Cosa c’è dopo la morte? Un interrogativo a cui l’umanità cerca di dare una risposta da sempre, un interrogativo destinato a restare avvolto dal mistero. La morte riesce a essere – purtroppo – così vicina a noi, ma allo stesso tempo lontanissima. Fa parte della quotidianità, pur restando sfuggente come un enigma al quale non si riesce a dare una spiegazione, nemmeno dopo innumerevoli tentativi. Se pensiamo alle nostre amate serie tv, è davvero difficile trovarne qualcuna che non tratti per niente la tematica del lutto o della morte: anche in quelle che non sono cimiteri ambulanti alla Game of Thrones, c’è sempre qualche personaggio che abbandona il mondo dei vivi oppure che deve affrontare la perdita di un amico o un famigliare. Ci sono alcuni show, tuttavia, che non vengono solo colpiti trasversalmente dalla questione, ma che la pongono al centro assoluto delle vicende: sono quelle serie tv che cercano di raccontare, immaginare e ipotizzare l’aldilà. Non è semplice mostrare una visione non banale e non stereotipata della vita dopo la morte, ma alcune produzioni come The Good Place ci riescono benissimo.
The Good Place
La serie statunitense ideata da Michael Shur e presente su Netflix con le sue quattro stagioni è un esempio lampante di originalità. Innanzitutto, con il suo format di comedy, The Good Place riesce a sviscerare un argomento sulla carta angosciante e deprimente, rendendolo frizzante e leggero. Questo non deve trarre in inganno, perché lo show con Kristen Bell nei panni della protagonista Eleanor Shellstrop non è per niente superficiale: ci sono momenti di grande intensità davanti ai quali lo spettatore può riflettere e commuoversi. In The Good Place, l’aldilà compare inizialmente come il posto perfetto, ideato da un architetto/creatore (in questo caso Michael) a seconda delle esigenze del defunto da accogliere.
Questo mondo artificiale, in apparenza governato da leggi chiare e ordinate, si rivelerà molto meno perfetto del previsto, perché The Good Place ci insegna che no, la perfezione non è raggiungibile nemmeno dopo la morte. L’aldilà di questo show non è una meta, ma un viaggio: esplorando questo aldilà ci si interroga su molte questioni etiche e filosofiche, cercando risposte che non sempre arriveranno. Ad esempio, una buona azione deve essere totalmente disinteressata per valere qualcosa? Oppure si può anche mirare al proprio tornaconto? E cosa significa davvero essere buoni?
Sono proprio questi interrogativi a rendere particolare la visione dell’aldilà in The Good Place: spesso si tende a pensare al mondo post mortem come a una grande risposta che spazza via ogni dubbio. Invece, qui, è nell’aldilà che si sollevano le più grandi domande.
Lucifer
Il caso di Lucifer è molto diverso da quello di The Good Place, a sottolineare come la tematica dell’aldilà si possa affrontare in molteplici modalità. La serie tv con Tom Ellis riesce a combinare elementi appartenenti alla tradizione biblica con punte di innovazione: i personaggi che popolano lo show, infatti, sono costruiti sul modello di personaggi ben noti nell’immaginario collettivo come il diavolo, Caino, Eva e lo stesso Dio. Lo scenario di ciò che avviene dopo la morte, dunque, è collegato a quel che si narra nella Bibbia, secondo una visione cristiana. O meglio, questo è quello che sembra inizialmente: il diavolo sta all’inferno e punisce i cattivi; gli angeli sono buoni; meglio non incontrare un demone sul proprio cammino.
La tradizione, però, viene sovvertita con l’arrivo di questi personaggi sulla Terra: Lucifer Morningstar che cammina per le strade di Los Angeles (o forse sarebbe meglio dire per i night club di Los Angeles) trascina l’aldilà stesso nella nostra quotidianità, creando una vicinanza imprevista tra vita e morte. Ma non solo, perché lo show si “permette” di scardinare le credenze più diffuse, ad esempio facendo supporre che il diavolo stesso abbia possibilità di redenzione e arrivando perfino a portare Dio sullo schermo, dipingendolo come un soggetto ironico e divertente. Il risultato è quello di farci mettere in discussione tutto ciò che è sempre stato raccontato sull’aldilà e su determinati confini.
Russian Doll
La prima stagione di Russian Doll è approdata su Netflix nel 2019, destando subito la curiosità degli spettatori che hanno divorato gli 8 episodi della dark comedy, trovandosi poi ad aspettare fino al 2022 per un seguito. È attraverso le vicissitudini della protagonista Nadia Vulvokov che il pubblico può fare le proprie considerazioni e riflessioni sull’aldilà, che in questo caso non è né popolato da personaggi biblici, né costruito da un architetto. Quando Nadia muore, investita da un taxi nella strada davanti a casa sua dopo aver cercato di fuggire dalla festa organizzata per il suo trentaseiesimo compleanno, succede qualcosa di imprevisto: la donna si ritrova sbalzata indietro nel tempo, quando ancora era chiusa in bagno, impalata davanti a uno specchio.
Da quel momento, Nadia si ritroverà a vivere più e più volte l’ultimo giorno della sua vita, morendo ogni volta in un modo diverso: l’aldilà è un loop da cui non si scappa e che porta a scavare sempre più in profondità nell’interiorità della protagonista. Ma lo scenario è ancora più grande, perché in realtà Nadia non è la sola a vivere questo loop. C’è anche Alan, costretto a rivivere il giorno peggiore della sua vita, in cui ha deciso di suicidarsi.
Per uscire dal loop è necessario scendere a patti col proprio passato, perché sembra non sia possibile raggiungere definitivamente la pace lasciando questioni irrisolte alle proprie spalle. Ma vivere più volte equivale a non vivere proprio? Qual è la vera vita? Quando ci si può considerare davvero morti? Come in The Good Place, sono molti gli interrogativi a essere sollevati.
Six Feet Under
Il titolo di questa serie tv è emblematico: rappresenta l’unità di misura da scavare per porre una bara nel terremo. Concreto e pragmatico, due aggettivi che non descrivono solo il nome dello show ma anche l’approccio dei suoi personaggi al tema della morte. Innanzitutto, la famiglia protagonista gestisce un’azienda di pompe funebri (Fisher and Sons). Un elemento non da poco, che porta una prospettiva originale: il punto di vista è quello di chi trae profitto dal tasso di mortalità, dalla tragedia, dal lutto. Sembra paradossale, ma per vivere i Fisher hanno bisogno della morte.
Ma cos’è l’aldilà, per i protagonisti di Six Feet Under? Non necessariamente qualcosa di edulcorato o pacifico. O anche, non necessariamente qualcosa. Perché con grande schiettezza, la serie tv statunitense propone anche l’ipotesi che dopo la vita non ci sia assolutamente nulla. Una visione nichilista che in molti casi rispecchia l’atteggiamento dell’uomo nei confronti della morte. Ma non l’unica, perché in Six Feet Under il ventaglio di possibilità è davvero molto ampio. Non c’è una risposta univoca, poiché l’aldilà può essere diverso secondo il pensiero di ognuno. Chi ha ragione? Chi ha torto? Non si arriva a una risposta: ogni spettatore può trarre il proprio significato, trovandolo veicolato anche attraverso black humor e surrealismo.
Upload
È possibile conservare l’ultimo respiro, bloccare il processo della morte, e approdare in un paradiso digitale, sottraendosi al classico aldilà? In Upload pare di sì, l’importante è avere i soldi per pagare. Infatti l’aldilà di Upload è, in primo luogo, capitalismo. Non si può più nemmeno morire gratis, nel futuro. O forse lo si può fare, ma andando incontro all’incognita. Se invece si vuole estendere la propria esistenza nel mondo digitale, basta abbonarsi e il gioco è fatto: la tecnologia è talmente sofisticata da far percepire il calore di un vero abbraccio.
Ma che paradiso è un paradiso che non si basa sulla meritocrazia, bensì sulla ricchezza? Con questo presupposto, può essere considerato davvero come un posto perfetto? E qual è il senso di vivere in un eterno presente, senza uno scopo o una meta?
La tecnologia, seppur cerchi di riproporre un aldilà costruito sul calco della vita reale, non sembra poter soddisfare fino in fondo ogni esigenza, proprio perché a dare senso alla vita è il trascorrere del tempo. Upload dà l’illusione che l’informatica e il mondo tecnologico possano sostituire valori della realtà, ma ben presto fa accorgere del contrario. Così, lo show non fa riflettere soltanto su ciò che accade dopo la morte, ma anche sul presente, un presente in cui il digitale sta prendendo il sopravvento.