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The Mandalorian è l’ennesima nuova vita di Star Wars che piace anche ai fan più integerrimi

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Siamo onesti, l’universo di Star Wars negli ultimi anni non ha prodotto capolavori. L’ultima trilogia ha messo un indignitoso punto alla saga di Skywalker e ha lasciato tutti con l’amaro in bocca. E quando dico tutti, intendo che perfino quelli che hanno trovato i film godibili sono rimasti comunque turbati o infastiditi. Troppe incongruenze, risvolti frettolosi e troppa carne al fuoco. Resto dell’opinione che gran parte del problema sia da attribuire ai cambi di regia: tre registi diversi per tre film che avrebbero dovuto non solo raccontare una storia unitaria, ma rendere quella storia epica conclusione. Le visioni e le direzioni diverse sono palesi e fastidiose. Se tutto questo ha fatto storcere il naso ai permissivi, ha aizzato i fan più integerrimi facendo sorgere una domanda: il mondo di George Lucas darà più vita a un prodotto degno della prima trilogia uscita nel 1977? In molti, hanno perso fiducia nel franchise. Poi, nel 2019, è arrivata su Disney + The Mandalorian: una nuova speranza è venuta alla luce per scacciare le tenebre dell’oscurità che aveva avvolto il marchio negli ultimi anni.

La serie è riuscita ad eguagliare la prima trilogia, per ideali, ritmi della storia e personaggi. Con il conflitto e l’evoluzione del protagonista che ha caratterizzato i prequel. The Mandalorian ha riunito gli appassionati di Star Wars, riportando tutti indietro nel tempo, ma anche assicurando nuova vitalità a questo universo.

the mandalorian

Fin dalla prima stagione è stato evidente l’intento di Jon Favreau: avvicinarsi il più possibile alla saga originaria, con una trama lineare e semplice, ma carica di significati ed emozioni. Le atmosfere epiche – rese ancor più memorabili da una colonna sonora da brividi – ben si sposano con i tempi lunghi e densi che richiamano i migliori film western. Un approccio minimalista che prende le distanze dalla frenesia e dagli spiegoni dai sequel. Tuttavia è con la seconda stagione che The Mandalorian si è superato. Le emozioni che suscita sono pure e ataviche, mature e profonde. L’eterno conflitto tra bene e male che la saga da sempre mette in scena, qui assume connotati meno netti, perdendosi nella lotta individuale, nella perdita dei propri valori e nella scoperta di nuovi.

Nostalgia, solitudine, rimpianto, amore. Un turbinio di sentimenti che tuttavia non travolge lo spettatore, ma goccia a goccia scava dentro di lui, erodendone le resistenze.

Gran merito va anche al finale, dove Pedro Pascal riesce a trasmetterci tutto il dolore e l’affetto di un padre che deve lasciar andare il suo bambino. E lo fa recitando solo con gli occhi, che parlano chiaramente. La sorpresa poi del grande ritorno di Luke Skywalker non può lasciare indifferente alcuno che si sia immerso e rifugiato nella galassia lontana lontana. Il passato che incontra il futuro, quasi un testimone che passa di epoca in epoca, eroe a eroe. Ecco quello che l’ultima trilogia cinematografica avrebbe dovuto rappresentare, fallendo miseramente. Ma se J.J. Abrams e gli altri hanno mancato il bersaglio, questa serie l’ha centrato in pieno, lasciandoci finalmente appagati.

Ma non è tutto qui. Perché se c’è una cosa che The Mandalorian ha realizzato è l’aver creato una storia capace di incastrarsi perfettamente nel mondo di Star Wars, ma lo fa senza Jedi. Le spade laser, l’addestramento dei cavalieri, i padawan, tutto questo è assente nella serie tv. Mando è un cacciatore di taglie che con la Forza non ha proprio nulla a che vedere, tanto che non comprende i poteri e il potenziale di Grogu (vero nome del tenero Baby Yoda). E anche quando – nella seconda stagione – appare Ahsoka Tano e vengono fatti sempre più richiami al loro mondo, codice e storia, questo resta comunque sullo sfondo.

Star Wars è sempre stato associato ai Jedi, quasi fossero imprescindibili. Questa convinzione era stata già smentita dal film Rogue One nel 2016 e l’abbiamo appurata con The Mandalorian. Anzi, la mancanza di Jedi e Sith ha permesso di esplorare altri contesti e culti meno noti della mitologia di Guerre Stellari, come ad esempio i mandaloriani.

Complice del successo pressoché immediato è stata anche la distribuzione settimanale che ha permesso di dilatare i tempi e apprezzare l’esclation emotiva e di tensione, nonché i piccoli dettagli. The Mandalorian non si presta a un binge watching frenato, ma ritorna a una narrazione epica e stringata, essenziale e immersiva.

The Mandalorian è riuscita a coinvolgerci e incantarci, con i suoi personaggi e le atmosfere, con le musiche e le dinamiche, con una storia che nella sua semplicità non smette di incuriosirci. Grazie al passato sofferto e all’evoluzione compassionevole di Mando, alla dolcezza del Bambino e alla sua saggezza prematura, all’introduzione di un cattivo carismatico e della mitica Darksaber, al ritorno di capisaldi di Guerre Stellari – da Boba Fett a Luke Skywalker – e alla rappresentazione di un mondo che si avvia allo sfacelo.

Questa serie non poteva non tacitare le perplessità di tutti, anche dei fan più esigenti. E il motivo è che The Mandalorian veste i panni dell’essenza più pura di Star Wars, panni ormai smessi da troppi anni e che adesso hanno riacquistato nuova vita. Il capolavoro di Favreau altro non è che una lunga lettera d’amore alla prima trilogia di George Lucas. E tuttavia non si accontenta di essere semplice tributo, storia secondaria di un mondo ben più complesso: si inserisce a pieno titolo nella storia che ha avuto inizio con il Prescelto che avrebbe riportato equilibrio nella Forza e che ci ha commossi e stupiti dal 1977 fino a oggi.

Ho parlato.

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