Da ormai due settimane circa ha fatto la sua comparsa sul catalogo di Disney Plus The Good Mothers, serie attesissima che, come prevedibile, ha immediatamente generato un importante dibattito intorno a se. La produzione italiana della piattaforma della casa di Topolino è incentrata su un tema delicatissimo e s’inserisce nella lunga tradizione del più prestigioso genere nostrano: si configura come un mafia drama, incentrato però sul ruolo delle donne nella ‘Ndrangheta. Un punto di vista peculiare e una realtà nascosta ma largamente presente: The Good Mothers si è sobbarcata il peso di fare luce su un contesto estremamente denso, raccontando una storia che semplicemente era necessario raccontare, non nascondendo mai le proprie grandi ambizioni.
Per centrare il proprio obiettivo, The Good Mothers ha scelto la via della crudezza, ha fotografato con uno spietato realismo la verità che ha deciso di narrare e l’ha restituita senza troppa patina agli spettatori, per portarli direttamente nel cuore del racconto. Ne fuoriesce una serie di altissimo livello, ma anche estremamente conservativa nelle proprie intenzioni, che va avanti per la propria strada senza aprirsi al grande pubblico. Di qui la domanda che ha generato questa discussione: The Good Mothers è nata con troppe aspettative? La risposta in realtà è complessa e dipende dal punto di vista con cui si affronta la questione.
Le grandi aspettative su The Good Mothers
Prima di entrare nel merito della questione e fornire la risposta alla domanda clou di questo scritto, parliamo un attimo di come tutte queste grandi aspettative intorno a The Good Mothers si sono generate. Innanzitutto, come specificato in apertura, la serie di Disney Plus s’inserisce nella ricca tradizione del mafia drama, genere principe della produzione italiana, che nell’ultimo anno ha vissuto una fase di rinnovamento importante, con serie che hanno apportato modifiche e novità al genere e lo hanno fatto ottenendo grandissimo risultati. The Good Mothers ha promesso sin da subito di inserirsi in questo filone, rappresentato da produzioni come The Bad Guy e Bang Bang Baby, e di presentare una realtà, quella della ‘Ndrangheta, di per sé poco narrata, per di più affrontata da un punto di vista particolare come quello femminile.
Questi elementi, dunque, hanno già da soli costruito un grande hype intorno alla serie, alimentato poi da altri fattori. In primis il cast, che presenta un astro nascente come Gaia Girace e un pezzo da novanta come Micaela Ramazzotti, ed è arricchito da diverse presenze di alto livello e risulta globalmente molto ben assortito. Poi, a pesare sulle aspettative per The Good Mothers ha contribuito anche il successo delle precedenti produzioni italiane di Disney Plus, quali Le fate ignoranti e la quarta stagione di Boris, bigliettini da visita perfetti dell’ottimo lavoro della piattaforma nella nostra serialità.
Questi sono tutti elementi importanti, chiaramente, ma che passano comunque in secondo piano rispetto alla vera causa che ha generato altissime aspettative intorno a The Good Mothers: il trionfo alla Berlinale. La serie di Elisa Amoruso si è, infatti, imposta in Germania vincendo il “Berlinale Series Award” e questo trionfo in una delle rassegne più importanti del mondo ha sicuramente contribuito a calamitare l’attenzione intorno alla serie. Non sorprende, dunque, che al momento dell’uscita la produzione di Disney Plus aveva puntati tutti gli occhi addosso e ora è il momento di rispondere alla domanda: le aspettative erano diventate troppe?
Cosa bisognava aspettarsi da The Good Mothers
Eccoci, dunque, al fulcro della questione. Parzialmente sì, The Good Mothers può essere nata con troppe aspettative, ma solo se vista da un certo punto di vista, che è poi quello dominante e che ha generato questo pensiero. Al giorno d’oggi ci stiamo sempre più abituando alla presenza di serie tv estremamente mediatiche, dalla portata praticamente universale, e di conseguenza siamo sempre più portati a identificare la riuscita di una serie col suo successo in termini di numeri. Ma non sempre è così.
Ci sono serie tv che per caratteristiche non possono ambire a raggiungere un pubblico estremamente ampio e che, di fatti, non ne hanno nemmeno l’obiettivo. The Good Mothers fa parte di questa schiera, è una serie molto cruda, diretta e adatta a un certo tipo di pubblico, disposto a reggere una visione più impegnata e meno leggera. Un pubblico sicuramente più selezionato e ristretto. È naturale che la produzione di Disney Plus non possa avere quella viralità propria di altre serie, ma non è nemmeno ciò a cui aspirava.
Dunque, se si misura il successo di The Good Mothers in termini di esposizione mediatica, allora possiamo dire che sì, le aspettative intorno alla serie erano troppo alte visto che i risultati raggiunti non corrispondono a quelli immaginati. Tuttavia, si tratta di un discorso limitato e fuorviante. Gli obiettivi della serie erano altri, ben diversi, e seguendo questo filo si può ben dire che The Good Mothers li abbia raggiunti. Cambiando un attimo prospettiva e assumendone una più in linea alle caratteristiche della serie, le considerazioni cambiano totalmente e le aspettative enormi con cui è nato il racconto in realtà non erano affatto troppe.
Obiettivo centrato
È tutta una questione di obiettivi. Nel caso di The Good Mothers, la volontà era quella di raccontare una storia vera e soprattutto, tramite questa narrazione, introdurre un tema fondamentale come quello della condizione delle donne negli ambienti malavitosi e della loro lotta. La serie di Elisa Amoruso ha scelto di basarsi sulle storie vere di alcune donne, tra cui spiccano quelle di Lea Garofalo e Denise Cosco, sia per rendere omaggio al loro impegno che per fotografare una realtà più ampia, ancora molto viva e su cui era estremamente necessario fare luce.
In questi termini, dunque, The Good Mothers rispetta in pieno le aspettative con cui è nata, portando avanti un racconto forte e deciso. La serie non si limita a immortalare questa realtà che vuole mostrare e a trattare i temi che ha a cuore, ma fa tutto questo mantenendo un livello qualitativo altissimo. Lo stile e la narrativa di The Good Mothers raggiungono dei picchi molto alti, tali da giustificare un trionfo come quello a Berlino e tutto l’hype che di conseguenza si è creato. In aggiunta a tutto ciò, la serie riesce anche a colpire duramente gli spettatori, proprio come intendeva fare, non lesinando sulla violenza e sulla crudezza e proiettandoli con forza all’interno del contesto.
Adottando questa prospettiva, insomma, The Good Mothers mostra tutta la sua grandezza e rispetta in pieno le aspettative con cui è nata. Questo dibattito è esemplificativo non solo nel glorificare una delle migliori serie italiane degli ultimi anni, ma anche per chiarire quale approccio è meglio avere davanti a determinati prodotti. Ci sono serie che nascono con l’intento di diventare dei fenomeni mondiali, che puntano a un pubblico ampio e variegato, ma ci sono anche produzioni che hanno obiettivi specifici, che sacrificano il grande pubblico in nome di un risultato da conseguire. È il caso di The Good Mothers, serie costruita intorno a un tema troppo gravoso per essere mainstream, ma capace comunque di arrivare a destinazione, solo scegliendo una strada più ristretta, ma non per questo meno qualitativa, anzi. La caccia al successo globale non è l’unica via da seguire nel campo delle serie tv.
The Good Mothers, in conclusione, fotografa in pieno il grande momento della serialità italiana. La nostra produzione negli ultimi tempi è cresciuta e ha iniziato a sapersi differenziare, variando i codici, selezionando i pubblici e ampliandosi sia in quantità che in varietà, mantenendo comunque un livello di qualità mediamente alto, capace anche di picchi vertiginosi come quelli raggiunti dalla produzione di Disney Plus. Una serie che sì, possiamo dirlo, secondo noi ha mantenuto in pieno le aspettative con cui è nata.