The OA ci ha chiesto fin dall’inizio di cedere all’assurdità della sua storia. Di avere fede in Prairie e accettare l’incredibile racconto della ragazza. Una sospensione dell’incredulità che ci ha condotto in un viaggio tra simbolismo religioso, aspetti paranormali e racconti russi. Ma se vi dicessimo che tutto prende spunto da una storia vera?
L’inizio di questa vicenda affonda nel tempo, qualche anno prima che The OA veda la luce. Brit Marling è una brillante, sensibile e appassionata ragazza. Si è laureata in Economia e Arte e, dopo un tirocinio alla prestigiosa Goldman Sachs, rifiuta una proposta nel mondo della finanza. Qualcosa dentro di lei la spinge a fare altro.
Brit intraprende così un viaggio che la porterà fino a Cuba in compagnia degli amici Mike e Zal. Ne nascerà un documentario di cui sarà curatrice della fotografia e del montaggio oltre che co-sceneggiatrice e regista. È l’inizio della sua fulminante carriera nel mondo dello spettacolo. Dieci anni e tanti riconoscimenti dopo, Brit Marling diventerà protagonista e creatrice di The OA, proprio insieme al suo amico, Zal Batmanglijun che curerà la regia.
Ma dobbiamo nuovamente riavvolgere il nastro, tornare sui nostri passi.
C’è stato un momento nella vita di Brit in cui qualcosa è cambiato. In quell’istante è nata la storia di The OA. Una storia vera. La Marling, dicevamo, lascia il prestigioso lavoro da analista. Rinuncia a soldi e agiatezza perseguendo un sogno. È in cerca di qualcosa. Una profondità che fino a quel momento sente di aver mancato.
Segue diverse strade, diventa anche freegan: vive in tenda e si alimenta solo di bacche selvatiche. Frequenta comunità anarchiche, viaggia per l’America. La ragazza è dotata di un istinto innato. Sembra guidarla solo il suo desiderio di ricerca. Quell’istinto l’aveva condotta lontano da Wall Street e ora in viaggio per il mondo. Ma non sarà sulla vetta dell’Himalaya o in un kibbuz isrealiano che Brit Marling troverà quello che cerca.
Ha fatto molta strada, ha conosciuto tanta gente. In alcune di queste persone ha percepito qualcosa. Quello stesso inesausto bisogno di verità. “Rimango sempre conquistata da questa gente, sono come posseduti da qualcos’altro, il che è incantevole”. Per Brit esiste “un altro piano” anche se non sa cosa sia. Torna a casa. È sempre smaniosa, irrequieta. Ma sa che sta per trovare qualcosa. L’amico Zal percepisce questo suo disagio. Rilassati, vieni a questa festa, non te ne pentirai.
Musica, cibo e tante persone. Una festa come tante.
Brit inizia a vagare per la casa, guidata da quell’insopprimibile istinto che la possiede. Attraversa un corridoio ed è lì che qualcosa accade. “È come se lei avesse valicato uno spazio liminare”, dirà poi. “Come se avesse avuto un contatto o un dialogo con la morte che le permetteva di essere più che viva, con una vitalità come ultraterrena”. Lei. Ma lei chi?
Lungo quel corridoio c’è una ragazza. Una ragazza che Brit sembra conoscere. Non sa bene chi sia, eppure in qualche modo cattura la sua attenzione. Lei fende l’aria, come se attraversasse uno specchio. Brit la ferma. Piacere, scusa, ci conosciamo? Inizia così un dialogo che porterà le due donne sempre più vicine, sempre più interessate l’una all’altra. Inizia un racconto, un racconto che troverà poi espressione in The OA.
La Marling è catturata, avvinta dalla storia. Quella dolce ragazza le ha appena raccontato della sua esperienza. Una storia di morte e rinascita. La storia di come è tornata in vita dopo un – apparente – decesso. Brit vuole sapere tutto. Cosa ha provato, cosa ha significato e perché pensa sia accaduto.
La Marling parla di quella storia di pre-morte al suo fedelissimo amico Zal.
I due iniziano una ricerca spasmodica che li porterà a raccogliere tantissime altre testimonianze. In quelle esperienze iniziano a tracciare dei caratteri comuni. Tutti sembrano aver visto se stessi dall’alto, a volo d’uccello. Tutti hanno visto una luce intensa. E, stranamente, tornati alla loro vita hanno iniziato a sviluppare interesse per la musica. Alcuni sono diventati perfino grandi artisti.
Zal e Brit non si fermano. Consultano libri, valutano ogni caso. Sentono che quelle storie, in un certo senso, in un senso assurdo e incomprensibile, sono le loro storie. Sono parte di un’unica grandiosa storia. Zal e Brit si buttano a capofitto nella stesura di uno script. Un lavoro che condensa citazioni filosofiche, racconti russi ed esperienze pre-morte. Ma in cui non manca neppure, nella visione di Zal, una componente psicologica molto forte che si concentra sui traumi e sulle distorsioni della mente. Di lì a poco quello script avrebbe conquistato Netflix, sempre attento alle novità più interessanti. Ne sarebbe nato The OA.
Di pochi giorni fa è la notizia dell’uscita della seconda stagione. Brit Marling ha promesso che tutto troverà una spiegazione. Ma sappiamo già che non potrà essere così. Perché la storia di The OA è una storia in divenire, fatta di racconti ed esperienze soggettive. Storie vere che si condensano in un unico racconto. E proprio nella forza del racconto, nella sua potenza narrativa acquistano senso e profondità. The OA, ora ce ne rendiamo conto, è una storia vera ma non per questo veritiera. O almeno non come ci saremmo aspettati.