Tra pregi e difetti, non si può dire che The Mandalorian non trovi sempre nuovi modi per far parlare di sé gli appassionati di Star Wars. Nel corso di queste sue tre prime (e forse ultime) stagioni, la serie non ha fatto altro che cambiare: che si trattasse del minutaggio del format, del tono, del comparto umoristico, del genere e della resa estetica, infatti, la serie che vede per protagonista il Din Djarin di Pedro Pascal e il piccolo Grogu ha continuato a mutare nel tempo, trovando nuovi modi con cui raccontare le proprie storie. Che questo sia un bene o un male è questione di gusti: sappiamo bene che i fan del brand della Galassia Lontana Lontana hanno da sempre faticato nel trovarsi d’accordo all’unanimità sul gradimento di un prodotto, e, in questo, The Mandalorian non costituisce un’eccezione. Se infatti per alcuni questa camaleontica varietà può costituire un punto di forza, per altri va a rappresentare una debolezza che porta la serie a non mantenere una propria coerenza di fondo.
Al di là di queste divisioni, però, oggi vogliamo provare ad analizzare il dinamismo che caratterizza questa serie di Disney Plus e di come essa trovi il modo di esprimersi. Attenzione: in questo articolo troverete spoiler su tutte le stagioni di The Mandalorian. Siete avvisati!
The Mandalorian non è una serie molto equilibrata e sin dai suoi primi esordi non ha fatto altro che continuare ad alternare episodi di altissima qualità ad altri di minor interesse, passando per puntate considerabili come dei filler per la propria natura strettamente verticale, che non puntava a portare avanti la trama generale. Un aspetto, questo, che di certo potrebbe non essere apprezzato da chiunque, ma che ha portato alla serie quella gran versatilità di cui vi avevamo già accennato. Procedendo a piccoli archi narrativi all’interno di una trama orizzontale che si fa sentire solo in alcuni suoi frangenti, questa serie ricalca per molti versi ciò che il brand di Star Wars da anni ha continuato a fare con le proprie serie animate, Da Clone Wars a Rebels fino alla più recente The Bad Batch che non a caso sono frutto della mente di Dave FIloni, creatore insieme a Jon Favreau dello show sul Mandaloriano.
Un mondo dalle mille opportunità
È una galassia vasta, ce ne rendiamo conto. Una galassia talmente vasta e variegata da offrire tantissimi spunti, forse fin troppi. Allora perché non sfruttarne le grandi possibilità? È così che da spunti legati al genere western delle prime puntate e di quelle ambientate su Tatooine, The Mandalorian gioca coi toni tipici del monster movie: basti pensare per esempio alla 1×01 dove la regia dell’episodio tenti di inquadrare l’AT-ST imperiale allo stesso modo di come i dinosauri venivano rappresentati in Jurassic Park.
Ma non è finita qui, perché la serie arriva anche a virare sull’investigativo noir, richiamando scenari alla Blade Runner, come capitato durante alcune fasi della 3×06 e soprattutto nella 3×03, in cui assistiamo a un inaspettato approfondimento sul Dottor Pershing e Elia Kane, due personaggi che fino a quel momento erano stati davvero marginali. Tra cambi di genere e registro formale, pare davvero chiaro come The Mandalorian abbia scelto di non chiudere alcuna porta e di esplorare tante possibilità, lasciando d’altra parte largo spazio alla creatività dei suoi autori e soprattutto dei suoi registi. A dirigere i vari episodi della serie di Disney Plus troviamo infatti, a fianco di mestieranti, alcuni autori che hanno dato una loro precisa impronta al prodotto su cui sono andati a lavorare.
Tra questi troviamo per esempio gli stessi autori della serie, lo showrunner Jon Favreau (già regista di Iron Man e del live action de Il Re Leone) e Dave Filoni, come anche Taika Waititi, regista dall’inconfondibile umorismo sopra le righe, una semi-esordiente Bryce Dallas-Howard che sforna alcune tra le migliori puntate della serie e Rick Famuyiwa, probabilmente il migliore del lotto e responsabile, tra le altre cose dell’ottima 3×07. Ognuno di loro prende gli ingredienti tipici di tutti i prodotti di Star Wars e li rimescola secondo il proprio stile, calcando talora più sull’aspetto emotivo, talora su quello comico, altre volte invece su quello drammatico, suscitando in questo modo differenti reazioni da parte del pubblico.
Ma non solo tanti stili e generi: The Mandalorian è una serie multiforme anche perché vuole parlare di tante cose, un nobile intento che però, soprattutto nell’ultima stagione ha portato la serie a voler accelerare fin troppo per essere in grado di portare tutto su schermo.
Tanti personaggi, ognuno dei quali con tanto da dire e con storyline interessanti e in grado, almeno in certi momenti, di brillare al meglio, ma che in altri paiono quasi sprecati e raccontati troppo velocemente. Perché nel corso dei suoi viaggi, Din incontra davvero tanti individui, ognuno con una propria storia da portare avanti, ma con un minutaggio ridotto con cui fare i conti; proviamo per esempio a pensare a Mayfeld, che conosciamo come villain nella 1×06, ma che ritroviamo come alleato nella 2×07, allo sceriffo Cob Vant, a Cara Dune (che scompare di scena a causa degli attriti tra Disney e la sua interprete. Per non parlare poi di Ahsoka, che rivedremo in una serie a lei dedicata in uscita quest’estate, e di Boba Fett, che in The Mandalorian risulta molto più carismatico rispetto allo show in cui compare come protagonista.
Dopo tutto, The Mandalorian ha tante linee narrative da portare avanti: il progressivo svilupparsi di un legame familiare tra il Mandaloriano e il piccolo Grogu, tutta la sottotrama circa le origini del piccolo, che vengono raccontate allo spettatore con il contagocce, e la ricerca di un jedi che lo possa addestrare (che però paradossalmente si risolve in The Book of Boba Fett). Caso a sé stante è poi tutto il discorso inerente alla riconquista di Mandalore e delle varie fazioni di Mandaloriani, per non parlare poi del personaggio di Bo-Katan Kryze, che nella terza stagione sembra quasi privare Din del ruolo di protagonista per caricarsi la serie sulle proprie spalle e offrendoci spunti che mai lo spettatore avrebbe inizialmente concepito.
Questo perché lo show di Disney Plus vuole porsi come un prodotto ibrido, a metà tra un procedurale, le cui trame si risolvono nel classico caso della settimana, e tra le serie tv di stampo moderno, fortemente incentrate su una trama che si dipana su una o più stagioni, come rappresentato dalla presenza del principale villain, il Moff Gideon di Giancarlo Esposito. Nel bene e nel male, quindi, The Mandalorian costituisce una serie dalle tante anime, capace di trasformarsi a seconda dell’occasione e che ha svolto come meglio poteva il ruolo da apripista per il microcosmo seriale live action di Star Wars inaugurato da Disney Plus. Nell’attesa di vedere tornare Din, Grogu e tutti i loro comprimari in una possibile (anche se non certa) quarta stagione della serie, speriamo che essi possano comparire ancora in altri prodotti seriali di Star Wars dalle mille possibilità. Se così non fosse, siamo però comunque certi che potremo ammirarli nella pellicola cinematografica annunciata poche settimane fa che, tra qualche anno, coronerà questo universo condiviso ambientato a cavallo di Episodio VI ed Epsiodio VII.