Attenzione! L’articolo contiene spoiler sul primo episodio di The Last Of Us.
Il virus comanda gli uomini: dice loro dove andare, cosa fare e soprattutto come muoversi. Come un burattinaio con una marionetta. Il virus si deve nutrire, deve mangiare e così divora dall’interno il suo ospite sostituendosi al corpo inerme e affranto. Ma non lascia morire la sua vittima. No, sarebbe troppo facile. Mantiene in vita la marionetta arrestandone la decomposizione con un unico obiettivo: diffondere l’infezione fino all’ultimo essere umano in vita. Fino all’ultima briciola di vita.
È proprio la vita che si rincorre in The Last Of Us, in un lento e costante declino. Come un bambino che rincorre l’aquilone al parco. Ma l’aquilone, una volta lanciato, sembra lontano, in alto dove le mani tendenti al cielo non possono arrivare. Il bambino coraggioso, allo stesso tempo, fa di tutto per restare ancorato all’aquilone con lo sguardo e, fiducioso, non demorde. Guarda la scia candida anche se lei cerca di nascondersi tra le nuvole stanche, dietro la luce accecante del sole. Altresì in The Last Of Us la vita va cercata anche se si cela dietro armi e zone di quarantena, anche se spesso viene scambiata con il suo nemico di sempre, la morte.
Lasciandosi alle spalle grosse aspettative e critiche primordiali, The Last Of Us è finalmente arrivata a scaldarci il cuore: il primo episodio è andato in onda in esclusiva su Sky (e in streaming solo su NOW) nella notte che separa la domenica e il lunedì, e un nuovo episodio in lingua originale sarà disponibile sempre in esclusiva su Sky tutti lunedì alle 3 AM in contemporanea con gli USA, con lo stesso episodio che andrà in onda in lingua italiana il lunedì seguente.
La serie, fin dalle primissime battute, ci tiene subito a ribadire un concetto fondamentale: nessuno si sentirà orfano del gioco. Ed è esattamente quello a cui ho pensato quando le immagini riflesse nello schermo di casa mi hanno riportato con la mente al lontano 2013, quando il capolavoro videoludico della Naughty Dog ha stravolto le vite dei giocatori. La serie, superando ogni più rosea immaginazione/previsione, fa molto di più, donando, incessantemente, a quelle immagini un senso di solennità fuori dagli schemi convenzionali.
The Last Of Us è un adattamento sublime
Il Pilot di The Last Of Us cerca di portare la storia del gioco in un contesto che ha l’obiettivo di aumentare la profondità delle azioni e delle parole, introducendo una tragedia lontana dai classici canoni di uno show apocalittico di sopravvivenza. Come se fosse spaccato in due segmenti principiali ma differenti, il prologo ci fa sentire tutta la sua importanza affidandosi alla presentazione della quotidianità dei protagonisti con un ritmo soave e istantaneo. Più tardi, questi frammenti esplodono e il rumore sovrasta i silenzi, il caos si fa spazio annullando ogni pragmatica certezza : il viaggio, dalle mura di casa, diventa di portata universale, on the road. Ma andiamo con ordine.
The Last Of Us non è un racconto qualunque. La vita di tutti i giorni viene ribaltata come un calzino in lavatrice da un’epidemia globale: il fungo Cordyceps. Gli infettati si trasformano in bestie senza autocontrollo e la popolazione mondiale perde i suoi pezzi più cari ad ogni ora, ogni minuto. Lungo un asse che percorre 20 anni, il protagonista Joel ha perso sua figlia durante una fuga dalle bestie, tra le sue braccia, a contatto con l’ultimo respiro che la vita le ha donato. Questo è il primo grande momento di forte emotività che lo show porta nelle nostre case e con cui, grazie a un’intensità pazzesca e travolgente, cancella il divario con il gioco. A poco più di Vent’anni da quella tragedia, Joel è un uomo stanco e cinico, privo di qualsiasi speranza verso l’umanità. È un contrabbandiere astuto che vive in un mondo in cui il governo domina l’ordine pubblico, istituendo vere e proprie zone di quarantena. A questa autorità si ribellano ‘Le Luci’, un gruppo di reazionari che intende abbattere il buio, l’incubo da cui cercano di uscire da molto tempo, troppo tempo.
L’episodio ci presenta l’altra grande protagonista nella seconda parte: è Ellie, una ragazzina che sembra essere la chiave di svolta per ribaltare il destino dell’umanità. In questo abisso profondo e lugubre, Joel e Ellie sembrano essere usciti dal gioco per entrare, con linearità e coerenza, nella serie. Nel primo episodio la loro caratterizzazione ha rispecchiato in maniera fedele il gioco, quasi come se i produttori avessero messo uno specchio davanti alla console. I protagonisti si prendono il loro tempo per farsi conoscere in un continuo alternarsi di immagini molto simili alle sequenze della playstation e con la voglia di raccontare quel mondo annichilito di cui fanno parte. Pedro Pascal e Bella Ramsey hanno un’attenzione quasi spasmodica verso la controparte ludica, entrano in maniera sublime nei panni di due personaggi amati tanto dai fan e per questo molto difficili da interpretare senza il peso energico dei giudizi.
The Last Of Us è impregnata di un’estetica quasi cinematografica. La fotografia, in questo senso, battezza sempre la stessa linea d’onda, riservando molto spazio ai contorni, alle strade, ai tumulti, ai colori. Persino l’orologio di Joel, in una scena finale, viene inquadrato come fosse un protagonista, in un modo quasi refrattario e per diversi minuti con lo scopo di riportarci indietro nel tempo, a quando quello stesso orologio fu fatto riparare dalla figlia di Joel come regalo di compleanno: un ricordo che ha lo stesso obiettivo della crema dopo sole – curare la scottatura. È una scelta stilistica e vincente che HBO contempla nei suoi prodotti per emozionare lo spettatore attraverso la forza delle immagini, attraverso gocce di esistenzialismo che recano piaceri.
Una spiegazione più realistica della pandemia rispetto al gioco
L’opera televisiva riserva alla spiegazione dell’epidemia un’attenzione cocente e, in egual misura, la trattazione tangibile dei fenomeni acquisisce un peso maggiore rispetto al gioco. La risonanza è talmente forte da farci ricordare, ad ogni annuncio di quarantena e nuova infezione, la nostra storia recente, la pandemia, il Covid 19 e tutti i sogni bruciati insieme al virus. La serie offre poi una visione totalizzante dell’essere umano, una prospettiva esistenzialista in cui ogni uomo è chiamato a farsi strada nel nome di una scelta che ci è organicamente data come il dito di una mano. Una dimensione impattante e a tratti spaventosa perché ri-scopre il caos interiore di ognuno di noi. The Last Of Us cerca nell’introspezione dell’ego la forza della natura e nei sentimenti la carezza che spegne il dolore umano.
The Last Of Us è dolore ma allo stesso tempo cura. Le ferite che poco a poco si aprono davanti ai nostri occhi vengono rimarginate dai protagonisti e dalla voglia con cui cercano di guardare sempre al di là degli incubi. L’introduzione della serie HBO è esemplare, un esempio lampante di come si possa fare una trasposizione nel migliore dei modi. Non avrei mai pensato che il gioco potesse essere rivestito di una carica universale così alta, ma bisogna ammettere che questo prodotto ha raccontato, almeno per il momento, una storia degna rispetto al materiale di partenza. C’è una canzone dei The Lumineers che riflette il senso di The Last Of Us, di questa odissea straordinaria che è appena iniziata ma che promette già grandi cose. Il testo si intitola ‘Sleep On The Floor’ e in alcuni emblematici versi la melodia segue queste parole: “Se il sole non splendesse su di me oggi e se le metropolitane si allagassero ed i ponti crollassero ti lasceresti andare e ti scaveresti la tua tomba O marceresti contro il giorno della tua morte?”
Riallacciandoci all’incipit iniziale vi diciamo che Joel e Ellie sono pronti a marciare contro la morte per vedere la vita. La vita, come l’aquilone, va inseguita a tutti i costi, anche se i ponti crollassero e le metropolitane si allagassero.