The Leftovers è il drama americano della HBO ispirato all’omonimo romanzo di Tom Perrotta, che ne ha curato la sceneggiatura insieme a quel Damon Lindelof che ha dato i natali a Lost. Qui vi spieghiamo perché dovreste assolutamente vederlo nel caso in cui non abbiate già provveduto a farlo, mentre ciò che ora prenderemo in analisi è la conclusione di quest’opera divisa in tre atti corrispondenti ad altrettante stagioni, quell’episodio finale che ha avuto l’annoso compito di chiudere un cerchio apertosi con la sparizione del due per cento della popolazione mondiale e proseguito attraverso le parabole esistenziali di coloro che sono stati risparmiati dall’accaduto (the leftovers significa “gli avanzati, i rimanenti, i rimasti“) e hanno dovuto farci i conti.
Il libro di Nora: l’intenso finale di serie di The Leftovers.
Mi chiamo Nora Elizabeth Jamison Durst. Sono nata il 18 Novembre 1979. Questa è una copia del giornale di oggi. Oggi stesso mi riunirò a loro. Parto per raggiungere i miei figli, Erin e Jeremy. Sono pronta per andare.
Il sipario si apre con questa dichiarazione di intenti. A compierla è Nora Durst, la persona con la quale il destino scritto dalla Scomparsa è stato in assoluto più crudele. Malgrado la percentuale di scomparsi sia irrisoria rispetto al totale della popolazione mondiale, la famiglia di Nora vi rientra per intero. Marito e figli sono svaniti nel nulla, lasciando al loro posto un vuoto da cui Nora non ha mai smesso di essere divorata. È proprio nel tentativo di colmarlo che la donna si mette sulle tracce di un misterioso team di fisici che dichiara d’aver costruito una macchina in grado di smaterializzare i corpi e condurli nel luogo in cui gli scomparsi sono finiti. Dopo aver ricevuto istruzioni sul funzionamento del congegno e aver detto addio a suo fratello Matt, Nora si appresta a partire.
Sembra il preambolo della risposta al grande interrogativo che attraversa la trama: dove sono finiti gli scomparsi?
La scena successiva mostra una Nora visibilmente avanti con gli anni, che lavora presso una fattoria di campagna e si fa chiamare Sara. La vita ordinaria che sembra portare avanti viene scossa dalla notizia che un uomo di nome Kevin sta chiedendo di lei. Nora prova a respingere quel rigurgito del suo passato fingendo di non conoscerlo, ma quando Kevin si presenta alla sua porta non le resta che affrontarlo.
La versione dei fatti che le viene fornita non la convince. Kevin sostiene di essersi recato in Australia per una vacanza e di averla riconosciuta mentre era in sella alla sua bicicletta, ponendone il loro ricongiungimento come il frutto di una semplice coincidenza. Inoltre, di tutto ciò che hanno condiviso sembra ricordare soltanto l’occasione in cui si sono conosciuti.
Kevin invita Nora a un ballo. Lei rifiuta in malo modo e lo manda via, salvo poi presentarsi all’appuntamento e ritrovarsi a quello che è in realtà un matrimonio.
Per i due, è l’occasione di parlare approfonditamente. Kevin racconta a Nora di suo padre, dei suoi figli, dell’arresto cardiaco che ha subito. Non si è mai risposato, dopo il divorzio: è sempre rimasto in attesa che lei tornasse.
È il giorno successivo, quando raggiunge Nora alla fattoria, che Kevin getta la maschera e mostra il vero volto delle sue azioni.
Vuoi sapere come ti ho trovata? Vuoi la verità? Quando Matt mi ha detto che eri morta non gli ho creduto. Non potevo. Io— sentivo che eri ancora viva, e che ti avrei vista di nuovo. E poi Matt è morto, e tu non eri al funerale. Questo doveva convincermi, ma non potevo credere che era l’ultimo incontro, in quella camera d’hotel del ca**o prima che dessi alle fiamme il suo ca**o di libro. Avrei giurato che fossi ancora viva anche se il mondo intero ti avesse data per morta. Cristo, io—non potevo rassegnarmi. Perciò ho deciso che sarei venuto a cercarti, cominciando dal luogo in cui ti avevo persa.
Colpita dalla confessione, Nora abbassa le difese e decide di svelare ciò che è accaduto quando, anni or sono, si è prestata all’esperimento utile a ritrovare gli scomparsi.
Qui abbiamo perso alcuni di loro, ma dall’altra parte, loro ci hanno persi tutti.
Mondo speculare, realtà alternativa, dimensione parallela: non ci è dato sapere in cosa consista l’altra parte citata, ma quel che è certo è che lì è stato il 98% della popolazione a sparire, quello stesso 98% che per Nora, Kevin e per noi spettatori rappresenta la fetta dei sopravvissuti.
Un ribaltamento che lascia esterrefatti.
Dopo un lungo peregrinare in quel non meglio definito altrove, Nora è riuscita a rintracciare i suoi figli. Li ha visti uscire da quella che è stata la loro casa insieme al padre e a una donna in cui ha riconosciuto il proprio rimpiazzo. Li ha visti irrefutabilmente felici, e ha capito. Ha capito che non c’era spazio per lei nella scena che le si parava davanti; ha capito che non era il suo posto, quello che aveva ricercato tanto spasmodicamente e in cui era giunta. Lo ha capito ed è riuscita in ciò che non era mai stata capace di fare: lasciar andare.
Forte di questa nuova consapevolezza, Nora ha cercato il creatore del macchinario e gli ha ordinato di costruirne un altro tramite cui essere rispedita indietro.
Il finale di The Leftovers non è un punto di approdo per l’intreccio, ma per il viaggio compiuto dai protagonisti.
La risoluzione non si preoccupa di essere esaustiva né tanto meno credibile. Il resoconto di Nora si pone ai limiti del fantascientifico e glissa totalmente — e volutamente — su qualsivoglia aspetto tecnico della sperimentazione che l’ha vista fare da cavia. Il tutto è posto in maniera fattuale, senza tesi né prove ad avvalorarlo. D’altronde quella di Nora non è una deposizione, ma una confessione intima, una pagina di diario recitata a voce alta. La scelta di far raccontare anziché di mostrare è, in tal senso, pienamente indicativa: il focus della narrazione non è sull’esito dell’esperimento, ma sull’impatto che esso ha avuto su Nora, così come il fulcro della serie non è mai stato la Scomparsa, ma ciò che ha provocato in chi l’ha scampata.
Il vero nucleo tematico di The Leftovers corrisponde al dramma della perdita e della mancanza di senso che, a conti fatti, è ciò che risulta più intollerabile per la mente umana, perennemente alla ricerca di perché con cui appianare inquietudini, dubbi e paure. Ma questi non sempre risultano rintracciabili. Dietro la sparizione di massa non c’è una ragione, un piano divino, una dinamica chiarificatrice; è una macrotragedia pura e semplice che si ramifica in quelle di coloro che ne sono stati indirettamente colpiti. Il finale non ci spinge all’indietro, alla radice degli avvenimento da cui la storia ha preso le mosse, ma in avanti, verso un futuro che i personaggi, rimasti al giorno della Scomparsa, sembravano destinati a non dover vivere. Nora ha trovato il coraggio di aprirsi a quel futuro quando ha smesso di piangere la sua famiglia; adesso, con Kevin al suo fianco, è pronta ad afferrarlo a piene mani.