerò molto, molto presto.