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Cosa dobbiamo aspettarci dalla penultima stagione di The Handmaid’s Tale?

The Handmaid's Tale
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È passato ormai più di un anno dal finale della quarta stagione di The Handmaid’s Tale e personalmente sono prontissima ad accogliere la quinta, in arrivo il 14 settembre. La serie originale Hulu, disponibile in Italia su TIMVision, continuerà a raccontare il percorso di June Osborne dopo essere riuscita a scappare dalla teocrazia patriarcale di Gilead. Un percorso che però è tutto tranne che semplice. Superare il confine del Paese e arrivare in Canada non significa infatti dimenticare tutto ciò che a Gilead è successo, ma solo cercare di dare il via a una vita nuova. Una cosa che però June non ha ancora intenzione di fare.

La quarta stagione di The Handmaid’s Tale

Dopo essere arrivata in Canada senza però riuscire a portare con sé ne sua figlia Hannah ne la sua amica Janine, nel corso della quarta stagione di The Handmaid’s Tale June affronta una forte sindrome da stress post-trumatico e comincia a fare i conti con il suo vissuto. Affrontare il ritorno alla libertà non è un percorso facile: dopo essere stata stuprata, picchiata, trattata come un oggetto, dopo aver subito ogni tipo di violenza fisica e psicologica non si può pretendere che una persona torni a vivere la vita con la stessa serenità di prima. Persino recuperare un rapporto con suo marito e la sua migliore amica sembra essere per June un’impresa complessa. Il rancore verso i suoi carnefici è forte, tanto da esprimere tutta la sua soddisfazione per il suicidio di Irene, che a Gilead era una delle zie, e da arrivare a fare molto di più.

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Quella che lasciamo sul finale di stagione è infatti una June che ha appena messo in atto il suo più profondo gesto di vendetta. Grazie ai suoi contatti dentro Gilead, Lawrence e Nick, riesce infatti a tendere una trappola a Fred Waterford, padrone di June – anche conosciuta come DiFred – per buona parte della serie. Il Comandante stava cercando di ottenere l’immunità a Ginevra e non essere dunque condannato per i suoi veri e propri crimini contro l’umanità, ma grazie al piano di June viene catturato e portato nella terra di nessuno, dove lo stanno aspettando alcune delle donne scappate dalla sua tirannia. Fred è inseguito da loro nel bosco esattamente come le forze di Gilead inseguivano June e la sua famiglia nella prima puntata della prima stagione, per essere poi colpito a morte dalle donne e appeso al Muro con una scritta più che significativa: Nolite te bastardes carborundorum. Non lasciare che i bastardi ti opprimano.

Cosa possiamo aspettarci?

Gli eventi della stagione passata segnano uno spartiacque in The Handmaid’s Tale. Partendo dal presupposto che mai prima si era passato così tanto tempo al di fuori di Gilead, la storia ormai non racconta più solo cosa significhi vivere lì, ma anche se e come si può sopravvivere dopo esserne fuggiti. Alla volontà che hanno alcune sopravvissute di aiutare le donne ancora oppresse si accompagna spesso un senso di vendetta difficile da sradicare. June ne è l’emblema. Il suo personaggio rappresenta non soltanto quanto possa essere difficile superare un trauma, ma anche cosa significhi essere quasi mangiati dalla volontà di vendicarsi. June guarda il mondo con uno sguardo tutto suo, una visione che è per forza di cose distorta da ciò che ha dovuto subire. La sua non è una voglia di rivalersi, ma un vero e proprio bisogno che soddisfa usando una violenza uguale e contraria a quella subita. Ma se è vero che nel corso della serie mi sono ritrovata a pensare diverse volte a quanto l’atteggiamento della protagonista fosse a tratti deleterio, è altrettanto vero che non sono mai riuscita a rispondere a una semplice domanda: io come avrei reagito al suo posto?

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Dalla quinta, e a quanto pare ufficialmente penultima, stagione della serie possiamo quindi aspettarci ancora di tutto, soprattutto dato che a tirare le redini della storia è un personaggio come quello di June Osborne. Il trailer della stagione dipinge una situazione complessa. Gilead aveva già un’idea chiara di quanto June potesse essere pericolosa per il sistema statale, ma la morte di Fred ne dà una conferma alla quale i Comandanti non possono non reagire. In fondo, ne va della sopravvivenza di uno Stato che loro continuano a proteggere. Alla volontà di sopravvivenza della teocrazia va sommata anche quella di Serena, vedova di Fred e in miracolosa attesa del suo bambino. Il rapporto tra i due coniugi era continuamente sul filo del rasoio, tra odio e reciproca dipendenza: Serena continuerà a sentirsi parte di Gilead o se ne distaccherà, consapevole della possibilità che dopo le sue azioni possano toglierle il bambino?

Ma c’è da capire anche come agirà l’imprevedibile June. Dalle immagini del trailer tutto fa pensare che sia disposta a tornare a Gilead pur di farne uscire sua figlia. Hannah non si ricorda di sua madre né probabilmente di cosa fosse la vita prima del nuovo sistema, ma June ha tutta l’intenzione di tirarla fuori da quel mondo in cui presto, una volta cresciuta, sarà una delle tante donne sottomesse. Ma c’è di più. La protagonista riuscirà a riavvicinarsi a suo marito Luke, l’amore della sua vita prima che tutto cambiasse, oppure continuerà a fare affidamento su Nick, uno dei pochi spiragli di sentimenti umani per lei a Gilead? Beh, lo capiremo solo a partire dal 14 settembre.

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Gilead è più reale che mai

In un contesto storico, culturale e sociale come quello attuale il fatto di aspettare con trepidante attesa il nuovo capitolo di The Handmaid’s Tale significa anche aspettare di vedere a pieni colori la degenerazione di un mondo che è molto simile a quello in cui ci troviamo. Dentro i confini di Gilead le donne, anche le più avvantaggiate mogli, vivono in una posizione di subordinazione: non possono leggere – alla stessa Serena viene tagliato un dito per aver disubbidito alla legge -, non possono lavorare, gestire il denaro. Non possono scegliere. Le ancelle, addirittura, non hanno più il loro nome, limitandosi a essere identificate come proprietà del loro Comandante. Tutto ciò, in un sistema che comincia a prendere vita a partire da un grave calo del tasso di natalità e che viene promosso anche da persone come Serena che si ritrovano in qualche modo a esserne contemporaneamente fautrici e vittime.

Gilead è l’esasperazione del patriarcato e racconta pienamente la volontà di prendere il pieno controllo del corpo e della vita delle donne. Una volontà che grazie ai frequenti flashback presenti possiamo riscontrare anche nel mondo pre-Gilead, soprattutto nel tentativo di ostacolare l’aborto di Janine. Vi sembra poi una situazione molto diversa da quella che vivono tante donne oggi? Il modo in cui The Handmaid’s Tale rappresenta il mondo rende il prodotto uno dei tentativi seriali di critica sociale più riusciti degli ultimi anni. Una serie nella quale non serve un grande sforzo di fantasia per comprendere le assonanze con la contemporaneità. E che, proprio per questo motivo, funziona.

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