Per comprendere la realtà è necessario ridimensionarla. Rendere tangibile la vastità di ciò che ci circonda consente infatti di apprezzarne e valorizzarne i piccoli dettagli che normalmente sfuggirebbero alla vista; osservare il mondo in scala ridotta è però soprattutto un’inconscia strategia umana per esercitare il controllo. Il potere, la manipolazione (degli oggetti in miniatura e delle menti) e il sopracitato controllo sono i temi portanti della miniserie del 2017 The Miniaturist, disponibile anche nel nostro paese dall’11 gennaio su Sky e in streaming su NOW.
Tratta dall’omonimo romanzo di Jessie Burton, The Miniaturist mostra le vicende della giovane Petronella “Nella” Oortman (Anya Taylor-Joy), trasferitasi ad Amsterdam nel 1686 dopo esser stata promessa in sposa al ricco mercante Johannes Brandt (Alex Hassell) da suo padre, dopo che questi aveva dilapidato la fortuna di famiglia. Appena giunta nella sua nuova casa, Petronella riceve come regalo di nozze dal suo distaccato e poco presente marito una casa delle bambole, con cui impiegare il tempo in sua assenza. La giovane donna, a cui viene negato uscire di casa se non accompagnata dalla domestica Cornelia (Hayley Squires), scrive dunque al miniaturista di città commissionandogli alcuni oggetti con cui arredare quella perfetta riproduzione in scala della sua nuova abitazione. Tuttavia riceve fin da subito molti più oggetti di quanti ne avesse richiesti e un criptico messaggio da parte dell’ignoto miniaturista. La situazione diventa man mano più inquietante quando cominciano ad arrivarle miniature sempre più dettagliate di oggetti effettivamente presenti in casa ma di cui nessun altro potrebbe essere a conoscenza. Le minuscole creazioni sembrano inoltre prevedere con precisione eventi del futuro, spingendo Petronella a indagare sull’identità di quella oscura e sconosciuta figura.
Il period drama The Miniaturist comincia così ad assumere sfumature più oscure, condensando mistero e simbolismo in soli tre episodi, sufficienti tuttavia a racchiudere tutto il fascino discreto della delicatezza delle piccole forme.
“Every woman is the architect of her own fortune”
Uno dei messaggi che il miniaturista allega alle sue creazioni riguarda il potere delle donne di costruirsi da sole il proprio futuro.
Questo semplice e apparentemente irrilevante bigliettino regge in realtà l’intero impianto simbolico della narrazione, in cui il mistero sull’identità dell’artista rappresenta soltanto una breve parentesi che trova risoluzione fin troppo facilmente vista la durata complessiva dell’intera miniserie. Il simbolismo che lega la protagonista ai piccoli oggetti in miniatura è il vero punto focale della vicenda, ed è evidente dai primi istanti in cui la giovane fa il suo ingresso nella sua nuova camera da letto scortata da Marin (Romola Garai), sorella maggiore di Johannes. La donna si assicura infatti che le tende della stanza rimangano sempre ben aperte in modo che la presenza di Petronella risulti palese anche all’esterno dell’abitazione. L’esposizione della giovane neo sposa all’alta società non differisce di molto dalla collocazione delle bambole nelle rispettive piccole case. La protagonista diventa il mezzo attraverso il quale Johannes cela la sua vita sregolata e la sua omosessualità considerata a quei tempi inaccettabile, la moglie-trofeo da esibire durante le cene per affermare il proprio status sociale. Il controllo esercitato sulla giovane donna – che a sua volta possiede un pappagallo in gabbia, simbolo di quella privazione di libertà delle donne del 1600 – comincia a rovesciarsi proprio dal momento in cui fa il suo ingresso nella sua vita la figura del miniaturista. Sarà infatti proprio Petronella a tenere man mano in pugno (letteralmente e metaforicamente) tutti i membri della famiglia di cui riceve le miniature, dimostrando il proprio valore e facendo sentire la propria voce anche nelle questioni economiche.
Questo cambio di prospettiva ridimensiona quindi i ruoli all’interno della famiglia; anche le figure portanti del nucleo familiare possono diventare fragili miniature tra le mani della ragazza, che ne intuisce sempre meglio le peculiarità e le debolezze. Petronella prende il mano il proprio futuro quando intuisce la propria grandezza, riconosciutale poi dal suo stesso marito, che trova in lei una fedele compagna e confidente. In modo speculare, la tematica del controllo diventa anche accettazione di ciò che non è possibile controllare: la protagonista riconosce i propri limiti e diventa complice del marito solo quando accetta che non potrà mai costringerlo ad amarla. Quest’auto-consapevolezza è racchiusa nel secondo bigliettino ricevuto dalla ragazza, “I fight to emerge”, attraverso il quale il miniaturista trasmette il valore della perseveranza come chiave per emergere.
“Don’t let sweet weapons stray”
Anche l’ultimo messaggio racchiude una componente simbolica oltre a quella letterale. Non lasciar andare le armi dolci fa riferimento allo zucchero venduto da Johannes, risorsa economica in grado di risollevare le incerte sorti della famiglia se sfruttato al meglio. Il suggerimento del miniaturista indica però anche di non rinunciare mai alla propria femminilità (arma dolce) nonostante gli ostacoli che questa comporta. La comprensione, la cura e l’attenzione ai dettagli, la perseveranza e la speranza di rivalsa sono i valori interiorizzati dalla protagonista nel corso della vicenda, che avvicinano The Miniaturist a un racconto di formazione più che al genere thriller/drammatico, che ha causato numerosi fraintendimenti da parte dei telespettatori delusi dal mistero non sufficientemente intricato dell’ignoto artigiano. L’identità poi rivelata del miniaturista rendono piuttosto la miniserie un vero e proprio manifesto femminista più che un drama storico, che cela la sua vera forza solo sotto alla superficie in modo discreto e appena visibile, come d’altronde fanno le miniature stesse: mostrare di più con meno, espandendo la percezione delle cose che la mente crede solo di sapere. Nelle piccole cose si nasconde il mondo intero.