“È insopportabile. Poter guardare attraverso quella porta e vedere tutte le persone che potevi essere, sapere che di tutte è questa quella che sei diventato”. Le nostre tante possibilità di essere altro da noi, le nostre revisioni storiche, la Storia cambiata dagli uomini, altri persone, altre azioni, altro destino. The Man in the High Castle è un Attraverso lo Specchio ucronico e distopico, finora uno dei migliori prodotti seriale originali di Amazon Prime. La citazione sono le ultime parole di John Smith (Rufus Sewell), l’uomo dal nome più comune possibile e diventato capo supremo delle SS, Il suo potere è inversamente proporzionale alla banalità del nome ma non è stato sufficiente a fermare l’avanzare della Storia, una delle tante possibili in The Man in the High Castle.
La banalità del male
John Smith, l’uomo qualunque, un John Doe, un senza passato. Quasi un uomo senza qualità, schierato dalla parte del male che porterà anche nella sua famiglia. L’idea originale del libro di Philip K.Dick, La Svastica nel Sole non viene manipolata ma arricchita con la creazione del SS Oberst–Gruppenführer John Smith dalla mente geniale di Frank Spotniz, l’ideatore di The Man in the High Castle. Nella realtà sovvertita in cui sono la Germania ed il Giappone a vincere la guerra, in cui il nazismo ha potuto rigenerarsi, John Smith è la banalità del male fatta persona ed è uno dei motivi che rendono questa serie un’opera potente. John Smith è americano, ha servito l’esercito degli Stati Uniti fino a quando la Germania prende il potere accelerando i tempi con una bomba atomica su Washington. Senza essere colpito da dubbi e anche affascinato dalla potenza dimostrata dai vincitori, sceglie di unirsi a loro per salvare la sua famiglia ma anche e, forse, soprattutto la sua vita.
Il male spesso si sceglie per motivi prevedibili, semplici, che si innestano sul primordiale istinto della conservazione. L’uomo comune John Smith cambia casacca senza rimorsi e inizia la sua salita al potere. L’uomo comune John Smith prospera e acquisisce potere stando dalla parte degli usurpatori. L’uomo comune resta tale fino a quando la sua famiglia non viene colpita nel vivo a causa del figlio maggiore Thomas che si scopre soffrire di una grave malattia e che lo rende obiettivo di epurazione. La banalità del male sfodera il suo senso di tragica ironia e Thomas subirà la fine prevista dalle leggi naziste che non ammettevano disabilità di sorta. Per un breve momento John Smith resta solo padre ma poi prevale la sua omologazione, non rischiare per portare a casa la pelle. Come il più comune degli uomini, riprende il suo cammino. Aver creato questo personaggio ha fatto fare un salto di qualità alla storia originale di Philip K. Dick e rendere The Man in the High Castle una sua bellissima e perfetta costola nonostante alcuni difetti che comunque si lasciano perdonare a favore di sviluppi di trama come per il John Smith del mondo alternativo, senza divisa e senza potere, che si immola per salvare la partigiana Juliana Crain (Alexa Davalos) dall’essere uccisa da un emissario nazista inviato proprio dal suo alter ego nel mondo altro .Philip K. Dick non avrebbe saputo scriverlo meglio.
La porta della percezione
The Man in the High Castle è un lungo viaggio verso la porta al mondo alternativo dove le due potenze, Germania e Giappone, non hanno vinto la guerra e dove il mondo e i singoli esseri umani possono trovare una seconda occasione. Il cammino fino alle soglie della porta del passaggio con le vite alternative è un perfetto diorama della realtà distopica assieme allo sviluppo di alcuni personaggi, soprattutto di quelli entrati dalla porta della percezione degli sceneggiatori, dal loro mondo parallelo. Come sempre i villain sono i caratteri più interessanti. Nel blocco giapponese l’Ispettore Kido (interpretato da Joel de la Fuente, personaggio creato dagli sceneggiatori) è una sorta di samurai feroce e spietato, a difesa del suo paese. Implacabile nell’applicare il suo codice d’onore, un modo per dimostrare fedeltà estrema all’Imperatore e tenere a bada i demoni che si porta dentro, per i quali non ha sfogo emotivo con la famiglia lontana.
In rari momenti crediamo, speriamo, in una sua redenzione, al sopravvento della parte umana da un breve lampo negli occhi. Le emozioni intraviste vengono prontamente azzerata dalla violenza delle sue azioni. Una grande intelligenza asservita al male. Tanto il male è radicato in Kido quanto il bene lo è in Nobusuke Tagomi (Cary-Hiroyuki Tagawa) il vero viaggiatore nel tempo, l’unico che abbia attraversato più volte la porta del multiverso, che abbia vissuto e compreso la percezione che questo passaggio tra i due mondi metteva a disposizione. Come Ministro del Commercio si è spesso trovato a che fare con il suo opposto Kido ma la violenza è sempre rimasta lontano da lui fino a quando si troverà costretto ad uccidere e resterà segnato dall’esperienza. Tagomi consulta spesso il libro de I Ching e ne ha permeato totalmente il significato ed i concetti. È il libro dei mutamenti, gli esagrammi stessi contengono linee che mutano al proprio interno. Le cose non sono come sono, ogni situazione è a se stante ed è valida in quel momento. Il futuro è una tendenza, un movimento che gli uomini, con le proprie azioni, possono determinare in un modo o nell’altro. Jung deriva da I Ching il concetto di sincronicità che mette in relazione la coincidenza degli eventi nello spazio e nel tempo, non la casualità al proprio centro ma un legame tra di essi così come crede nell’interdipendenza tra l’evento stesso e chi lo osserva. Tagomi è dunque l’oracolo del mondo alternativo, il suo vero custode. The Man in the High Castle sarebbe potuta essere ancora più straordinaria se il personaggio di Tagomi non fosse stato eliminato per motivi legati agli impegni di Cary-Hiroyuki Tagawa, l’attore che lo interpretava.
Ma ce lo insegna Jung che non si è trattato di un caso, evidentemente la porta della percezione doveva restare chiusa per noi osservatori/spettatori, almeno in questo mondo, Nell’universo altro forse ne scopriremo uno spiraglio rivedendo questa pregevolissima serie.