Lo scorso episodio di The Handmaid’s Tale 4 ci aveva lasciati increduli, sconvolti e storditi come se le bombe sotto le quali è crollata June fossero cadute sulla nostra testa. Cosa succede quando, dopo anni, ritrovi tra le macerie di una guerra una delle persone più care della tua vita? Difficile saperlo quanto anche immaginarlo per chi non ha mai vissuto, per fortuna, qualcosa di simile. E quello che succede in questo episodio ha quella razionalità che sarebbe tanto logica quanto prevedibile. Se solo ci avessimo pensato.
Probabilmente la prima cosa che ci si aspetterebbe è che le due amiche ritrovate si lanciassero una tra le braccia dell’altra piangendo.
Ma ci si dimentica quanto June sia ormai segnata da anni di oppressione e brutalità. E soprattutto ci si dimentica come sia appena sopravvissuta a un bombardamento aereo. E infatti è un comprensibile shock la sua reazione immediata. Come al solito Elizabeth Moss riesce a dar vita a espressioni difficili da riprodurre. Lo shock di una concussione cerebrale, della paura di un nemico che cade dall’alto, dell’aver perso Janine nel disastro.
Sembra non essere neanche in grado di riconoscere Moira, il suo sguardo è perso nel vuoto, tutto ciò che la guida è l’inerzia. L’inerzia della sopravvivenza, l’inerzia che la spinge a cercare convulsamente Janine tra le macerie. Janine, che aveva appena ritrovato se stessa, che l’aveva fatto aggrappandosi alla forza che le trasmetteva l’indistruttibile June, quella che aveva giurato a se stessa di proteggerla come non era riuscita a proteggere Hannah.
Non ci vuole molto perché Moira comprenda quanto June non sia in grado di lasciar spazio a emozioni di alcuna sorte in una tale situazione. E così mettendo da parte la sua stessa emotività riesce a portarla al campo medico nella speranza di ritrovare lì Janine e di far curare la stessa June, rimasta ferita sotto i bombardamenti. Nel percorso verso il campo June sembra ritrovare per un attimo la lucidità e uno sprazzo di serenità nel caldo abbraccio di Moira, l’amica che da sempre era stata la sua spalla e la sua famiglia.
Il campo canadese che ospita feriti e volontari in loro soccorso è un colpo al cuore. In quest’episodio The Handmaid’s Tale 4 apre una dolorosa finestra su qualcosa che sappiamo essere molto più reale di una finzione distopica: il dramma dei rifugiati di guerra.
Feriti e morti sono solo la punta dell’iceberg di quello che vediamo in queste sequenze. Quello che davvero turba la mente dello spettatore è la disperazione di chi è in vita, cosciente e in forze abbastanza da urlare contro le grate del campo le proprie richieste di aiuto. Per loro quella nave canadese a Chicago significa fuga, salvezza, la possibilità – a un palmo di distanza – di fuggire dalla propria prigione. Dall’orrore cui si è sottoposti sotto gli occhi di un mondo che guarda senza poter (o voler) fare niente di più che mandare pochi viveri e primo soccorso ai feriti. Vi ricorda niente?
È una disperazione straziante, che si riflette negli occhi di Oona e degli altri volontari della ONG in missione. Si scontra con la loro stessa morale, col senso di colpa e la consapevolezza di non poter fare di più. Di essere vincolati a scelte umanamente terribili ma, nella loro posizione, inevitabili. La politica resta politica, e quando si scontra con un regime come quello di Gilead non lascia posto ad eccezioni. Cibo, coperte e bende sulle ferite, questo e nient’altro può essere dato ai cittadini prigionieri di Gilead. Un’amara condizione, valida tanto per loro quanto per June.
Ma a differenza loro June ha le spalle coperte da chi non è riuscito a rifarsi una vita con la consapevolezza di averla lasciata indietro, ed è tornato nella speranza di far per lo meno pace con la propria coscienza, ritrovandosi invece sotto gli occhi, lei, l’insperabile.
Ed è così che June si guadagna, all’insaputa dell’equipe canadese, un posto in cabina ben nascosto dai loro occhi. Se lo guadagna di forza, non la sua però, ma quella di Moira, ferma e decisa a non lasciarla indietro un’altra volta, qualunque sia il costo che ciò comporti. Un costo che potrebbe essere altissimo e spaventosamente vicino quando, ormai salpati, scopre di dover affrontare un’ultima ispezione della nave da parte dei soldati di Gilead.
Panico. È il momento della verità, delle scelte difficili, anche più difficili di chiudere una grata e voltare le spalle a una marea di persone disperatamente alla ricerca di una fuga dal terrore.
È un altro di quei momenti in cui The Handmaid’s Tale 4 pone protagonisti e spettatori dinanzi a dilemmi etici che metterebbero a dura prova un qualunque essere umano dotato di cuore.
Proteggere June rischiando di essere scoperti dai soldati, o consegnarla a loro per salvare la propria posizione. Nel primo caso la presa di posizione salverebbe una singola persona condannandone altre migliaia attarverso lo stop alle missioni umanitarie, per non parlare di una rischiosa crisi diplomatica. Nel secondo il salvataggio delle missioni costerebbe la vita alla persona consegnata, in tal caso June. Una vita umana vale sempre e comunque? Anche a costo di altre migliaia?
È un momento terribile. Per noi che osserviamo, per loro che devono decidere. Il gruppo è ovviamente spaccato, e per ragioni valide da ambo i lati. L’unica che sembra avere una risposta è la stessa June, che già un volta, nella 4×03, ha dovuto affrontare lo stesso dilemma, condannando a morte due Marte col proprio silenzio. Lo sa che a Gilead nessuno vale più di qualcun altro, neanche lei.
Ma è di nuovo l’insistenza di Moira a coprirle le spalle, molto più di quanto ormai non sappia fare lei stessa, che era pronta a morire già da molto. E così, in extremis, il gruppo decide di farla passare per un membro canadese dell’equipe.
The Handmaid’s Tale 4 ci regala a questo punto uno dei momenti più tesi di queste puntate. Tutto sembra sull’orlo di andare in fumo, si teme per il peggio, e ancora una volta è Moira a salvare la situazione.
La donna è decisa a portare June in salvo, non importa cosa ciò comporti, che sia un rischio elevatissimo per la ONG o per la sua relazione con Oona, chiaramente giunta a una fine dopo il suo pericoloso gesto. È talmente decisa da combattere anche ogni fremito di resistenza di June, ancora una volta restia a lasciare Gilead perché restia a lasciarsi dietro Hannah. Perché il problema sta tutto lì, è tutto in quella bambina che tanto significava ai tempi del matrimonio con Luke. E che tanto significa per lei come madre.
Ancora brucia il pensiero di aver visto la figlia terrorizzata dalla propria madre, una persona che neanche aveva riconosciuto. E ancora brucia l’immutabile senso di colpa di una madre che, nonostante gli sforzi, non ha saputo proteggere la propria bambina. Salvarsi scappando sembra inaccettabile quando la stessa sorte non può toccare a colei cui si è data la luce, ed è tutto ciò che inevitabilmente spacca l’istinto di sopravvivenza di June.
Ma è fatta e non si può tornare indietro. Moira ha deciso per lei e forse con le migliori ragioni. Combattere Gilead dall’esterno potrebbe avere un impatto diverso, forse maggiore. Ed è qui che si sposterà la narrazione principale di The Handmaid’s Tale 4. Ove risiedono ormai tutti i protagonisti di questa storia.
E finalmente, giungiamo al dunque. A quel momento che abbiamo atteso per qattro lunghi anni. Il momento in cui forse non speravamo più. Quello in cui June e Luke si ritrovano. Non più ricordi opachi, sempre più lontani. Ma le lacrime del rivedersi, un certo imbarazzo, quello di chi non sa da dove partire. Alla memoria triste e solitaria, si sostituisce l’abbraccio in carne ed ossa più bello che potessimo vedere in The Handmaid’s Tale 4. Nessuna rabbia in Luke per l’assenza di Hannah, quel timore era solo la proiezione dei sensi di colpa di June.
Ma soprattutto, tra i momenti che più attendevamo, è giunto quello insperato e palpitante di vederla finalmente mettere piede fuori Gilead. Non ci crediamo noi, non ci crede lei. Sul ponte della nave appena attraccata, l’esitazione di chi riafferra senza riuscire a crederci, una libertà cui aveva rinunciato tante volte. Troppe.
Ora la storia cambia. Lacrime, brividi ed emozione hanno accompagnato un finale dalle note intensissime. Ora non ci resta che goderci la sua svolta. Finisce così la resistenza e inizia un nuovo capitolo di The Handmaid’s Tale 4, quello che verrà dopo il passo esitante di June. E non vediamo l’ora di sapere cosa ci riserverà.