ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER sulla quinta stagione di The Handmaid’s Tale.
La quinta stagione di The Handmaid’s Tale, serie tv di Hulu tratta dall’omonimo romanzo del 1985 della scrittrice canadese Margaret Atwood si è conclusa poco fa, il 10 novembre 2022, dopo 10 intensissimi episodi. Nel corso delle stagioni, le opinioni degli spettatori nei confronti della serie non sono stati sempre unanimi. Alcuni hanno amato la prima stagione e poi non sono riusciti a proseguire con la visione, altri hanno criticato l’esagerato protagonismo di Elisabeth Moss (che qui interpreta June Osborne) soprattutto da un certo punto in poi della serie. Altri ancora non hanno mai apprezzato la fotografia tutta particolare di questo prodotto seriale o sono rimasti delusi quando hanno iniziato a capire che il dramma distopico di Hulu avrebbe preso una piega diversa rispetto a quella originaria prevista dal testo di Margaret Atwood.
A prescindere da tutto, però, ancora prima del rilascio della quinta stagione, The Handmaid’s Tale è stata rinnovata dalla piattaforma di streaming per la sesta e ultima e la notizia è stata annunciata direttamente dai protagonisti, Elisabeth Moss, Max Minghella, Yvonne Strahovski, Ann Dowd e altri. Quindi, è arrivato il momento di chiedersi quale sarà il percorso scelto dalla produzione per chiudere un capolavoro come questo. Una serie vincitrice di 9 Emmy Awards, 2 Golden Globes e 3 Critics’ Choice Awards non può concludersi in silenzio. Merita un finale che faccia rumore e interrompa la placida tranquillità di un mondo che necessita di svegliarsi. La conclusione, prevista probabilmente per il 2023, dovrà essere epica e mozzafiato, dura e realistica, inaspettata ma desiderata. E non dovrà per nessun motivo lasciare questioni in sospeso.
Alla luce di tutti questi elementi, come potrebbe finire, quindi, The Handmaid’s Tale?
Chi ha letto il romanzo distopico da cui la serie è tratta sa bene quanto Bruce Miller si sia discostato dall’originale cartaceo nello sviluppo del suo adattamento seriale. Il testo di Margaret Atwood si concludeva con la fuga di Difred da Gilead per mano di Nick e con un flashforward al 2195. Sono trascorsi ormai molti anni dalle vicende narrate, e due professori trovano alcune audiocassette in cui è contenuta la testimonianza delle esperienze vissute da quella che nella serie noi abbiamo conosciuto come June Osborne, ma di cui nel libro non ci viene mai rivelato il vero nome. Così come succede ancora oggi con dei manufatti particolarmente antichi, non si riesce a stabilirne l’autenticità e i due docenti si interrogano sull’identità dei personaggi nominati dall’Ancella nelle sue registrazioni. Su Difred non si sa più nulla. Lei e le persone da lei citate sono scomparse ormai, a quasi 200 anni di distanza dai fatti. Eppure, l’autrice continua a parlare de Il racconto dell’ancella anche nel sequel del suo famoso romanzo, intitolato I testamenti (2019).
Una parte di questo secondo volume e il suo stile sono stati utilizzati da Miller nella quarta stagione, durante la testimonianza (appunto) di June nei confronti di Fred Waterford e di sua moglie Serena Joy, una volta fuggita in Canada. In realtà, però, I testamenti ci offre qualche spunto in più, qualche elemento aggiuntivo che potrebbe essere ancora utilizzato nella sesta e ultima stagione di The Handmaid’s Tale.
Come suggerisce il titolo del romanzo, vera protagonista della storia è la testimonianza. In particolare quella di Zia Lydia, di Hannah e, infine, quella di Nicole (ormai cresciuta perché da Il racconto dell’ancella sono passati 15 anni). Il loro scopo è quello di aiutare il lettore a ricostruire il passato di Gilead, ma visto che nel corso delle stagioni della serie televisiva di questo abbiamo già avuto un notevole assaggio, il libro potrebbe più che altro essere rilevante perché i tre nomi che ritroviamo al suo interno sono quelli di personaggi che nel dramma di Hulu hanno ancora un ruolo molto importante da giocare.
Il finale della quinta stagione ha infatti lasciato molta carne al fuoco.
June è stata ancora una volta separata da Luke ed è stata costretta a salire con Nicole a bordo di un treno diretto alle Hawaii, mentre suo marito viene portato via dalle forze dell’ordine, che separano nuovamente le loro strade. Proprio su questo treno, però, June incontra Serena con il piccolo Noè. Due donne in fuga dal Canada, come lo erano state anni prima dagli Stati Uniti numerose altre donne divenute poi Ancelle di Gilead. La storia sembra ripetersi: “L’America non era Gilead, finché non lo è diventata, e allora era troppo tardi.” Queste le parole profetiche di June, che sembrano introdurre un nuovo ostacolo alla libertà individuale per la prossima stagione.
Non abbiamo certezze su come possa concludersi Il racconto dell’ancella, quello che sappiamo è che June e Serena dovranno trovare la forza per collaborare contro un nemico che ora è comune, contro un regime che intende separarle dai loro figli e privarle di qualsiasi forma di espressione. Così, un po’ speriamo che per Zia Lydia (Ann Dowd) ci sia un riscatto. Che la sua voce possa servire davvero da testimonianza per un sistema che deve essere abbattuto, e sulla cui ingiustizia di fondo anche lei sta piano piano iniziando a prendere coscienza. Allo stesso modo, come ne I testamenti, anche Hannah dovrà necessariamente essere messa di fronte al suo passato, perché dalle ultime scene che abbiamo visto, una parte di lei è ancora legata a Luke, a June e alla vita che con loro non ha mai avuto l’opportunità di vivere.
L’ultima stagione potrebbe essere un’ottima occasione per staccare l’attenzione da Elisabeth Moss e dal suo magnifico ma onnipresente personaggio, per puntarla momentaneamente su altri volti altrettanto importanti nella lotta contro Gilead. Perché come viene ribadito nel corso della quinta stagione, anche Hannah ora è un simbolo. Lo è lei, lo è Serena, lo è Luke e lo è anche Nicole. Lo sono un po’ tutti ormai, ognuno in modo diverso.
E come Miller ha ribadito in più di un’intervista, il fatto che la serie di The Handmaid’s Tale si sia allontanata in corso d’opera dal romanzo di Margaret Atwood, non significa che non possa ricongiungersi con la conclusione naturale della storia che lei aveva immaginato in I testamenti. Alla fine il dramma distopico realizzato da Hulu nasce come un racconto di June, e come tale forse, può concludersi. Con la sua voce in un audiocassetta come nel libro, con le testimonianze di chi l’ha conosciuta in prima persona, con un salto temporale che permetterà allo showrunner di chiamare in causa anche il sequel del 2019 e di chiudere definitivamente un cerchio durato 6 anni.
Per il gran finale de Il racconto dell’ancella ci aspettiamo quindi un consistente rimando a I testamenti. Una Gilead al collasso e un sistema come quello della nuova Betlemme messo finalmente in atto dal comandante Lawrence. Non ci aspettiamo nessun lieto fine, ma una storia che favorisca una coalizione tra June e Serena. Ci aspettiamo le parole di Hannah, quelle di Zia Lydia. Ci aspettiamo delle dure conseguenze per le azioni di Nick. Attendiamo la scomparsa definitiva di Luke per ricongiungere la serie al romanzo principale. Siamo pronti a un salto temporale che potrebbe finalmente dare un senso alla voce di June fuori campo, ricordando a tutti il motivo per cui il titolo del libro e della serie è Il racconto dell’ancella, e siamo in attesa di questo salto in avanti perché potrebbe risolvere la questione più importante di tutte, a cui la serie deve necessariamente dare una risposta: il regime inaugurato da Gilead continuerà a esistere?