In pochi avrebbero scommesso sul successo di The Last of Us, soprattutto all’annuncio del cast: Pedro Pascal e Bella Ramsay, già comparsi in Game of Thrones e amati da tutti in quella serie ma considerati dai “puristi” del videogioco poco adatti a interpretare Joel ed Ellie.
Su Bella Ramsay, in particolare, si erano scatenate anche accese (e francamente indecenti) polemiche per il suo aspetto fisico, considerato “non abbastanza attraente” rispetto a quello della controparte videoludica. Anche Pedro Pascal era stato accolto piuttosto freddamente e descritto come “troppo giovane” per interpretare un personaggio che, nel gioco, dice apertamente di avere una cinquantina d’anni (ma nella parte II arriverà a 60). Il fatto che Pascal, al momento, abbia 48 anni, un’età assolutamente compatibile con quella del personaggio del gioco, e che l’invecchiamento scenico sia una pratica ormai sdoganata, non aveva convinto fino alla fine tutti.
I dubbi sull’adattamento del celebre gioco di Naughty Dog sono durati fino a quando The Last of Us non ha debuttato sul piccolo schermo, un anno fa.
The Last of Us
Fin dal debutto, la serie ha dimostrato di avere le carte in regola per giocare un altro campionato rispetto al videogioco, e non certo perché sia migliore: ma, semplicemente, perché le interpretazioni del suo cast, su tutti proprio Pascal e Ramsay, hanno fatto ricredere anche i più scettici.
The Last of Us è arrivata nel momento giusto, anche dal punto di vista storico. Raccoglieva l’eredità di Game of Thrones come serie che si adatta all’esperienza di visione collettiva e raccontava, indirettamente, un frammento di storia contemporanea che tutti avevamo attraversato e da cui ci stavamo cominciando a distaccare emotivamente: gli anni drammatici della pandemia.
Questa serie è stata una riflessione e un’elaborazione collettiva di un dramma globale, arrivata proprio nel momento in cui si stavano verificando le condizioni affinché ci fosse la giusta distanza storica dall’evento, fondamentale per vedere i fatti in maniera obiettiva. Ricordiamo tutti i primi istanti della puntata pilota, ambientati negli anni Sessanta e in uno studio televisivo in cui il dottor Neuman, un micologo interpretato da John Hannah, prevede lo scoppio di una pandemia fungina capace di annientare quasi completamente l’umanità. 35 anni dopo assistiamo agli ultimi momenti di normalità prima della catastrofe di Joel e Sarah, prima che il destino dei personaggi si compia e la civiltà, per come la conosciamo, tramonti per sempre.
The Last of Us ci ha conquistato anche perché è stata la prima serie a elaborare, col linguaggio della finzione, la tragedia collettiva che abbiamo vissuto tutti negli anni della pandemia. Joel ed Ellie sono gli eroi di questa storia, così come tutti noi ci siamo sentiti un po’ degli eroi per essere sopravvissuti, per aver aiutato gli altri, per aver rispettato regole durissime per il bene comune e per aver lottato per non soccombere alla disperazione e altre insidie che la pandemia ha portato con sé.
Una grande storia ha bisogno di grandi interpreti e sia Pedro Pascal che Bella Ramsay sono stati i volti in carne e ossa giusti da accostare a quelli, immateriali, del videogioco. La chimica tra i due attori è stata innegabilmente di fuoco fin dalle prime scene: e non solo perché parliamo di due interpreti di razza, ma anche perché hanno trovato una compatibilità scenica incredibile.
Per Pedro Pascal indubbiamente The Last of Us ha rappresentato la consacrazione: già era il beniamino di tutti grazie al personaggio di Oberyn Martell in Game of Thrones, e le soddisfazioni professionali erano continuate con la sua interpretazione in The Mandalorian. La serie HBO tratta dal videogioco Naughty Dog ha decisamente iscritto il suo nome nell’Olimpo delle star del piccolo schermo, e non immeritatamente: l’interpretazione di Joel, per quanto meno “duro” rispetto al videogioco, ha riscosso unanime successo.
Pascal ha ritratto alla perfezione la complessità del personaggio di Joel, un uomo duro e tormentato dal passato ma anche capace di aprirsi, lentamente, e di costruire un rapporto profondo con un’altra persona che, come lui, è sola al mondo. Un rapporto che, però, si costruisce su basi fragili: la bugia che ha detto a Ellie quando l’ha liberata dal laboratorio segna un punto di non ritorno per il personaggio.
Anche Bella Ramsay ha ipotecato un futuro di successo come attrice grazie a The Last of Us. Portata distintamente a casa la parentesi di “ragazzina forte” in Game of Thrones, che le era valso il plauso di tutti, l’esperienza nei panni di Ellie l’ha resa più consapevole delle sue capacità, dandole modo di cimentarsi in una grande produzione come protagonista, dovendo reggere di conseguenza tempi drammaturgici e interpretativi molto più lunghi rispetto al passato. La giovane attrice britannica ha dimostrato di sapersela cavare alla grande, dando alla sua Ellie la stessa vena sarcastica e ribelle del gioco ma modulando in maniera personalissima le sfumature, regalandoci un’interpretazione di grande livello, in particolare in alcune scene di grande respiro narrativo.
Pensiamo allo scontro tra Ellie e David nel penultimo episodio: una schermaglia a distanza che ha lasciato senza respiro anche i giocatori più consumati, culminata in una mattanza da parte di una Ellie ormai fuori di sé, che alla luce delle fiamme grida tutta la sua rabbia mentre massacra il falso pastore. Ma anche ai toccanti momenti con Sam, il bimbo sordo accompagnato dal fratello Henry che Joel e Ellie incontrano a Kansas City. La genuina speranza di Ellie di poter guarire il bambino, che è stato morso all’insaputa di tutti, si scontra con la dura realtà dei fatti quando, la mattina seguente, Sam tenta di attaccarla e, per proteggerla, Joel dovrà uccidere lui e il fratello.
Un momento che segna una delle tante perdite di innocenza da parte di Ellie, che diventa sempre più cupa e sprezzante mano a mano che prosegue il suo cammino con Joel.
Ma The Last of Us non è solo Pedro Pascal e Bella Ramsay: se questa serie ha avuto successo è perché anche il resto del cast ha svolto un lavoro impeccabile.
Non si può non parlare di questa serie senza citare il magnifico terzo episodio, che rende giustizia a due personaggi che, nel videogioco, erano stati decisamente bistrattati: Bill e Frank. Nick Offerman e Murray Bartlett sono stati le scelte migliori che si potessero immaginare per interpretare due uomini molto diversi ma che il destino unisce in un legame che nemmeno l’apocalisse potrà spezzare.
Si può discutere della scelta di collocare a inizio stagione un episodio così “statico”, ma sulla qualità di Long, long time c’è poco da discutere: da anni non si vedeva sul piccolo schermo una storia d’amore raccontata nel tempo di una puntata in maniera così toccante ed efficace. Colpisce soprattutto il personaggio di Bill, che inizialmente incarna lo stereotipo dell’americano complottista, cultore delle armi e misantropo e che l’incontro con Frank, distinto e colto, rivela per quello che è davvero, un uomo burbero ma capace di amare.
Bill e Frank incarnano le due facce dell’America, i conservatori sospettosi delle novità e i democratici aperti al cambiamento: per questo funzionano così bene.
Anche gli altri comprimari hanno lasciato il segno in The Last of Us: la divina Anna Torv, già vista e amata in Mindhunter, è una Tess algida e determinata, l’unica all’altezza del cuore di Joel. Così come la Riley di Storm Reid è la vera anima gemella di Ellie: le due sono protagoniste di una storia d’amore ingiustamente corta, nonché di uno degli episodi più concitati e cruciali della serie, che svela quanto sia speciale la piccola Ellie.
Un cast, quello di The Last of Us, pieno di donne decise e risolute: come Marlene, interpretata da Merle Dandridge, una leader forte e sicura di sé, disposta a tutto pur di dare una speranza all’umanità. Un personaggio che rappresenta un’altra faccia del sentimento che Joel ritrova, l’amore e la cura per un’altra persona, con la differenza che Marlene vuole curare l’umanità, anche a discapito della vita di Ellie. Due personaggi che non possono che scontrarsi perché, nonostante siano animati dall’amore, la finalità con cui lo esercitano è radicalmente e drammaticamente opposta.
The Last of Us ci ha incantato con una storia forte a cui mancavano dei volti reali, in carne e ossa, che potessero reggere il confronto con i personaggi animati. Nonostante l’iniziale diffidenza di molti fan del videogioco, possiamo tracciare un bilancio decisamente positivo della performance dei protagonisti e questo ci rende ancora più fiduciosi che, nella seconda parte, le aspettative di tutti saranno più che soddisfatte.