Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di The Get Down
Che siate amanti del musical o che non lo siate, The Get Down è la serie tv giusta da recuperare. La musica è sicuramente il personaggio principale ma il non è il musical che vi aspettate, è molto meglio. Baz Luhrmann, già conosciuto per opere magistrali e iconiche come Moulin Rouge e Romeo + Juliet, crea una serie in cui si può riconoscere chiunque; dall’amante della musica rap a quello della musica pop, dal cultore dell’underground fino all’esperto di politica statunitense. In The Get Down si mischiano molte realtà, molte sensazioni diverse e soprattutto tantissime e coloratissime istanze musicali. Siamo negli anni Settanta, precisamente nel 1977 (per la prima parte della prima stagione), in una New York dove il centro di tutto è il South Bronx e non più Manhattan. I ragazzi protagonisti di The Get Down sognano la grande città ma sognano anche di rivitalizzare quella strada in cui sono cresciuti e che, per volere di chi ha il potere, si sta lentamente degradando. Ezekiel è un ragazzino che sogna di fare musica, di farla come dice lui, con le sue regole che rompono lo standard cui tutti sono abituati. La musica, in The Get Down è redenzione e salvezza ma è anche dolore e sacrificio. In altre parole, è la ragione di vita dei protagonisti.
The Get Down è ambientato in una delle periferie più problematiche della New York degli anni Settanta, dove la devastazione civica e culturale regna sovrana. Baz Luhrmann non manca di farci assistere a scene di cruda politica, che determinano spesso anche le scelte e le storie dei protagonisti, che di politica non ne vogliono sapere ma che si trovano costretti a toccarla con mano per sopravvivere. Ezekiel, Boo, Ra-Ra e Dizzee sono quattro amici che conoscono a memoria il loro quartiere e che non hanno intenzione di lasciarlo in mano a chi, invece, vuole solo gentrificarlo. Nel loro piccolo, fanno la rivoluzione: The Get Down è una serie che parla di rivalsa sociale e personale in un mondo in cui fare la rivoluzione è l’unico modo per sopravvivere. Il gruppo, insieme al DJ Shaolin Fantastic, capiscono come fare musica e come farla in modo da fare rumore. La loro rivoluzione non è solo sociale, ma anche e soprattutto musicale. The Get Down è il racconto dell’ascesa della musica rap a New York, quando regnava sovrana unicamente la disco music. È la storia di come un gruppo di ragazzi con dei sogni riesce a modificare le regole scritte da altri, imponendosi come una novità pronta a stupire.
La firma di Baz Luhrmann è più che evidente: come si diceva, l’autore ha fatto la storia del musical mondiale e la sua vena musicale non lo abbandona mai. Anche in The Get Down la narrazione è completamente basata sulla musica e sulla sua importanza, è curata nei minimi dettagli e crea un’atmosfera assolutamente teatrale. Tutto questo, però, non scoraggi chi non ama il musical dal recuperare The Get Down, perché Baz Luhrmann sulla serie fa un lavoro davvero molto accurato sulla riscrittura di quello che canonicamente chiameremmo musical; non vediamo i personaggi cantare per strada, né tantomeno innamorati intonare una canzone al balcone, piuttosto si gioca molto con il mood del musical, con le atmosfere colorate e spettacolari per andare, però, a raccontare una storia brutale e dolce allo stesso tempo. The Get Down non è il classico musical, quanto piuttosto una serie incentrata sulla musica che racconta di come quest’ultima riesca a creare un’identità, personale e culturale. Laddove, quindi, è chiara l’impronta di Baz Luhrmann, si staglia una serie molto diversa dai suoi lavori, rivoluzionaria esattamente come la storia che racconta. E anche se i costumi, le ambientazioni, la scrittura e le coreografie ci possono ricordare un musical classico, The Get Down ci smentisce ad ogni scena.
In The Get Down tutto è coreografato, ma anche stavolta, non nel senso classico del termine. Non vediamo ballerini danzare al fianco del protagonista in una scena di lotta, ma vediamo invece una bellissima danza scenografica di macchine da presa che seguono Ezekiel e i suoi nelle loro vicende; tutto quanto è curato nei minimi dettagli, dai vestiti alle scenografie, dal trucco alla colonna sonora, ovviamente. Sembra che tutto sussista grazie ad un perfetto equilibrio di forze, messe insieme dall’abilità strabiliante di Baz Luhrmann. I dettagli fanno di The Get Down una splendida storia che non annoia e che risulta molto convincente. Per non farsi mancare nulla Luhrmann ha inserito anche dei dettagli di storia vera, legata alla scena musicale di cui parla: Grandmaster Flash, il DJ che insegna l’arte ai ragazzi protagonisti, è esistito davvero e ha davvero rivoluzionato un genere, apportando un grandissimo cambiamento nel suo quartiere, il Bronx. Il racconto del Bronx in chiave teatrale e musicale che fa Baz Luhrmann è delineato in chiave leggera e spensierata ma che non lascia assolutamente niente al caso. L’attenzione che pone sulle tracce musicali, sui suoi personaggi e sul mood dell’intera serie rende The Get Down un prodotto coerente e piacevole, ma anche molto interessante a livello culturale.
Se la musica è chiaramente la protagonista di The Get Down, è vero anche che la coprotagonista è sicuramente la speranza; intesa non solo come un sogno irrealizzabile o come una vaga sensazione, quanto piuttosto come speranza di rivalsa sociale, come arma per combattere delle barriere create da altri. Ezekiel e Mylene, uniti dall’amore reciproco ma soprattutto dal sogno della musica, inseguono una speranza fuggevole, che potrebbe deluderli da un momento all’altro ma che, allo stesso tempo, li tieni in piedi. Il mondo della musica, in The Get Down, è un mondo illusorio e spietato che non fa prigionieri, soprattutto quando si parla di ragazzi inesperti. Eppure, i The Get Down Brothers ma anche Mylene e le sue Madonnas, vogliono entrarci a tutti i costi perché il loro quartiere ha insegnato loro a non aver paura di niente, specie di qualche discografico corrotto. I ragazzi di The Get Down hanno dalla loro parte una grande risorsa che è la verità: conoscono la realtà, anche quella più cruda, ne fanno parte e la realizzano ogni giorno e questo permette loro di poter sognare di uscirne, con le loro stesse mani, forti della loro stessa musica, della loro stessa identità.
The Get Down, quindi, non è solo un musical e non è solo una serie tv incentrata sulla musica; è un mondo che ci avvolge e ci coinvolge in una realtà di cui non sappiamo molto ma che crea in realtà le radici per qualsiasi cosa fruiamo oggi. È una storia collettiva ma anche molto personale e, da questo punto di vista, Baz Luhrmann fa un ottimo lavoro di equilibrio tra le due istanze, permettendoci di empatizzare con i suoi personaggi ma anche molto di comprendere qualcosa di più grande. Le storie di cambiamento dei protagonisti camminano in parallelo alla storia del cambiamento musicale e culturale e la vita di Ezekiel riesce ad acquisire un senso solo inserita in una certa società, in un certo ambiente che coinvolge tutti quanti, non solo lui. In The Get Down c’è speranza e c’è redenzione, ma c’è anche droga, devastazione e paura; The Get Down riesce a mantenere un certo ritmo (ed è proprio il caso di dirlo) anche mentre ci racconta la vita reale, quella che può essere appassionante ma anche molto cruda. È la storia di Ezekiel, ma è anche la storia della musica, degli Stati Uniti, e di tutti quelli che ogni giorno inseguono un obiettivo, a dispetto degli ostacoli.