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Notizie di Futuri Possibili – The Handmaid’s Tale

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Ciascuna storia si trasforma e diventa altro da se stessa ogni volta che la si racconta da un differente punto di vista. Di questo è certamente consapevole Serena Joy Waterford, una personalità forte e dalle idee controverse che del diritto a raccontare la sua “altra verità” sul ruolo della donna moderna in società ha fatto il suo personale vessillo. Le sue teorizzazioni sul Femminismo Domestico nel suo primo saggio Il posto di una donna e le successive dissertazioni sulla “riproduzione come imperativo morale” – mai pubblicate, ma ampiamente discusse nelle sue più recenti interviste giunte dal centro di detenzione in cui si trova tutt’oggi – causano polarizzazioni da ormai più di un decennio. E in questa giornata arriva un’ennesima rivendicazione da parte della Moglie più nota della Repubblica di Gilead con le pagine del suo nuovo libro, dal titolo Sempre sia benedetto il frutto. Il saggio arriva come una risposta accuratamente studiata per le accuse che le sono state mosse dalle ancelle nel loro manifesto dal titolo The Handmaid’s Tale.

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Nel suo giorno di esordio, il saggio è già diventato oggetto di dibattito per i protestanti che da mesi si battono per la liberazione della signora Waterford. Il nodo centrale della discussione è il rifiuto da parte di molti librai e bibliotecari canadesi di distribuire il libro. Attualmente il saggio è scarsamente disponibile e i movimenti a sostegno della Devota – questo il titolo ad honorem assegnatole dai suoi seguaci – si sono mobilitati per farne circolare diverse copie non autorizzate nella scorsa notte. E questa mattina centinaia di fascicoli sono apparsi come dal nulla, branditi da orde di manifestanti che si sono riversati nelle piazze per gridare a gran voce il loro dissenso.

Buona parte dei membri di questi gruppi pro-Gilead e pro-Serena Joy (sempre più mescolati tra di loro in un vortice da cui spesso loro stessi faticano a districarsi) si trovavano sin dalle prime luci del mattino all’ingresso del centro di detenzione in cui la donna è trattenuta da diversi mesi.

“Rifiutandoci di ascoltare quello che Serena Joy ha da dire stiamo davvero facendo giustizia? Censurandola ci crediamo migliori di Gilead?” domanda provocatoriamente uno dei manifestanti. Di recente sembra infatti che i riflettori puntati su Gilead abbiano per il momento messo all’ombra il racconto dell’ancella June Osborne e delle sue compagne di resistenza (tutte firmatarie del manifesto), per spostarsi sull’interrogativo etico-morale circa il diritto di testimonianza da parte dei “predatori dell’umanità” – questa l’etichetta affibbiata ai vertici del regime da parte dei movimenti anti-Gilead.

“Non siamo anti-femministe come molti ci descrivono”, racconta una ragazza ai cancelli del centro di detenzione, tenendo in mano un cartello con su scritto Lasciate parlare Serena Joy. “Ascoltare quanto accade a Gilead ha ferito molte di noi. Ma quello che c’è alla base del regime è un principio sacro e non possiamo più fingere che non sia necessario. Gilead è stata la sola a parlare apertamente del calo di fertilità e dell’allarmante diminuzione delle nascite. Il resto del mondo ha voltato le spalle al problema anni fa e intanto la popolazione è diminuita vertiginosamente.” 

Qualcuno, invece, adotta diverse linee difensive. “In Canada il movimento pro-Serena Joy è visto come un sintomo di fanatismo e ci mette tutti nello stesso calderone, come se fossimo fan accaniti dello stupro” s’infervora un’altra manifestante. “Beh, non è così. Io credo alle Ancelle, credo al loro trauma e credo di poter capire solo una frazione dell’oppressione che hanno dovuto subire. Ma credo anche che non fosse questo l’obiettivo della signora Waterford. Io c’ero quando ha presentato il suo primo saggio, quello che oggi in università chiamano I fondamenti di Gilead e le ho urlato contro come le mie compagne. Parlava del dovere di rispettare la propria fertilità, del proprio ruolo rispetto agli uomini e mi faceva ribrezzo. Ma oggi la vedo condannata per aver espresso un’idea teorica che qualcuno ha trasformato in una realtà infernale, la vedo soffrire ormai quasi al termine della gravidanza per una custodia genitoriale che il governo usa come arma contro di lei e mi chiedo come facciamo a essere convinti che non sia una vittima di Gilead. Nel libro lo dice chiaramente: le sue idee sono state sfruttate dal regime, dagli uomini. Le hanno prese e ne hanno fatto ciò che volevano, senza che lei avesse alcun diritto di veto. Il fatto che non dica molto sulla morte di suo marito è una tacita ammissione.” 

The Handmaid’s Tale

Anche tra i manifestanti, quindi, si delineano diverse correnti di pensiero tutte convergenti, però, su un unico punto: il saggio Sempre sia benedetto il frutto è una testimonianza a tutti gli effetti, una voce da Gilead e come tale deve essere accolta. Secondo i manifestanti arrivati qui per sostenere il diritto dell’autrice alla distribuzione priva di censure, non può esistere un quadro chiaro di quanto accada oggi nella Repubblica se viene meno anche una sola testimonianza interna.

Alla protesta non sono certo mancate le incursioni da parte dei movimenti delle autoproclamate Rosse, gruppo attivista in difesa di Ancelle, Marte e rifugiati provenienti da Gilead. Alcune di loro si sono insinuate tra le manifestanti toccandole in viso e sulle braccia, per lasciare sui loro corpi macchie di vernice rossa. In coro, come una triste litania, ripetevano: “tutto questo sangue è sulla vostra coscienza e su quella di Serena Joy”.

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The Handmaid’s Tale

Qualche animo si è inevitabilmente accesso; tumulti e scoppi di violenza hanno costretto gli agenti a disperdere i diversi gruppi di protestanti. Nelle macchie confuse di questi fiumi di gente spinta ad allontanarsi dopo il lancio di lacrimogeni, abbiamo visto uomini indossare felpe, cappelli e svariati oggetti ornamentali riportanti il nome e lo stemma Waterford. Oltre che il nuovo saggio di Serena Joy brandito come il novello Verbo da diffondere. Tra i manifestanti anti-Gilead, invece, la scarsa presenza di uomini è fin troppo rilevante. Tuttavia i pochi presenti avevano con sé il manifesto The Handmaid’s Tale e ne declamavano passaggi sparsi durante gli scontri. Non hanno tardato ad arrivare i primi arresti, e subito sono piovute sulle forze dell’ordine accuse di connivenza con i sostenitori di Gilead.

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La percezione, per citare le parole di un discorso tenuto dal giovane professor Pieixoto qualche settimana fa nell’Università di Toronto, è che il resto dei Paesi fuori da Gilead stia cominciando ad avere talmente paura di quel che accade al mondo, in termini di deterioramento delle condizioni del pianeta, da non tenere conto di ciò che sta succedendo nel mondo. 

Siamo forse troppo accecati dal timore che proviamo nei confronti dell’ira che natura e ambiente scatenano contro la nostra specie, da non accorgerci di quanta malvagità stiamo infliggendo a noi stessi? Davvero il manifesto The Handmaid’s Tale con tutte le sue descrizioni minuziose di brutalità non è servito a scuoterci?

Non è un segreto che secondo il professore – esperto in regimi totalitari moderni – e altri esponenti accademici, lo spostamento del dibattito dalle condizioni vigenti a Gilead alla critica circa la gestione della crisi di natalità non farebbe che avvicinare sempre più la linea di confine che ci separa dall’adottare la machiavellistica politica del fine che giustifica i mezzi.

Sembra che buona parte dei governi mondiali cominci a sentirsi in accordo con le parole usate dalla stessa Serena Joy in questo libro a cui abbiamo avuto accesso proprio grazie alle mobilitazioni notturne: 

Non posso non riconosce che ciò che Gilead conserva dentro di sé attualmente è un frutto mal riuscito di questa Terra, un prodotto che rischia di lasciar morire la pianta che lo ha generato. Eppure spetta a noi saper cogliere una talea e affidarci alla natura e al Signore affinché la lascino germogliare nel più proficuo dei modi.

Sempre sia benedetto il frutto, Introduzione. Di Waterford, S. J. (The Handmaid’s Tale)

Vi lasciamo dunque con una domanda a cui credevamo esistesse una risposta certa e che oggi, invece, rischia di ribaltare ogni convenzione sui diritti umani: il frutto di Gilead è davvero sempre benedetto ora che il mondo appare come un grande terreno infertile? Forse è da questo interrogativo che le radici del regime hanno tratto il primo nutrimento. È da qui che riusciranno anche ad espandersi nel resto del mondo?

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