Attenzione: l’articolo contiene spoiler su The Handmaid’s Tale 5. Proseguite la lettura a vostro rischio e pericolo
Tutta la complessità di Gilead, tutti gli scontri, i compromessi, le contraddizioni, le speranze e le paure, tutti si potrebbero racchiudere qui, nella relazione che sta alla base di The Handmaid’s Tale, nella guerra senza fine che si sono dichiarate fin dal primo episodio le due protagoniste della serie: June Osborne (Elisabeth Moss) e Serena Joy (Yvonne Strahovski), donne e madri, martiri e nemesi, simbolo di un conflitto che non potrà mai risolversi. Serena Joy, la moglie del comandante, la teorica del sistema, colei che non guarda in faccia a nessuno, contro June Osborne, la madre a cui hanno strappato le figlie, l’ancella, la guerriera. Entrambe disposte ad andare a fondo, a sacrificare ogni cosa pur di vincere questa guerra infinita, che anche quando sembra concludersi non riesce mai a dare loro tregua. A Gilead, in Canada, nella terra di mezzo tra la libertà e la teocrazia, quando sono l’una accanto all’altra o a migliaia di kilometri di distanza, June Osborne e Serena Joy si inseguono, marcano il territorio, combattono. Perché non possono più farne a meno, perché ormai tutto ciò che è rimasto di loro è l’odio che nutrono l’una per l’altra, l’unico motore che le tiene in vita, la rabbia feroce che impedisce ai loro corpi di soccombere al dolore senza fine. The Handmaid’s Tale 5, che per la prima volta vede Serena sola al mondo dopo la morte di Fred, privata di ogni potere ora che è incinta e lontana da Gilead, è allora il terreno dove si prepara lo scontro finale tra le due donne e tra le loro idee di mondo e libertà così diametralmente opposte.
Il penultimo capitolo della serie Hulu rappresenta l’inizio della fine e con prepotenza ci annuncia che la resa dei conti tra le due sta arrivando.
D’altra parte, le dinamiche di potere tra June e Serena durante le prime tre stagioni e mezzo della serie sono sempre state profondamente sbilanciate in favore della moglie del comandante, che priva di ogni possibilità d’azione all’interno di quel sistema che lei stessa a contribuito a creare, riversa tutta la sua frustrazione contro June Osborne, l’ancella a cui è stato tolto tutto, tranne la sola cosa che Serena Joy desidera davvero.
L’unico momento, prima di The Handmaid’s Tale 5, in cui la dinamica della loro relazione subisce un rovesciamento è proprio quando June realizza il sogno di Serena, rimane incinta, e finché la vita della creatura resta legata a doppio filo a quella dell’ancella ecco allora che la moglie, l’altra madre, si paralizza, perché messa davanti a tutte le contraddizioni di una maternità che vorrebbe sentire come sua e invece non lo sarà mai. La parte finale della seconda stagione, quella in cui la nascita di Nichole/Holly cambia tutto, è forse l’unica finora in cui il rapporto tra le due protagoniste di The Handmaid’s Tale si permea di un’inaspettata solidarietà, che ha origine nel loro desiderio di madri di volere il meglio per la figlia non soltanto a discapito del proprio benessere, ma persino a discapito delle proprie divergenze. Eppure, una volta messa al sicuro quella bambina che entrambe amano visceralmente, Serena Joy ritorna la donna che non capiremo mai, imperscrutabile, volubile, spietata. E la guerra tra June e la sua nemesi riprende, più violenta che mai.
Infatti, se nella prima stagione di The Handmaid’s Tale abbiamo soltanto intravisto tutta la forza di June Osborne, portata in scena alla perfezione da Elisabeth Moss (non a caso vincitrice quell’anno del premio Emmy alla migliore attrice in una serie drammatica), la sua lotta inizia davvero soltanto quando rimane incinta di nuovo, un avvenimento che riesce a scuoterla dallo stato di torpore in cui era piombata per spirito di sopravvivenza una volta arrivata dai Waterford. June non si è mai arresa, né ha mai pensato per un solo istante che avrebbe potuto abbondare Hannah, eppure durante la prima stagione la vediamo completamente in balia di Serena Joy e Fred Waterford, talmente sola e sconfitta da cercare persino l’appoggio esterno dell’enigmatica moglie del comandante, un errore che non si perdonerà mai. June però impara presto di avere più risorse – e più alleati – di quanto non potesse immaginare, ed ecco allora che la sua relazione conflittuale eppure quasi di dipendenza da Serena viene stravolta, e prima ancora che la moglie del comandante se ne accorga inizia la loro guerra, quella che nel corso delle stagioni ha mietuto più vittime di quanto ciascuna delle due credeva possibile, quella da cui già sappiamo che nessuna uscirà vincitrice.
Come potrebbe mai vincere June Osborne, che si porta dietro le cicatrici di una serie di traumi che nessuno potrebbe mai sopportare rimanendo sano di mente? Come potrà mai salire sul carro dei vincitori Serena Joy, che ha perso suo marito, che è stata respinta da Gilead e mai accolta in Canada, che porta finalmente in grembo un figlio ma è rimasta completamente sola al mondo? In The Handmaid’s Tale 5 è mostrata con ancora più chiarezza che nella stagione precedente l’impossibilità delle due donne di andare avanti, di lasciarsi alle spalle tutto quello che è accaduto finora. E allora a entrambe non resta che aggrapparsi all’odio reciproco, a quel fuoco che da solo ancora le spinge a combattere, il desiderio di vedere l’altra a terra, mentre in qualche modo entrambe continuano a rialzarsi.
A ruoli invertiti, con June libera dalla prigionia di Gilead e Serena finita senza quasi accorgersene nella trappola che lei stessa ha contribuito a rendere così efficace, l’ancella divenuta combattente e la moglie diventata ancella continuano a scontrarsi, perché il filo che le lega sembra non potersi spezzare mai. Non è stata allora una sorpresa quando, alla fine di Together, il sesto episodio di The Handmaid’s Tale 5, Serena Joy si è aggrappata ancora una volta a June per sopravvivere, per viaggiare verso la libertà che un tempo lei stessa negava alla sua ancella.
Non sappiamo cosa accadrà nella seconda metà di The Handmaid’s Tale 5 e possiamo solo ipotizzare che nella sesta stagione la serie potrebbe spostarsi nel tempo per raccontare gli eventi che accadono ne I Testamenti, il romanzo seguito de Il racconto dell’ancella ambientato circa vent’anni dopo gli avvenimenti della prima stagione, eppure sembra quasi scontato che lo scontro tra June e Serena rimarrà il centro focale di tutta la serie, il loro rapporto l’asse attorno al quale ruota tutto l’universo narrativo di The Handmaid’s Tale. L’una al fianco dell’altra fin dal primo istante, l’ancella e la moglie, il simbolo della rivolta e la paladina del sistema, non smetteranno di sfidarsi finché non ne usciranno entrambe sconfitte, prive di ogni umanità, spogliate di ogni emozione diversa dalla rabbia e dall’odio. E un certo punto raggiungeranno inevitabilmente il fondo, senza alcuna possibilità di tornare in superficie.