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5 straordinari esempi di emancipazione femminile nelle Serie Tv

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Le ancelle di The Handmaid’s Tale sono state assurte a simbolo delle lotte in favore del diritto all’autodeterminazione della donna. La loro battaglia è quella a un regime di carattere teocratico e totalitario, ma nei prodotti televisivi la resistenza esercitata dai personaggi femminili di fronte a maschilismo e misoginia si è tenuta anche in contesti meno estremizzati e in forme differenti da quelle della rivolta vera e propria. Abbiamo visto donne impegnate a rompere gli schemi, a rovesciare stereotipi, a perseguire una realizzazione personale che la società rendeva difficile da raggiungere; donne che hanno sfidato i pregiudizi, che sono rimaste fedeli a se stesse nonostante la spinta a conformarsi a modelli preimpostati, donne la cui intera esistenza è stata un atto di liberazione.

Andiamo a conoscerne alcune passando in rassegna 5 straordinari esempi di emancipazione femminile presenti nelle serie tv.

1) Nola Darling (She’s Gotta Have It)

She’s Gotta Have It

In She’s Gotta Have It il genio di Spike Lee racconta la storia di Nola Darling, irriverente artista afroamericana avversa a qualsiasi tipo di convenzione.

She’s Gotta Have It, lungometraggio che ha segnato l’esordio di Spike Lee alla regia, è diventato una serie tv nel 2017, lo stesso anno in cui è partita la messa in onda di The Handmaid’s Tale.

I poli della vita di Nola sono rappresentati dalla sua professione, alla quale si dedica con passione, e da una vita sentimentale scandita da tre diverse relazioni portate avanti parallelamente. La monogamia, dal suo punto di vista, è solo uno dei tanti costrutti che abbiamo introiettato; Nola non intende aderirvi passivamente e lasciare che la limiti. Nola incarna tutte quelle rivendicazioni che nel mondo di oggi vengono avanzate a voce sempre più alta: quelle delle donne, ma anche delle minoranze discriminate, che convergono in un’idea di società più giusta ed equa, in cui le etichette siano uno strumento identitario e non un mezzo utile a giudicare e a ghettizzare il diverso. Lo fa schierandosi contro le molestie e il body shaming, attraverso una condotta volutamente disinibita e spregiudicata, mediante un’arte che celebra il corpo femminile senza assoggettarlo ai canoni convenzionali di bellezza. Ogni aspetto della sua esistenza è un inno rivolto alla libera espressione di sé.

2) Virginia Johnson (Masters of Sex)

L’America a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 fa da palcoscenico a una storia che ha tra i suoi protagonisti un simbolo di emancipazione femminile realmente esistito.

Parliamo di Virginia Johnson, la psicologa del Missouri che ha contribuito a gettare le basi su cui si è edificata la rivoluzione sessuale.

Gli studi portati avanti dal team Masters, di cui Virginia ha fatto parte, hanno scardinato tabù e mistificazioni in merito al piacere femminile. Non si è trattato soltanto di grandi conquiste a livello teorico, ma di scoperte capaci di instillare nelle donne una maggiore consapevolezza di sé, consapevolezza che ha consentito loro di vivere il sesso in maniera più libera e appagante. Il contributo fornito alla ricerca da Virginia Johnson è stato fondamentale, ma se la ritroviamo in questa classifica è anche e soprattutto per il coraggio con cui ha condotto la sua vita. Moglie divorziata e madre single, si è impegnata a conciliare la cura dei figli con la gestione di una carriera che non ha mai accettato di accantonare, malgrado abbia vissuto in un’epoca in cui l’esser donna veniva associato a una dimensione esclusivamente casalinga senza spazio per lavoro e indipendenza.

4) Peggy Carter (Agent Carter)

The Handmaid's Tale

Un’altra donna costretta a barcamenarsi in un contesto maschilista è Peggy Carter, personaggio dell’universo Marvel che con Agent Carter si è trasferita dal grande al piccolo schermo.

La serie della ABC, cancellata al termine della seconda stagione, racconta il segmento della carriera di Peggy posto tra la fine della seconda guerra mondiale e la fondazione dello S.H.I.E.L.D.

Dopo essere riuscita a farsi valere sul campo di battaglia, Peggy affronta una nuova, difficile fase della sua vita lavorativa pressa la divisione Strategic Scientific Reserve, dove è relegata ad attività di segretariato e viene bistrattata e umiliata dai suoi colleghi per il solo fatto di essere una donna. Sicura della propria professionalità, Peggy si lascia scivolare addosso le critiche che le vengono ingiustamente mosse e prosegue a testa alta lungo la propria strada. “So qual è il mio valore”, afferma con decisione, e dà il meglio di sé non perché gli altri possano cambiare idea sul suo conto, ma perché è ciò che ritiene giusto fare. Dopo anni di discredito, Peggy otterrà il riconoscimento che merita, diventando una pietra miliare dello S.H.I.E.L.D. e un modello da emulare per tutte le future generazioni di agenti.

3) Peggy Olson (Mad Men)

Era difficile prevedere che la segretaria impacciata e remissiva che è Peggy Olson all’inizio di Mad Men avrebbe attraversato un’evoluzione come quella a cui è andata incontro, eppure è successo, tanto da farci inserire il suo character development tra i migliori che le serie tv abbiano mai offerto.

Quella in cui Peggy si ritrova a vivere non sarà la società distopica di The Handmaid’s Tale, ma è comunque una che sminuisce la donna relegandola a una serie di ruoli prestabiliti: quelli di madre, moglie o al massimo di sottoposta.

È un assunto particolarmente valido per il mondo della pubblicità, mondo che sembra non concedere spazio alle donne che mirano a ricoprire un ruolo di matrice creativa. Peggy si ritrova a subire questo stato di cose; viene sfruttata e umiliata da superiori e colleghi fino a quando non decide che è il momento di dire basta e di puntare a un incarico che sia in linea con le sue ambizioni e i suoi desideri. Questa presa di coscienza la porterà a compiere un’inarrestabile ascesa professionale, ma anche una profonda crescita interiore.

I personaggi di June e di Peggy non hanno in comune soltanto il tema dell’emancipazione, ma anche l’interprete che presta loro il volto. Mad Men e The Handmaid’s Tale sono infatti tra le tappe più importanti della straordinaria carriera di Elisabeth Moss.

5) June Osborne (The Handmaid’s Tale)

The Handmaid's Tale

Nell’universo partorito dalla fantasia di Margaret Atwood, June Osborne è un’ancella, termine con cui vengono designate le donne addette alla procreazione.

The Handmaid’s Tale, la serie tratta dal romanzo della famosa autrice canadese, racconta una società distopica in cui le poche donne ancora fertili vengono trasformate in schiave periodicamente stuprate dai rispettivi padroni al fine di incrementare il tasso di natalità.

Collocata sul gradino più basso di questa mostruosa gerarchia, June intraprende una scalata che è un percorso di liberazione prima individuale, poi collettivo: da singola ribelle finisce a capo della rivolta di un’intera categoria che alza la testa e impugna le armi contro i propri aguzzini. Motivata dal desiderio di ritrovare quella figlia che le è stata strappata, June sfida il sistema e con il suo esempio innesca la scintilla che accende il fuoco dell’insubordinazione. “Nolite te bastardes carborundorum” non è solamente il suo motto, ma la sua stessa essenza.