ATTENZIONE: proseguendo nella lettura potreste incappare in spoiler su The Helicopter Heist.
A Netflix piacciono le miniserie dedicate alle rapine spettacolari, realmente avvenute. Qualche settimana fa vi abbiamo recensito la storia della rapina al Banco Central di Barcellona. Oggi è la volta della recensione dedicata a questo spettacolare furto avvenuto a Stoccolma, capitale della Svezia, nell’ormai lontano 2009. Un furto così incredibile da essere paragonato, dai media di tutto il mondo, alla pellicola Ocean’s Eleven e che fruttò ai rapinatori la bellezza di oltre dieci milioni di euro.
The Helicopter Heist ci racconta gli eventi antecedenti e poi successivi l’evento. In otto puntate di circa quarantacinque minuti l’una, infatti, lo spettatore potrà partecipare inizialmente alla programmazione nei minimi dettagli del furto. Il furto vero e proprio con annessa fuga. E infine le indagini della polizia svedese che hanno portato all’arresto dei quattro malviventi, alcuni dei quali ancora in prigione oggi.
Helicopter Heist è un prodotto fatto da chi sa cosa sta facendo
Presentata al 35° Stockholm International Film Festival la miniserie è un adattamento del romanzo omonimo di Jonas Bonnier. L’ adeguamento televisivo è curato da Ronnie Sandahl, già autore dell’interessante sceneggiatura del film Borg McEnroe del 2017. Le otto puntate sono dirette da Daniel Espinosa conosciuto per Safe House con Denzel Washington e Rayn Reynolds; e Child 44 con Tom Hardy, Gary Oldman e Noomi Rapace. Il quale è stato coadiuvato da Jonas Alexander Arnby (scenografo de Le onde del destino) e Anna Zackrisson (direttrice della seconda unità in Lasciami entrare).
I diritti del libro sono stati acquisiti da Netflix e dalla casa di produzione di Jake Gyllenhaal. Inizialmente, infatti, il progetto avrebbe dovuto essere un film con protagonista l’attore americano e uscire nel 2017. Ma poi, come spesso accade, non se ne fece nulla e le buone intenzioni caddero nel dimenticatoio.
Una storia non banale
Rami (Mahmut Suvakci) e Michel (Ardalan Esmaili) sono amici per la pelle. Si conoscono da quando erano bambini. E fin da quell’epoca hanno iniziato a rubare. Giocattoli inizialmente. Poi, crescendo, nelle tabaccherie e nelle gioiellerie. Rami è finito in prigione e ne è uscito fuori. È stato assunto come cuoco in un ristorante e ha due figli piccoli. Campa come può ma cerca di rigare dritto. Tanto da investire tutto quello che ha in un progetto legato a dei gamberetti provenienti dalla Groenlandia. È fiero del suo progetto perché convinto che lo tirerà fuori dalla vita piuttosto misera che fa, insieme alla compagna Karin (Johanna Hedberg) e i due bambini. Il suo investimento ovviamente non va in porto, si ritrova pieno di debiti fino al collo, con la mafia che lo minaccia, obbligandolo a riprendere i contatti con il suo amico.
Michel, invece, non ha mai smesso di rubare per mantenersi. Ma è intelligente e ha sempre mantenuto un profilo molto basso, così da non diventare mai un sospetto per la polizia. Nonostante le vite li abbiano separati nel momento del bisogno i due amici per la pelle si ritrovano e il tempo, come si dice, è come se non fosse passato. E da quel punto iniziano a pianificare la rapina del secolo. Il classico ultimo colpo per chiudere in bellezza.
Rami e Michel sono quelli che si potrebbero considerare due ladri gentiluomini. Nella loro carriera di rapinatori non hanno mai fatto del male a nessuno. A spiegare il loro modus operandi è una scena nella quale Michel rapina due portavalori e un bancomat per finanziare il grande colpo. L’uomo si mostra molto empatico nei loro confronti. Li conforta, li avvisa che presto sarà tutto finito, che potranno tornare a casa sani e salvi. Con cortesia, gentilezza, persino premura. La scena dura qualche istante ma è significativa perché fa capire che i due hanno un codice d’onore e godono dell’ammirazione (se così si può dire) della polizia.
In un’altra scena, infatti, Leonie (Iskra Kostic) la poliziotta che si occuperà del caso, dirà ai colleghi che i due non sono gangster pericolosi, né fanno uso di droga. E nemmeno si considerano criminali. Il tutto con un misto di soggezione e apprezzamento per come portano a compimento i loro furti.
Una miniserie che si sviluppa su due fronti: i “cattivi”
The Helicopter Heist a differenza di altre serie del genere non mette di fronte agli spettatori la classica scelta: schierarsi con i buoni o i cattivi. Non parteggia per una o l’altra parte. Ci racconta un evento storico nella maniera più semplice e lineare possibile, senza colpi di scena. È il racconto stesso a portarsi avanti da solo, di puntata in puntata, creando la giusta suspense. Che culmina con un intero episodio, quello della rapina, davvero interessante, ben fatto, senza fronzoli né esagerazioni o particolari espedienti narrativi per accattivarsi il pubblico.
Precedentemente abbiamo tutta la progettazione. Per cui il reclutamento di altri membri attivi alla rapina. La ricerca di un pilota di elicotteri. Le prove generali per far saltare il tetto del caveau (spassosissima scena!). Il continuo mantenere in riga gli anelli deboli della banda (che porteranno inevitabilmente all’arresto di tutti quanti). Eccetera, eccetera.
E i buoni
Parallelamente seguiamo le indagini di Leonie che viene a conoscenza tramite un giro di servizi segreti che una banda di rapinatori ha intenzione di usare un elicottero per rapinare un caveau. Leonie in questo caso deve anticipare il furto. Ha tutti gli elementi giusti per arrestare la banda prima che commettano il furto ma… non sa la data. O meglio: ne conosce una ma non sa che a voce alta, i rapinatori non pronunciano mai la data del furto.
Ovviamente Leonie non è una poliziotta qualsiasi. È una in gamba, tosta, che non ha paura di rovinarsi la carriera perché abusa (ma solo un po’) del suo potere. È divorziata, ha un ex marito che non l’aiuta di certo, e un figlio piccolo che deve affidare alla madre quando lavora tutto il giorno.
Perché The Helicopter Heist ci racconta i retroscena dei personaggi, in particolar modo quelli di Rami. La sua famiglia, l’amore che prova nei confronti della compagna e dei figli. Il fatto che compia il suo destino di rapinatore per assicurare loro un futuro. Un futuro che praticamente è segnato nel momento in cui decidono di intraprendere la rapina con l’elicottero.
Tante cose buone che non annoiano mai
The Helicopter Heist è come una sorta di montagna russa. Lo spettatore prende posto e comincia un lungo, interessante, spericolato viaggio. Su e giù, tra una cima dedicata a Martin Scorsese e una discesa a Michael Mann. Non citiamo a caso i due registi americani che hanno fatto del genere heist un loro must. Nella miniserie diretta da Daniel Espinosa, infatti, troviamo tanti elementi tipici utilizzati magistralmente dai due registi: personaggi arroganti e furbi, voci fuori campo sarcastiche, colonne sonore brillanti e scene di rapina spettacolari. C’è tutto il menù. Magari non a livello stellato, come i maestri d’oltreoceano, ma certamente ben fatto, ben amalgamato, piacevole da gustare.
I personaggi sono credibili, ben delineati. Persino la storia di amicizia tra Leonie e il suo vicino di casa (Dejan Milacic) è plausibile tanto da coinvolgere molto lo spettatore nel momento dell’arresto di quest’ultimo, nelle scene finali. E se i personaggi funzionano è merito degli attori, bravi a interpretarli senza sbavature, esagerazioni.
The Helicopter Heist è un prodotto ben riuscito, che adempie perfettamente al compito di intrattenere lo spettatore. Ci è piaciuta. Magari l’avremmo preferita un po’ più corta per certi versi (alcune parti sulla preparazione del piano a volte perdono un po’ il ritmo). Per altri avremmo dedicato più tempo alla parte dell’indagine. Ma non ci ha mai annoiati. E questo è certamente un gran pregio.