Videogiochi e serie tv, due mondi più simili di quanto si potrebbe inizialmente pensare, ma che per molto tempo hanno viaggiato su diversi binari senza incontrarsi. Nel 2023, tuttavia, la situazione pare essere cambiata drasticamente e il mondo videoludico, già da alcuni anni, è diventata la nuova miniera da cui attingere le idee per la creazione, oltre che di pellicole cinematografiche, di ambiziose produzioni seriali. Grazie alla loro varietà rispetto a formato e genere, i videogiochi sono parsi materiale sì assai appetibile, ma anche di difficile resa. Come portare, d’altra parte, in scena in modo accattivante storie che nella loro controparte videoludica prevedevano non solo particolari trame ambientazioni, ma anche una componente proattiva da parte del giocatore? Come vincere le ritrosie da parte degli appassionati? Serviva un prodotto che superasse qualsiasi dubbio e che facesse da apripista e questa è stata The Last of Us, serie da record di HBO basata sull’omonimo gioco Playstation della Naughty Dog e supervisionata da Neil Druckmann.
Inutile negarlo: The Last of Us ha segnato un precedente che non può essere ignorato, raggiungendo degli standard che il pubblico di certo non dimenticherà e che finiranno per forza di cose per condizionare le future produzioni seriali basate sui videogame.
Ma perché proprio The Last of Us?
La serie di Pedro Pascal non è infatti di certo la prima che va a trasporre su schermo un progetto videoludico e neppure l’unica ad aver dimostrato una certa qualità, ma è stata quella che, per risonanza e recezione da parte del pubblico è stata meglio accolta! Prima di lei avevamo avuto modo di visionare Halo, accolta da giudizi misti da critica e pubblico, e la detestata serie Netflix su Resindent Evil: prodotti che non sono riusciti a convincere quanto preventivato e che non sono mai stati in grado di divenire fenomeni di massa. Caso diverso riguarda invece le serie animate che, in virtù del differente modo di portare su schermo situazioni e personaggi, sono riuscite a farsi meglio apprezzare, senza tuttavia riuscire a diventare mainstream quanto serie in live action.
Nonostante il grande successo riscosso da parte della propria nicchia, serie come Cyberpunk: Edgerunners, Castelvania e Arcane (un vero e proprio gioiellino) non sono ancora riuscite a farsi notare anche dal grande pubblico generalista -almeno non ai livelli di The Last of Us– che tendenzialmente continua a sottovalutare il potere delle serie animate relegandole a prodotti di serie B.
Ma restando nel campo dei live action, quello che The Last of Us ha capito e che ha deciso di portare avanti nel corso della propria prima stagione è l’importanza del gioco di equilibrismo volto tanto ad accattivare tanto gli storici videogiocatori e i conoscitori del brand quanto a rendere i propri contenuti accessibili anche a neofiti e curiosi andando per forza di cose a ridurre le sezioni tipiche di un gameplay (come i numerosi scontri e le parti di esplorazione) per contestualizzare e approfondire meglio personaggi e ambientazioni.
Tradire l’opera madre quanto basta per renderla coerente con i tempi e i format televisivi senza però sacrificarne gli aspetti più importanti, le tematiche e la spettacolarità, perché di questo si parla!
E se già è stato difficile riuscire a raggiungere standard così elevati per quanto riguarda la rappresentazione di un mondo sì post-apocalittico, ma comunque piuttosto verosimile, immaginate quanto sarà complicato rendere visivamente e narrativamente i tanti altri videogiochi già annunciati dalle varie piattaforme streaming, come God of War, Fallout o Horizon Zero Dawn. Difficile, certo, ma forse non così impossibile, sempre a patto che si possa contare su un cospicuo e solido budget e su idee ben chiare in fase di scrittura. Tante sono infatti le opzioni da mettere in campo a seconda del videogame prescelto: riprendere la storia principale riadattandola per l’occasione o cercare di porsi come sequel, prequel o spin-off rispetto ai fatti narrati. Opzioni valide in entrambi i casi, ma che, come per tutte le cose, presentano i propri pro e i propri contro.
Meglio riproporre pari passo una storia che, per quanto ben fatta, è già conosciuta da una buona fetta di pubblico oppure ampliarne la mitologia, i personaggi e le tematiche, prendendosi talvolta qualche libertà di troppo in nome dell’autorialità e del passaggio tra diversi media rischiando così di perdere la fetta di fan hardcore del gioco? Scelta sicuramente non semplice ma che può contare come illustro interprete di questa esigenza proprio The Last of Us di HBO che, pur mantenendo un’inattaccabile fedeltà di base con tanto di riprese, di toccanti dialoghi e iconiche inquadrature pari pari all’opera originale, sceglie talvolta di ampliare anche i propri orizzonti, regalandoci alcuni tra i momenti più alti di tutta la serie, come l’approfondimento dei personaggi di Bill e Frank e i meravigliosi prologhi dei primi due episodi.
Inutile dirlo, il discrimine tra un ottimo e un pessimo lavoro sta nella consapevolezza della sua scrittura: conoscenza perfetta dei suoi personaggi e del mondo in cui si trovano a vivere, una coerenza di fondo che sembra essere mancata non solo in alcune serie, ma anche in tanti film tratti dai videogiochi, come il film su Assassin’s Creed (brand i cui diritti ora sono nelle mani di Netflix che si accinge a produrne una serie).
Ma, con tutta la buona volontà e tutti i buoni propositi del mondo, siamo davvero pronti a imbarcarci in questo nuovo oceano di trasposizioni videoludiche? Se infatti per i motivi già citati ci sentiamo al sicuro di fronte ad annunci di nuove serie animate come quella di Tomb Raider, non possiamo dirci altrettanto fiduciosi nei confronti di serie live action come quella su Horizon Zero Dawn e Pokémon di Netflix o di quelle di God of War, Mass Effect e di Fallout, prossimamente su Amazon Prime Video. Oltre a un’ottima sceneggiatura quello che pare davvero indispensabile è un budget davvero consistente ed elevato: quante risorse serviranno per rendere credibili le famose macchine che la Aloy di Horizon dovrà affrontare durante la sua missione per salvare la Terra? Come riuscire a rendere credibili gli spettacolari e adrenalinici scontri in cui Kratos si ritrova coinvolto in God of War?
In questi casi la linea che separa questi prodotti dall’essere dei potenziali piccoli capolavori al rischio di un fallimento su tutti i fronti, nonostante il grande esempio fornito da The Last of Us, è ancora sottilissima. Non possiamo conoscere con esattezza quel che sarà di queste serie e come esse si porranno rispetto agli esempi del passato, quel che è certo, però, è che, dopo la serie post-apocalittica di HBO, nessuno potrà dire che la speranza di un’ottima trasposizione seriale sia solo un’utopia, un sogno irrealizzabile.