4) UNA GAMMA DI PERSONAGGI ETEROGENEI
Sono molti i protagonisti di The Man in the High Castle.
Ognuno con una storia e un peso autentico
Al centro degli eventi un trittico importante e diversificato. Da un lato la protagonista Juliana Crain (Alexa Davalos). Algida, tormentata e alla ricerca di risposte. Dall’altro Frank Frink (Rupert Evans), il fidanzato di lei, ferito per la perdita della famiglia. Nel mezzo la misteriosa e ingombrante figura di Joe Blake (Luke Kleintank).
Sullo sfondo aleggiano le massime autorità del Reich e dell’Impero, assorbite dalla tensione che si registra tra i due paesi. I giapponesi si mostrano nelle loro formalità e in quello stereotipato senso dell’onore, mai spezzato dalle bombe su Hiroshima e Nagasaki. I ruoli di Nobusuke Tagomi (Cary-Hiroyuki Tagawa), ministro del commercio nel ministero giapponese di San Francisco e dell’ispettore capo Kido (Joel de la Fuente), a comando del Kempeitai di stazione in città, sono due figure di enorme spessore.
Sul versante nazista, eccoli completamente dediti alla causa, vestire le loro uniformi nere, tramando e alcuni anche cospirando nel momento in cui un vecchio Führer sembra prossimo alla morte. Su tutti spiccano John Smith (Rufus Sewell), un obergruppenführer determinante nell’evoluzione dei fatti e Rudolph Wegener (Carsten Norgaard), un alto ufficiale ormai disinnamorato dell’ideologia nazionalsocialista.
A essere onesti è difficile non riconoscere i meriti all’intero cast, ma per il ruolo nella storia non si possono non citare Ed McCarthy, caro amico di Frank e di Juliana; Robert Childan, un ambiguo antiquario e il Reichsminister Martin Heusmann, che vedremo nella seconda stagione.
Un’interpretazione generale davvero eccellente.