Tutto quello che pensate di trovare guardando The Haunting of Bly Manor non è quello che troverete, lo dico per esperienza. Pensavo che avere letto Turn of the Screw di Henry James bastasse per svelarmi i segreti della storia, avevo dato per scontato inizio, svolgimento e fine. Ma non potevo essere più in torto. Prima di proseguire con la lettura vi avverto della presenza di possibili SPOILER, quindi fate le vostre valutazioni.
The Haunting of Bly Manor è stata una delle sorprese più piacevoli degli ultimi tempi (se avete voglia di una bella maratona di serie tv in tempo per Halloween, guardate qui), una storia in cui i fantasmi sono davvero l’ultimo elemento di cui dovreste preoccuparvi. Ma forse sarà meglio cominciare dal principio.
Capitolo uno – Occasioni perdute
Ci sono porte nel corso della nostra vita che una volta chiuse non si apriranno più. Lo sanno bene molti dei personaggi di The Haunting of Bly Manor. Durante le nove puntate della serie, vediamo come ogni scelta, ogni via percorsa li allontani da quella porta speciale chiamata felicità. Viene spesso ripetuto come Bly sia una sorta di buco nero capace di risucchiare tutti i suoi miseri abitanti, ma la verità è che la tristezza che aleggia intorno al maniero non deriva dalla città stessa. Sono le persone: carnefici o vittime, vivono una infelicità perenne, abitanti di una casa di bambole da cui è sempre più difficile uscire. Hannah non ha mai visto altro al di fuori di Bly: ha passato tutta la sua vita guardando con gli occhi altrui sognando di trovare, un giorno, l’occasione giusta per potere vivere lei stessa un’avventura. Eppure l’occasione giusta sembra non presentarsi mai, troppi gli impegni che a quanto pare la legano alla casa. Sono prima di tutto obblighi morali che la portano inesorabilmente verso un destino orribile.
Hannah non vedrà mai Parigi, non poserà i suoi occhi, ora sbarrati, su altro se non su quella crepa che sembra schernirla nelle profondità del pozzo.
E se per Hannah è il passato a rappresentare una porta che si chiude per sempre sulle occasioni perdute, quelle possibilità mancate per colpa di un’ etica ineccepibile, per altri personaggi è il futuro, piuttosto, a diventare una strada senza via d’uscita. Per prima Jessel, una ragazza con grandi sogni, ambiziosa e dal buon cuore la cui unica colpa è aver cercato la felicità nella persona sbagliata. Abbiamo poi lo zio Henry, incapace di perdonarsi, preda dei suoi stessi demoni che gli urlano in faccia parole di disgusto e risentimento. E infine c’è Dani, la giovane au pair che vive nella menzogna di una identità che non le appartiene, che rifiuta con tutte le forze una felicità per lei sentita come ingiusta.
Ognuno di loro si trova nel baratro, nel freddo lago di Bly e solo l’amore può intervenire come forza salvifica capace di riportarli a galla, perché The Haunting of Bly Manor non è affatto una storia di fantasmi.
Capitolo 2 – L’Amore non dovrebbe far male
Quando Jessel arriva a Bly, il mondo le appartiene ma ancora non lo sa, e purtroppo non lo saprà mai. Vittima delle sue insicurezze, della sua paura di non essere mai abbastanza, cade tra le braccia di Peter senza pensarci due volte, anche quando il dubbio sulla reale natura dell’uomo comincia a insinuarsi. Desiderosa solo di essere amata, la ragazza non si rende conto di essere caduta nella trappola di un amore sbagliato.
Amore non dovrebbe chiedere sacrifici, non dovrebbe misurarsi in prove da superare o pene da sopportare. Amore è sentirsi al sicuro, al caldo, protetti come sotto le coperte quando fuori si scatena il diluvio. Amore non è dover dipendere da qualcuno per andare avanti ma andare avanti insieme.
Jessel non lo sa e confonde l’egoismo di Peter con la passione dirompente della gioventù. All’uomo non interessa che lei sia felice, vuole solo scappare dalla propria infelicità. Eccoli tutti e due cristallizzati in un momento di falsa felicità, uno scatto eterno che vede Jessel prigioniera di un amore tossico che chiede tutto e non dà nulla in cambio. Dani vedendo la foto lì definisce Bonnie e Clyde, ma non c’è niente di romanzescamente romantico nella loro storia perché la passione, la maggior parte delle volte, è un fuoco fatuo, quello che resta dalla cenere è ciò di cui vale la pena parlare.
Capitolo 3 – Fiore di mezzanotte
Opposto al rapporto tra Peter e Jessel troviamo quello di Dani e Jamie, che mostra in tutta evidenza le differenze tra Hill House e Bly Manor. In The Haunting of Hill House il tema principale era la famiglia, sette personaggi molto diversi tra loro uniti da un filo di sangue. Persone spezzate in mille punti diversi e difficili da rimettere assieme che, nonostante il dolore, la perdita e la sofferenza sono riuscite a trovare un modo per andare avanti e l’hanno fatto affidandosi proprio al loro essere “famiglia”.
In questa seconda stagione il culmine della narrazione si raggiunge nell’ottavo episodio, ovvero quando viene approfondita la storia di Bly ed è allora che lo spettatore capisce definitivamente che no, non sono importanti gli strani comportamenti dei bambini, gli spettri o altro ma ciò che sta dietro tutta questa terribile storia: l’amore. In principio non si tratta di altro se non l’amore di una madre che non vedrà mai crescere la figlia, e questo sentimento di sconforto e malinconia accompagnerà le vicende di tutti i personaggi della casa, tutti tranne Dani e Jamie.
Come il fiore di mezzanotte che cresce così raramente, anche l’amore tra le due donne è del tipo più prezioso, capace di sopportare tanto dolore ed essere ancora capace di sperare.
Jamie e Dani non si buttano ciecamente tra le braccia l’una dell’altra, si ritrovano silenziosamente nel dolore di una vita che le ha viste crescere da sole, incomprese ma non senza amore. L’amore nelle loro vite esisteva ma dalle persone sbagliate, perché a volte succede anche questo, che sia semplicemente il momento e il posto sbagliato. Bly è l’incubo in cui tutti i personaggi finiscono per perdere se stessi, per Dani e Jamie invece rappresenta il luogo in cui capiscono finalmente chi sono.
Il punto è che non esistono case infestate, ma solo persone profondamente tormentate che tentano, con la disperazione tipica che ci ancora tutti indistintamente alla vita, di andare avanti e non affogare.