ATTENZIONE: non proseguire nella lettura se non vuoi imbatterti in spoiler su The Last Man on Earth!!
A maggio 2018 andava in onda l’ultima puntata di The Last Man on Earth, una serie apparsa per la prima volta su Fox nel 2015 dopo una lunga fase di gestazione. Will Forte era il suo protagonista e lo show, di cui l’attore è stato anche l’ideatore, si proponeva di raccontare la storia dell’ultimo uomo rimasto vivo sulla Terra dopo un’epidemia che aveva azzerato la popolazione mondiale. Il pilot venne trasmesso nel 2015, cinque anni prima del Coronavirus e prima che il mondo prendesse confidenza con l’idea delle pandemie, dei contagi, delle mascherine e tutto il resto. Un’altra fase storica, un’altra epoca. Vista con gli occhi di oggi, The Last Man on Earth ha sicuramente un sapore diverso, ma nel 2018, quando andava in onda l’ultimo episodio, nessuno aveva idea di quanto le storie narrate nello show potessero oggi toccarci tanto da vicino. I fan della serie con Will Forte non sapevano neppure di star guardando l’ultimissimo episodio di The Last Man on Earth. O meglio, speravano che la produzione potesse riconfermare lo show anche per una quinta stagione. Invece i lavori si fermarono con la quarta e ultima. Avrebbero dovuto dare un finale a The Last Man on Earth. Una conclusione che chiudesse dignitosamente il ciclo narrativo di questi personaggi a cui il pubblico, con il passare del tempo, aveva finito per affezionarsi.
The Last Man on Earth ci ha lasciati con un epilogo sospeso, non definitivo.
E soprattutto, con qualche rimpianto. Nonostante l’idea di base da cui la serie è partita fosse piuttosto semplice e neanche troppo originale, lo show ha saputo interpretarla con la giusta ironia, offrendo una storia leggera, fresca, digeribile, spensierata, da visione estiva. Ha i suoi buoni motivi per farsi apprezzare, The Last Man on Earth. La comicità demenziale, tipica delle sitcom americane, il format degli episodi, brevi e coinvolgenti, il ritmo della narrazione, mai piatto e ripiegato su se stesso, gli spunti di riflessione buttati qua e là, tra una battuta e l’altra, i colori distesi, le scenografie bizzarre, l’elementarità della fotografia, le citazioni frequenti, i riferimenti al mondo della televisione, la caratterizzazione di alcuni personaggi: man mano che si va avanti con le puntate di The Last Man on Earth se ne apprezzano i risvolti, la semplicità, le battute demenziali e all’apparenza illogiche, i passi in avanti e persino gli inciampi. La cancellazione della serie era nell’aria – motivo per cui gli autori avrebbero potuto pensare ad un finale più auto-conclusivo -, ma è stato comunque un duro colpo per i fan, che nello stesso periodo hanno dovuto fare i conti con altre mancate riconferme FOX come Brooklyn Nine Nine o The Mick.
Abbiamo provato a riassumere le ragioni per cui varrebbe la pena recuperare The Last Man on Earth. Eccone 10.
1) Il rapporto tra Carol e Philip
Uno dei motivi per cui è bello guardare The Last Man on Earth è la relazione tra Philip e Carol, quelli che all’inizio credevamo fossero l’ultimo uomo e l’ultima donna rimasti vivi sulla Terra. Si tratta di due personaggi molto diversi, incompatibili sotto tantissimi punti di vista, eppure incredibilmente affini. Kristen Schaal ci ha messo poco a scaldarci il cuore, facendo sfoggio di un’ingenuità che l’ha resa un libro aperto sin dal primissimo episodio in cui ha fatto la sua comparsa.
Una presenza femminile accanto a Will Forte era necessaria e Carol è stata la spalla perfetta per reggere tutta l’impalcatura narrativa di The Last Man on Earth.
La loro relazione è partita con i peggiori presupposti: nella prima stagione, la necessità di ripopolare la Terra aveva spinto Phil – un po’ per pigrizia, un po’ per rassegnazione – a sposare Carol. Ma da quella relazione “obbligata” è nato poi un rapporto autentico. Superata la prima fase di convivenza forzata, tra Carol e Phil è scoppiato un sentimento sincero, che li ha spinti a scegliersi non perché fossero gli ultimi due esseri viventi sulla Terra, ma perché l’uno avvertiva la necessità dell’altra. La loro relazione, fatta di complicità, amicizia e fiducia reciproca, è stato uno dei motori che ha contribuito a mandare avanti la macchina di The Last Man on Earth.
2) Migliora con il passare delle stagioni
La prima stagione dello show fu accolta benevolmente dalla critica e fece registrare buoni numeri sul piano degli ascolti. Lo script proponeva un topos già visto e rivisto in tv, ma scandagliato con gli strumenti della commedia, è risultato attrattivo per il pubblico di riferimento. The Last Man on Earth però migliora notevolmente con le stagioni. I primi episodi sono piacevoli, ma scorrono con una certa lentezza. A partire dalla seconda, la serie riesce invece a offrire nuovi spunti da approfondire. L‘introduzione di nuovi personaggi, i continui cambi di set, le nuove dinamiche che scuotono il gruppo, rendono tutto lo show molto più interessante man mano che si va avanti con la visione delle puntate. Dalla seconda stagione, la serie riesce a trovare anche una sua identità, non solo dal punto di vista della sceneggiatura, ma anche sul piano stilistico. La sua comicità diventa più riconoscibile, i momenti drammatici vengono introdotti nella trama con maggiore consapevolezza, le sequenze adrenaliniche sono sempre più frequenti. Malgrado qualche fisiologico momento di stasi, The Last Man on Earth ha un’evoluzione positiva che l’ha portata a crescere tanto dalla prima alla quarta stagione. E il rammarico dei fan sta proprio nel non aver potuto avere un capitolo conclusivo nel quale condensare tutto il materiale accumulato, offrendo l’epilogo che avrebbe meritato.
3) Ha dei momenti di drammaticità spiazzanti
È vero, The Last Man on Earth fa della comicità demenziale la sua cifra stilistica. Stiamo parlando di una comedy, un prodotto dai toni leggeri, senza nessun particolare intento pedagogico e lontano dagli accenti cupi e drammatici di una serie tv post-apocalittica. È pensata per far ridere, una risata amara magari, ma pur sempre una risata. Ridere di una tragedia di proporzioni gigantesche, dalla quale possono venir fuori situazioni bizzarre e personaggi stravaganti, è il senso del progetto di The Last Man on Earth. Ma la serie, pur partendo da questi presupposti, ci regala anche momenti di assoluta drammaticità, che giungono in maniera inaspettata e che, introdotti nel bel mezzo di una narrazione frivola e spensierata, assumono un valore diverso. Il personaggio di Mike (Jason Sudeikis), il fratello astronauta di Phil, porta nel gruppo di sopravvissuti una certa dose di malinconica tristezza. La sua scomparsa, come pure i ricordi della vita pre-pandemia, sono tra i momenti più drammatici dello show. Ma non sono gli unici. La morte di alcuni personaggi, l’emergere delle loro debolezze, le riflessioni sul presente e l’incertezza sul futuro, contribuiscono a rendere The Last Man on Earth una comedy in grado di strapparci il cuore con quei brevi ma intensi attimi di autentica e spiazzante drammaticità.
4) L’evoluzione dei personaggi
La serie con Will Forte diventa più interessante nel corso delle stagioni anche perché i suoi personaggi vengono approfonditi con maggiore attenzione. Quelli che all’inizio si presentano come prototipi standardizzati, man mano che si va avanti con gli episodi attraversano un processo di maturazione che ne fa degli individui molto più complessi e contraddittori. Phil è forse l’espressione più chiara di quella metamorfosi che vivono i personaggi di The Last Man on Earth. Nato come soggetto schivo, individualista, bugiardo e allergico alle relazioni con altre persone, pian piano diventa il leader strambo del gruppo, stravolgendo del tutto le sue prospettive e le sue priorità. Uno dei motivi per cui amare il personaggio di Phil è proprio il suo essere un personaggio molto dinamico. E lo stesso discorso possiamo farlo anche per il resto della brigata: Melissa attraversa dei momenti di sconvolgente maturazione interiore, Gail assume un ruolo completamente diverso e molto più centrale a partire dalla terza stagione, Todd diventa un personaggio molto più interessante e così via. Quelle che all’inizio sembrano solo delle figure messe lì per riempire uno spazio, con il passare degli episodi diventano uomini e donne ai quali finiamo per affezionarci.
5) L’ottimismo di fondo
È vero, The Last Man on Earth è una comedy, ma racconta la storia di un gruppo di sopravvissuti dopo una pandemia che ha sterminato la popolazione mondiale. Il futuro post-apocalittico immaginato da Will Forte è dominato dall’incertezza, acuita dalla totale assenza di informazioni sulla nuova civiltà che si va delineando. Una società vera e propria non esiste più, i superstiti cercano di tirare a campare in un mondo in cui le risorse alimentari non sono infinite, il carburante è destinato ad esaurirsi, le centrali nucleari esplodono sprigionando radiazioni, la ripopolazione è a rischio e ogni cosa è avvolta dall’incertezza. Eppure, la serie lascia trapelare ottimismo ad ogni episodio. La prima bambina a nascere nel nuovo mondo è Aurora, una neonata che porta addosso il peso di un pianeta da ricostruire sul deserto di quello precedente.
Ma la cosa bella di The Last Man on Earth è proprio questa: partire dalla convinzione che, nonostante tutto, ci sia qualcosa da ricostruire.
I personaggi della serie tendono a trasmettere sempre messaggi positivi, ci sono pochi disfattisti e il cinismo è ammorbidito da un sarcasmo che comunque – e paradossalmente – getta uno sguardo ottimista sulla fine del mondo.
6) The Last Man on Earth aiuta a riscoprire l’importanza delle piccole cose
Risvegliarsi in un mondo totalmente stravolto ci costringe a riconsiderare le nostre priorità e ad adattarci alla vita nuova che le risorse rimaste ci offrono. I superstiti di The Last Man on Earth devono fare i conti con l’assenza dell’elettricità, la scarsezza delle provviste alimentari, il malfunzionamento della rete fognaria, l’assenza di una rete di assistenza medica e ospedaliera, l’estinzione degli animali, le difficoltà a trovare un partner con cui ripopolare il pianeta e così via. Una delle lezioni che purtroppo abbiamo appreso dalla pandemia è che noi esseri umani tendiamo sempre a sottovalutare l’importanza delle piccole cose, quelle più semplici e banali, quelle che ci appaiono quasi scontate ma che in realtà non lo sono affatto. Come dicevamo, guardare con gli occhi di oggi The Last Man on Earth è profondamente diverso, la visione diventa un’esperienza molto più intima proprio in virtù della tragedia che il pianeta ha vissuto negli ultimi anni. Ma già quando la serie FOX andava in onda, abbiamo imparato a riscoprire l’essenzialità di alcune piccole cose che consideriamo parte integrante della nostra quotidianità e alle quali non diamo neppure un peso, convinti che siano elementi ineliminabili dalle nostre esistenze. E invece lo show con Will Forte punta proprio a lasciarci immaginare un futuro senza le cose più essenziali, come la corrente elettrica, lo sciacquone del bagno, il bacon a colazione, le feste di compleanno. La sola possibilità che cose come queste possano venirci strappate tendiamo a non prenderla minimamente in considerazione. Invece la serie ci lascia apprezzare il valore di tante piccole cose alle quali di solito neppure badiamo.
7) Gli arredamenti delle case
Gli scenografi di The Last Man on Earth hanno potuto dare libero spazio alla fantasia. Senza limiti di spesa, con i negozi di design per interni a completa disposizione, per i superstiti arredare le proprie abitazioni è diventato un hobby. In un mondo in cui nessuno deve più lavorare e il tempo libero a disposizione si è dilatato enormemente, l’attenzione da dedicare alla casa può diventare anche una ragione di vita. Dalla prima stagione, i personaggi della serie hanno cambiato città svariate volte. Con tutti gli edifici a disposizione, dalla villetta famigliare con il giardino all’attico con gli uffici in centro città, gli spazi interni di cui i personaggi si sono impossessati sono stati tra gli più svariati. Ricordiamo il campetto da tennis nell’atrio di ingresso della villa di Phil, nella prima stagione. O il minimalismo delle stanze illuminate del palazzo di uffici in cui il gruppo si rifugia nella terza stagione. O ancora, le invenzioni di Carol e le migliorie apportate da Phil e da Todd in tutte le abitazioni nelle quali i superstiti si sono spostati. Così come per il look del protagonista, anche per l’arredamento degli interni la troupe di The Last Man on Earth si è divertita a immaginare le soluzioni più strambe, dando libero sfogo all’immaginazione. È interessante vedere come anche i set abbiano quindi avuto un’evoluzione stilistica che ha stimolato di volta in volta l’estro degli scenografi, che hanno allestito location interne mai ordinarie.
8) Il ruolo delle cerimonie
Effettivamente in The Last Man on Earth c’è poco di ordinario. Un altro elemento integrante dello show sono le sue cerimonie che, al pari delle canzoncine di Phil, costituiscono uno dei tratti distintivi della serie. Dalla prima stagione, abbiamo visto come ogni morte venga celebrata con una funzione, a metà tra il sacro e il profano. I personaggi che muoiono, al di là della loro importanza all’interno del gruppo, vengono ricordati sempre con un breve elogio funebre in cui Phil prende sempre la parola e al quale il resto del gruppo cerca di partecipare rispettando la solennità dell’evento. Persino per Pat, il pazzo superstite che ha minacciato di ucciderli tutti, i sopravvissuti hanno avuto parole di “elogio”. La cerimonia funebre è una componente ineliminabile dello show e contribuisce a compiere un passo in avanti nell’elaborazione del lutto, che in questa serie segue delle dinamiche tutt’altro che tradizionali. Stesso discorso vale anche per i matrimoni. Nella prima stagione, Carol si è rifiutata di procreare con Phil senza prima aver firmato con lui un contratto nuziale. Al di là del valore legale delle cerimonie, il matrimonio diventa in The Last Man on Earth un simbolo, che esalta l’autenticità dei sentimenti che portano a “fondare” un nuovo patto d’amore e che ci lascia in qualche modo attaccati al mondo come lo conoscevamo prima dell’apocalisse.
9) Ti lascia immaginare una società senza denaro
Il grande assente in The Last Man on Earth è il denaro. A che servirebbero, d’altronde, le banconote in un mondo spopolato in cui non c’è più nulla da acquistare? A niente, appunto. La serie ci lascia immaginare come potrebbe essere una società in cui il denaro perde del tutto il suo valore. A Phil e compagni non servono soldi per comprare il necessario per vivere. Tutto ciò di cui i superstiti hanno bisogno lo offre il pianeta: dal cibo all’energia, dai vestiti agli accessori. L’assenza della moneta annulla anche le differenze sociali tra i superstiti: non importa quanto guadagnassero i personaggi nella loro vita precedente, nel nuovo mondo tutti possono avere accesso a tutto. Phil, che era un precario, può permettersi una macchina costosa tanto quanto un professionista con uno stipendio a cinque zeri. Il denaro è quindi un elemento totalmente superfluo in The Last Man on Earth: non garantisce la sopravvivenza, non stimola la felicità, non serve a scalare la società. È qualcosa di cui fare tranquillamente a meno.
10) La demenzialità esorcizza le paure
Come abbiamo detto più volte, guardare questa serie tv dopo gli eventi del 2020 ha un sapore diverso. L’impatto degli episodi sul pubblico di oggi cambia completamente. Le paure che affliggono i personaggi sono paure che abbiamo toccato con mano. Virus, contagi, pandemia sono termini entrati a far parte anche del nostro lessico, per cui ci risulta più facile empatizzare con le situazioni che vediamo sullo schermo. Dietro le battute di The Last Man on Earth si nascondono anche debolezze e vulnerabilità. Per quanto siano assuefatti al dolore, i personaggi della serie continuano ad essere spaventati, anche se sono abilissimi nel mascherarlo. La comicità dello show serve proprio ad esorcizzare le paure, a renderle più tollerabili. La demenzialità delle battute di Phil serve a coprirsi gli occhi davanti a una realtà che dovrebbe a spingere a tutto fuorché a ridere. L’ottimismo di The Last Man on Earth è dunque anche un modo per non guardare davvero in faccia il nuovo mondo e per rimandare l’impatto con la nuova, drammatica realtà a un giorno che sia il più lontano possibile dal presente.