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Cosa significa quel “okay” che chiude la prima stagione di The Last of Us 

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Ellie: “Giurami che tutto quello che mi hai detto sulle luci è vero”. – The Last of Us

Joel:“Lo giuro”. Ellie: “Okay” – Discorso finale in The Last of Us

“Okay” è l’ultimo atto che chiude la prima stagione di The Last of Us ed è probabilmente una delle parole più facili da pronunciare, persino per un bambino che non ha ancora imparato ad adattarsi al mondo dei grandi. Quella che invece sussurra Ellie non è una semplice sequenza di lettere ma un intero universo. Quella risposta, apparentemente banale, nasconde un’infinita concatenazione di concetti, e spinge a un’attenta riflessione sulla fiducia (e indirettamente sulla morale). Ellie sembra credere alla spiegazione di Joel su quanto accaduto nel laboratorio medico, e cioè che le Luci hanno scoperto altre persone immuni e non stanno più cercando una cura – Non stanno più cercando di sconquassare il cervello di Ellie per ottenere un vaccino.

La realtà è un’altra: Joel ha ucciso Marlene e i medici per salvare Ellie. Li ha fatti fuori tutti per permettere a se stesso di abbracciare una bambina a cui si è aggrappato per bruciare i suoi fantasmi interiori, come cenere. The Last of Us si chiude quindi con una serie di interrogativi, e con una dannata considerazione su ciò è giusto o sbagliato omettere: mentire può essere lecito? Se la verità può considerarsi una fonte di eticità, la bugia rifugge dalla morale anche quando è detta a fin di bene? 

Per Kant la bugia, indipendentemente dalla sua natura, mina la fiducia di qualsiasi rapporto. Esiste solo e sempre verità.

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Nel 1797, Kant pubblica un articolo in risposta a Constant, il filosofo che qualche anno prima aveva sostenuto con certezza che mentire può essere lecito, addirittura un dovere in alcune occasioni. Kant, contrariamente alla tesi del collega, ribadisce l’universalità del dovere di dire sempre la verità, e che mentire minerebbe la stessa possibilità di fidarci gli uni degli altri. Per Kant mentire è addirittura una violazione del dovere che l’uomo ha verso la legge morale che abita dentro se stesso. Come uno cattivo scherzo del destino, l’ultima puntata di The Last of Us fa compiere ai due protagonisti due scelte differenti che si collegano al concetto di fiducia esaminato in precedenza: Ellie, che fino a qualche puntata precedente aveva mentito a Joel sul fatto di non aver ucciso nessuno prima di incornare l’uomo, decide di sbandierare la verità su una strada deserta ma piena di amore. Ellie si mette a nudo come se dinanzi a lei ci fosse finalmente un padre a cui donare ogni piccolo brandello di anima, e gli racconta di aver ucciso la sua migliore amica Riley nel momento in cui è stata morsa da un clicker: un momento crudo come un marciapiede dove non batte mai il sole. (Qualche ora prima aveva negato).

In The Last of Us Joel ha scelto di proteggere il suo piccolo mondo, anche a costo di non trovare un vaccino

Joel e Ellie

Proprio in quei minuti finali, nel dialogo che sancisce la fine della prima stagione, Ellie dona verità per ricevere in cambio altrettanta verità, ma Joel mente. Joel decide di nascondere la verità per un motivo che a lui, un po’ come a tutti noi, sembra valido come acqua nel deserto. E allora il dibattito tra Kant e Constant può tornarci utile per esaminare il valore di una bugia: sarebbe moralmente sbagliato mentire a Ellie per tutelare Ellie stessa? Mettiamoci nei panni di Joel e proviamo a sposare la causa di un padre che ha perso sua figlia nel bel mezzo di una fuga da una banda di infetti. Mettiamoci ancora nei panni di un uomo che ha ricucito le ferite del suo cuore con l’aiuto di Ellie, e che in quella bambina vede i riflessi della sua piccola Sarah, e delle sue mani acerbe come i fiori in inverno.

Joel ha deciso di salvaguardare il suo mondo e quello di Ellie perché, per un piccolissimo istante, ha pensato che quel minuscolo pezzo di universo ha più importanza dell’essere umano in generale. Se Joel avesse detto la verità a Ellie probabilmente quest’ultima avrebbe cercato di sacrificarsi ancora una volta per il bene degli altri, lasciando da solo un uomo che l’amava più di ogni altra cosa, persino più dell’aria. Persino più della verità. La scelta finale di Joel in The Last of Us può sembrare quindi egoista, ma come facciamo a misurare l’egoismo quando si tratta di affetti? 

“Okay”, come il rombo di un tuono in lontananza. Ma anche come un pugno nello stomaco. Perché in fin dei conti, Joel sa che con quella versione dei fatti, ha minato la fiducia di Ellie, e ‘lo giuro’ a fine dialogo sembra un boccone durissimo da mandare giù. “Okay” come la consacrazione di un amore nato tra fuoco e clicker, come il riflesso di un granello di sabbia che trova finalmente il suo posto nel deserto, e, ancora, “Okay” come riconoscenza di una fragilità che accomuna tutti i bambini quando ci si arrende al bene di un padre. Perché da un padre aspetti sempre e solo fiducia. The Last of Us, così come il videogioco da cui è tratta, fa cadere gocce di esistenzialismo dinanzi ai nostri occhi e offre una visione totalizzante dell’essere umano, una prospettiva esistenzialista in cui ogni uomo è chiamato a farsi strada nel nome di una scelta che ci è organicamente data come il dito di una mano. La scelta di Joel appare chiara: curare il rapporto che lo ha reso di nuovo un uomo che respira. “Okay”, ma a quale prezzo? La seconda stagione di The Last of Us proverà a rispondere a questo interrogativo.