Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul finale di The Marvelous Mrs.Maisel
Un forte senso di malinconia accompagna la conclusione di questa settimana. Una malinconia che pervade chiunque sia appassionato di serie tv e abbia a cuore il destino di una certa serialità di qualità, sempre più rara nel mare magnum di proposte che quotidianamente invadono i nostri schermi. Perché è stata una settimana che ricorderemo a lungo, ogni volta che ripenseremo alla fine di quattro tra le produzioni più significative degli ultimi anni. Ci hanno salutato infatti Ted Lasso, con un intensissimo season finale che con ogni probabilità si rivelerà essere un series finale, Succession, uno di quei titoli che non stonano se lo si affianca alle massime espressioni di una golden age ormai al tramonto, e pure l’originalissima Barry, purtroppo ancora incompiuta in Italia. Ne manca una, giunta al traguardo lo scorso venerdì 26 maggio. Ed è un altro di quei nomi che pesano. Uno di quelli che hanno vinto decine di premi prestigiosissimi e che rappresentano un vero e proprio spartiacque in un percorso storico: si pongono al centro con un riflettore puntato sopra e un’imponenza degna del monolite di Kubrick, tra un prima e un dopo. Quel monolite è The Marvelous Mrs. Maisel.
Scritta dai coniugi Amy Sherman e Daniel Palladino, già autori della brillante Gilmore Girls – una serie a cui il tempo sta finalmente restituendo dei meriti a dir poco meritati -, The Marvelous Mrs. Maisel ha lasciato e lascerà un segno profondo nel percorso della serialità contemporanea e futura. Lo certificano i numeri: vincitrice – per ora – di venti Emmy, tre Golden Globe e cinque Critics’ Choice Awards, la comedy ha attualmente una valutazione di 8.7 su IMDb (la puntata finale arriva addirittura a 9.6), un gradimento del 90% su Rotten Tomatoes e del 78 su Metacritic (superiore persino al 73 di Breaking Bad). Insomma, numeri degni di un capolavoro. Per niente sorprendenti, se si pensa all’impatto dirompente che ha avuto tra gli utenti di Prime Video provenienti da tutto il mondo negli ultimi sei anni: la serie è, senza dubbi, la produzione che maggiormente si è distinta nella storia della piattaforma, e il suo addio dopo cinque stagioni crea un solco non indifferente. Ma bastano i numeri per parlare di The Marvelous Mrs. Maisel e della sua importanza gigantesca nella nostra era seriale? No, affatto. Perché certificano solo in minima parte i suoi straordinari meriti. Meriti che forse coglieremo appieno a posteriori, nei prossimi anni.
Per intenderci: The Marvelous Mrs. Maisel non è stata “solo” la migliore comedy dell’ultimo lustro, ma soprattutto la serie che più di ogni altra si è caricata sulle spalle il gigantesco peso di un genere che negli ultimi anni ha sofferto terribilmente e fatica nel trovare una nuova identità, al passo con le esigenze del mondo in cui viviamo oggi.
Lo sappiamo e ne abbiamo parlato diffusamente anche negli ultimi mesi: non è l’unica ottima comedy in circolazione e non vogliamo generalizzare stupidamente. Basta menzionare la fantastica Ted Lasso per elaborare una tesi convincente in questo senso, e non è certo l’unico esempio nobile che potremmo fare. Ma The Marvelous Mrs. Maisel è altro. E sarà altro, quando volteremo le spalle e ritroveremo la sua esperienza tra i ricordi migliori. Perché ha espresso le massime potenzialità di un genere chiave per gli interessi di un pubblico trasversale, distaccandosene in gran parte attraverso un percorso innovativo. Evitando, allo stesso tempo, di valicare il confine del drama per preservare un’identità che non le ha impedito di essere profonda, intensa, storicamente valida ed emotivamente significativa. Quanti possono dire di aver fatto altrettanto e di aver offerto un esempio produttivo per rinnovare a fondo un genere che troppo spesso sembra esser rimasto fermo ad almeno dieci anni fa? Pressoché nessuno. O forse davvero nessuno, in questa specifica forma.
Spieghiamoci meglio: The Marvelous Mrs. Maisel ha avuto il grandissimo merito di esser nata come comedy, esser cresciuta da comedy ed esser morta a tutti gli effetti da tale. Una comedy diversa da tutte le altre, per certi versi persino incatalogabile, ma pur sempre una comedy. Non ha commesso lo stesso errore fatto dalla pur ottima terza stagione di Ted Lasso, nata come comedy canonica e sviluppatasi poi attraverso un’evoluzione da dramedy che non ha convinto fino in fondo la critica e il pubblico. E non ha commesso l’errore fatto da troppe altre produzioni negli ultimi anni: assecondare l’idea che una comedy di successo, oggi, non debba essere solo una comedy. È un limite strutturale che ha dato vita a ibridi che rinunciano alla risata in nome della profondità. Un limite talmente grande da aver portato un grandissimo drama, Succession, a coprire consapevolmente quella voragine attraverso un’utilizzo sapiente di un’ironia che spesso sfora in vera e propria comicità.
Se da un lato questo è un merito mastodontico della fluidità esercitata sul piano espressivo da Succession, dall’altra rappresenta un problema enorme per tutti gli altri: è giusto che una delle migliori comedy degli ultimi anni sia una serie dallo stampo inequivocabilmente drammatico? No, non lo è. E con questo, ripetiamo, non vogliamo evidenziare il fatto che non ci siano delle belle comedy in giro: la già menzionata Ted Lasso mancherà a tutti noi così come ci mancherà da morire What We Do in the Shadows quando deciderà di chiudere i battenti, Abbott Elementary ci sta mostrando come The Office avrebbe potuto sopravvivere oggi tra i fragili confini di un mondo in rapida evoluzione e diversi altri titoli, colpevolmente dimenticati in questo breve elenco, si stanno affacciando con originalità e sapienza nel panorama seriale. Ma basta tutto ciò per salvare un genere che galleggia a malapena attraverso rare espressioni d’alto livello, oltretutto piuttosto tradizionali nella struttura? No, non basta. Per fortuna c’è Barry, e qua dovremmo aprire un capitolo a parte che si inserirebbe perfettamente in questo ragionamento. E per fortuna, soprattutto, c’è The Marvelous Mrs. Maisel.
La comedy risponde a una domanda che nessuno si era fatto, e a un’esigenza che molti di non non sapevano d’avere: come sarebbe stata scritta Mad Men, una delle serie tv più belle di tutti i tempi, se avesse sentito la necessità di far ridere? Ecco, sarebbe stata più o meno così: come è stata The Marvelous Mrs. Maisel. Condivide con essa l’attenta ricostruzione degli anni Sessanta, attraverso il racconto accurato di un microcosmo specifico che si interfaccia perfettamente con un macrocosmo che si universalizza e in cui non è difficile ritrovarsi anche a distanza di sessant’anni, ma non solo. Entrambe le serie esplodono attraverso una scrittura minuziosa che valorizza ogni istante in ogni singolo dialogo, anche quelli apparentemente meno significativi per le trame centrali, senza mai poggiarsi a fasi di transizione o momenti morti. E attraverso un’intelligenza complessiva nello storytelling che ci permette di apprezzare contesti, situazioni e personaggi -indifferentemente, primari o secondari – senza aver mai bisogno di una scrittura sopra le righe che ricorra a colpi a effetto altisonanti o evoluzioni controverse.
In The Marvelous Mrs. Maisel la trama cambia marcia al momento giusto, i personaggi cambiano l’ordine degli addendi ma non il risultato, ambienti e trame si intercambiano con grande equilibrio, un’intensa storia d’amore non è mai stucchevole e così non lo è il complesso rapporto tra una moglie e un marito ormai separati. Le battute sono sciocche o illuminanti, a seconda delle esigenze specifiche. Ci sono momenti di rottura, un’estetica suggestiva, scene coreografate, numeri musicali di valore e costumi perfetti. Poi, più di ogni altra cosa, fa ridere. Fa ridere parecchio, evitando per cinque stagioni, dal primo all’ultimo minuto, di ricorrere a soluzioni semplicistiche già viste. Con un caustico jewish humor che esplode attraverso le grande interpretazioni di un cast di primissimo ordine, ci ricorda quanto avremmo ancora bisogno di Woody Allen e dimostra che si possa ancora “dire tutto” senza offendere nessuno.
Ma non è tutto. Perché The Marvelous Mrs. Maisel, pur valicando spesso in momenti fortemente drammatici che danno spessore a una trama necessaria dal chiaro stampo femminista, non dimentica mai di essere una comedy. E di mettere questo in primo piano anche quando sembrerebbe una forzatura per chiunque altro, persino nei flashforward dell’ultima stagione. Tutto ciò con un formato da drama e puntate che si aggirano sempre tra i 50/60 minuti, laddove altri hanno cercato di centrare i medesimi obiettivi attraverso formati comici più canonici tra i 20 e i 30 minuti. Insomma, se da un lato è semplice individuare decine di produzioni passate che abbiano in qualche modo influenzato la serie, dall’altra è pressoché impossibile trovarne una simile a essa. Del tutto impossibile, con l’espressione di questa qualità. Una qualità da golden age, in un genere che risponde ancora, nella sua globalità, alle basi poste ormai trent’anni fa da Friends, Seinfeld e Frasier. In un periodo storico in cui le serie di qualità scarseggiano sempre di più e le comedy che si pongono l’obiettivo di allontanarsi dai vecchi schemi sono ancora meno.
Insomma, i meriti di The Marvelous Mrs. Maisel sono ormai chiari e il suo addio, arrivato al momento giusto e, per fortuna, alle condizioni dettate dai suoi autori, crea un vuoto che spaventa. Un vuoto che da un lato ci lascia con un velo di tristezza, come sempre accade quando una serie importante ci lascia in balia della paura di non poter vedere più qualcosa di tanto bello, mentre dall’altra ci concede un’eredità che auspichiamo possa esser valorizzata nei prossimi anni dalle produzioni che nasceranno. Produzioni che sappiano osare, intrattenere e coinvolgere un pubblico difficile, alla ricerca di nuovi stimoli e storie intriganti da vivere. Vogliamo crederci, perché The Marvelous Mrs. Maisel ha dimostrato che fare televisione con la volontà di fare arte è ancora possibile. E che i tempi per una nuova golden age sono finalmente maturi. Anche all’interno di una comedy che possa essere orgogliosamente una vera comedy. Affrontando allo stesso tempo temi importanti con la giusta intelligenza, senza accontentarsi di rimanere in superficie. Dobbiamo pensarlo con convinzione, in una settimana tanto difficile.
Thank you and good night, Mrs. Maisel.
Antonio Casu