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Maicol Pirozzi è il Michael Scott italiano

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“Un uomo, un perché”: così direbbe qualcuno che molto ha a che fare con questa storia. Due uomini e due perché, aggiungiamo noi. Eh, perché? Perché, Maicol Pirozzi? Perché, Michael Scott? Già, perché? Andiamo con ordine, e per farlo partiamo dal più famoso dei due, il secondo.

Non ha bisogno di presentazioni, dai: Michael Scott è l’indimenticabile protagonista della sit-com The Office. Interpretato da Steve Carell, è il manager di una sede locale della Dunder Mifflin: un uomo inappropriato e spesso fuori luogo. Inadeguato al ruolo e forse persino impreparato, anche se a riguardo c’è più di un dubbio. Ci fa o ci è? Diciamo, entrambi.

In ogni caso, è un uomo che punta un po’ troppo in alto, pur non avendo alcun motivo credibile per farlo davvero. Vende della carta, ma prima di tutto svende un sogno. Un sogno che è in gran parte dei casi una vera ciofeca, ma tant’è: i collaboratori gestiti da lui devono prima di tutto gestire lui stesso, in qualche modo. Si fa voler bene, anche se spesso è molto difficile farlo (non mancano i momenti in cui diviene persino deplorevole): ha un milione di difetti, e si vedono tutti.

Vorrebbe essere uno spirito guida, ma in gran parte dei casi è fondamentale che sia qualcun altro a guidare lui (possibilmente, senza farglielo notare). Insomma, è un manager fanfarone e tendente alla sciatteria, alla megalomania e a un approccio ludico-infantile che non lo rende mai granché professionale. Per qualche motivo, però, funziona. Non abbastanza da essere chi vorrebbe essere, ma riesce comunque a portare a casa un trionfale pareggio.

Ok, arriviamo al primo e dilunghiamoci su di lui: chi è, invece, Maicol Pirozzi?

Già, chi è? La risposta breve rende perfettamente l’idea: Maicol Pirozzi è il Michael Scott italiano. Sì, Michael Scott, ma ancora peggio. Proprio per questo, ha conquistato in pochissimo tempo uno spazio mediatico importantissimo, entrando nell’immaginario comune con l’abilità riservata ai rari profili che riescono a delineare uno spaccato di realtà nel miglior modo (e momento) possibile, raccontando una storia che tutti non sapevano di voler ascoltare.

Edoardo Ferrario nei panni di Maicol Pirozzi
Credits: Sky

Maicol Pirozzi, maschera comica interpretata da Edoardo Ferrario, è uno dei personaggi di maggiore successo della trasmissione GialappaShow, in onda ogni lunedì sera su Tv8. Il personaggio, già proposto nella scorsa edizione, è attualmente in onda con un ciclo di sketch sempre più assimilabile a un’idea di serialità televisiva canonica.

In poche parole, Maicol Pirozzi rappresenta il modello del “fuffa-guru”, neologismo recentemente inserito anche nella Treccani per indicare “chi, sfruttando tecniche da imbonitore, organizza e gestisce a scopo di lucro e in modo truffaldino corsi, video, seminari in rete nei quali si pubblicizzano modi facili di fare soldi“. Per estensione, il fuffa-guru è un “esperto di una certa disciplina che, senza titoli dichiarati o riconoscibili, diffonde idee e interpretazioni, influenzando le comunità che frequentano la rete”.

Ecco, Maicol Pirozzi è letteralmente questa roba. Un presunto esperto di marketing che focalizza la sua pseudo-scienza su approcci “innovativi”, mirati alla costruzione e al consolidamento di un “mindset” vincente per avere successo nel mondo dell’imprenditoria.

L’unico obiettivo è la gloria, all’apparenza. In pratica, invece, Maicol Pirozzi non è altro che un uomo senza arte né parte, un millantatore che si arrangia in qualche modo alle spalle di persone che vengono sistematicamente truffate e si ritrovano a lavorare per lui per… costruire qualcosa che non si sa bene cosa possa mai essere. Il risultato è notevole: mentre Maicol Pirozzi si ritrova a vendere l’auto della madre pur di organizzare una lezione per i suoi collaboratori con Gianluca Gazzoli, il suo personaggio è uno dei più popolari della trasmissione della Gialappa’s.

I video coi suoi sketch sono tra i più visti in assoluto, e certificano l’ottima riuscita dell’operazione comica. Un’operazione che sta vivendo un’evoluzione interessantissima.

Se da un lato avevamo avuto un primo ciclo di interventi nei quali Maicol Pirozzi vendeva dei “pacchetti” di lezioni di mindset, destinati a personaggi d’ogni età che sognavano di cambiare migliorare la propria vita con un cambio radicale d’approccio (e, possibilmente, con la disponibilità a trascorrere le ferie ad Agrate Brianza), nella seconda fase stiamo assistendo a un ulteriore salto di qualità. Le disavventure di Maicol Pirozzi, infatti, hanno dato vita alla nascita di una S.p.A. (solo per ambiziosi), la “Biliardario”, mirata alla vendita di servizi per aziende che ambiscono a una crescita importante sul mercato.

Ovviamente, il progetto è una catastrofe. I collaboratori, peraltro consapevoli del disastro nel quale si sono ritrovati, sono le vittime lucide di un uomo del tutto incapace di costruire qualcosa di concreto. Sottopagati e impreparati a offrire quel che in teoria dovrebbero vendere, sono preda dei deliri di un direttore che racconta una realtà tutta sua. Un universo parallelo in cui non si capisce nemmeno se lui ci viva davvero o faccia solo finta.

Ci fa o ci è? Forse entrambi, ma più che altro ci fa. Maicol Pirozzi, imbonitore professionista, arriva addirittura a simulare la conquista di un importante riconoscimento da parte di un eminente emiro di Dubai, pur di conquistare le attenzioni e il rispetto delle persone che per qualche motivo continuano a seguirlo. E in questo non possiamo non riconoscere uno dei tratti caratteriali di Michael Scott: la necessità di essere al centro dei pensieri delle persone che lo circondano. Essere apprezzato come leader, e visto come una guida esistenziale ancora prima che come un direttore. I parallelismi tra i due, appena accennati nel primo ciclo di sketch, stanno crescendo esponenzialmente in quello attualmente in onda.

Come abbiamo accennato in precedenza, infatti, la nuova fase del personaggio di Maicol Pirozzi è sempre più associabile a un’idea di serialità televisiva assimilabile a quella delle sit-com.

In particolare, i richiami a The Office sono sempre più plateali. Dallo stile delle inquadrature e del montaggio alle scenografie dell’ufficio, passando per l’ampliamento del raggio con personaggi secondari che sono sempre più strutturati e sempre meno relegati al ruolo di mere spalle, Maicol Pirozzi ha ormai intorno a sé un immaginario che lo rende il fulcro narrativo ed espressivo di una vera e propria parodia all’italiana di The Office. A un certo punto, si è persino arrivati alla nomina di un vice che ricorda da vicino le bizzarre dinamiche umane che connettevano Michael a Dwight: al posto del secondo c’è il povero Antonio, rendendo ancora più evidenti le similitudini evocabili.

Lo switch è un successo. Gli sketch funzionano sempre più da mini-episodi dal respiro più esteso, e chissà che a un certo qualcuno non possa mettersi in testa di farne una sit-com canonica (sarebbe un’idea intrigante).

Maicol Pirozzi, un uomo inadeguato che vende dei sogni impossibili, mostra delle sfumature della natura infantile di Michael Scott che ben si adattano alla realtà del nostro Paese. Sfumature, nel caso dell’italiano, ancora peggiori. Mentre Scott era comunque un dirigente capace di portare avanti – in qualche assurdo modo – un lavoro vero (più o meno, almeno), Maicol Pirozzi si limita a vendere dei concetti inconsistenti. Le vibes caratteriali e l’approccio coi collaboratori, tuttavia, ne fanno il perfetto contraltare del celebre protagonista di The Office. E il soggetto ideale di una parodia che racconta benissimo uno spaccato del mondo contemporaneo.

Un mondo in cui i fanfaroni imperversano ogni giorno di più, alimentando dei sogni che si trasformano ben presto in terribili fregature. A lui il merito di aver ridicolizzato i fuffa-guru come mai nessuno aveva fatto finora con questa efficacia, facendolo talmente bene da aver creato una delle maschere comiche più divertenti degli ultimi tempi. Almeno in questo caso, il perché è facilmente individuabile. E chissà che a questo punto non ci venga voglia di trascorrere il prossimo Capodanno ad Agrate Brianza: non sarà Scranton, ma possiamo accontentarci.

Antonio Casu

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