The Knick è innanzitutto una serie che, se non avete ancora visto, dovete recuperare immediatamente. È scritta bene, non presenta grosse forzature e non si spinge oltre quello per cui è stata pensata. È una serie ben fatta e poco conosciuta, con sole due stagioni e un totale di venti episodi. Guarda all’America di inizio Novecento senza filtri e idealizzazioni. Un’America razzista e bigotta, conservatrice e sporca. È fondamentalmente un period drama ambientato in un ospedale di New York, che parla di innovazione e progresso, di amore, medicina, politica e tanto altro. E, soprattutto, di ossessione.
Possiamo dire che l’ossessione sia il vero motore di questa serie, ciò che realmente definisce i personaggi nell’ambito delle loro scelte.
The Knick ha tante sfumature e vale la pena raccontarle tutte. La prima stagione è incentrata maggiormente sul personaggio di John Thackery – interpretato straordinariamente da Clive Owen – un medico che diventa capo del reparto di chirurgia dell’ospedale Knickerbocker di New York dopo la morte del suo mentore. Thack, così lo chiamano nei corridoi dell’ospedale, è un genio sregolato, pieno di difetti, ma con l’enorme dote dell’intelligenza. In un ambiente ancora restio ad abbracciare il progresso in tutto e per tutto, la genialità del dottor Thackery è puro anticonformismo, un volo di Icaro nel bel mezzo di un universo ipocrita e bacchettone.
Ma Thack non è solo ingegno e ispirazione. È anche buio e tenebra, oscurità che pian piano fagocita ogni luminosa briciola di equilibrio. Perché John ha le sue dipendenze, che non sono solo forbici e bisturi. Tossicodipendente, occasionale fumatore di oppio, Thack si inietta durante il giorno dosi di cocaina per restare vigile e incrementare le proprie prestazioni. È razzista, ma è anche disposto a rivedere le proprie posizioni quando il dottor Algernon Edwards, l’unico chirurgo di colore dell’ospedale, si dimostra all’altezza dei compiti che gli assegna. È scorbutico, lunatico e rozzo, ma nasconde anche un lato più tenero e gentile che conoscono solo in pochi.
Thack è come l’Ulisse di Afred Tennyson, mai pago di quel che ha, sempre alla ricerca di nuovi, brillanti stimoli.
I will drink life to the less.
Berrò fino all’ultima goccia della vita. Il dottor Thackery è così, un Icaro che va incontro alla sua fine senza porsi limiti. Per il suo personaggio, il concetto di ossessione vale ancor di più che per tutti gli altri. È assillato dalla brama di fare sempre di più, di sperimentare, di provare, di mettersi in gioco. Salva vite umane, ma non è in grado di salvare se stesso. Si spinge in una spirale autodistruttiva, senza via di scampo, senza possibilità di fuga.
Sembra sempre che voglia piovere se guardi solo le nuvole, John. Non guardare solo le nuvole.
È la preghiera di una donna che lo ha amato e che lo vede rovinarsi con le sue stesse mani. Ma Thack non ha nessuna intenzione di scansare le nuvole. La sua vita è un temporale con l’arcobaleno, un immane concerto di colori nel buio più pesto delle sue ossessioni.
Ma non è l’unico personaggio di The Knick ad avere problemi di questo genere. L’universo del Knickerbocker Hospital si nutre di ossessioni che imprigionano la mente e fiaccano lo spirito.
Il dottor Edwards è all’apparenza la figura più equilibrata della serie, brillante e ambizioso come solo gli uomini di talento sanno essere. È scaltro e paziente, sopporta le angherie e le scorrettezze dei colleghi per il fine ultimo, che è quello di curare i propri pazienti. Ma anche il giovane Edwards ha le sue zone d’ombra. L’alcol e le scazzottate sono la sua dipendenza, un ossessione che lo svuota e allo stesso tempo lo logora da dentro.
In The Knick ogni personaggio è, a suo modo, sopraffatto dalla follia. Tutti, presto o tardi, rovinano quello che hanno e poi sprecano tempo a rimediare.
Come l’infermiera Lucy Elkins, a un passo dal baratro senza fondo, perduta nell’ossessione di Thackery e di tutte le sue stranezze. O come Herman Barrow, l’amministratore dell’ospedale che si è indebitato con i gangster e vive nell’ossessione di saldare i suoi debiti e non finire vittima del malaffare. Ma c’è anche il giovanissimo Bertie, l’assistente di Thack completamente stregato dalla sua genialità e dal suo fascino. E c’è Tom Cleary, l’autista di ambulanze che mette su un’attività illegale per donne che vogliono abortire, perso nei suoi traffici illeciti e nei rimorsi di coscienza.
The Knick è davvero una serie senza filtri, senza idealizzazioni e retorica. Una serie per palati fini l’avevamo definita. Ci fa conoscere i personaggi un po’ per volta e ci trascina con loro in un vortice di ossessione, perdizione, tormento. Ci mostra la loro parabola discendente, la caduta nel vuoto, le mille sfumature di menti assillate e in balia degli stravolgimenti del passaggio di secolo. Ed è una serie che va vista tutta per capirla – e apprezzarla – appieno.