The Office (US) è considerata da molti la regina delle serie tv comedy per la sua originalità e freschezza, ma anche grazie a quel pizzico di satira che permette di ridere anche dei personaggi e delle situazioni più sgradevoli. Questo però non basterebbe a spiegare perché la serie sia così amata: molte altre comedy, anche con gli stessi ingredienti, risultano invece noiose, banali o scontate.
Sicuramente un punto a favore della serie è la sua data di uscita che, per molti versi, anticipa l’arrivo di comedy simili e che si ispirano a questo tipo di format.
Ma qual è il vero segreto tecnico che rende The Office (US) una delle comedy più esilaranti di sempre? È il modo in cui questa serie viene girata, che in americano ha un suo nome specifico: il ‘mockumentary’.
Il termine deriva dalla crasi di mocking e documentary e indica letteralmente l’insieme di tecniche di editing e di ripresa tipiche del documentario, utilizzate in modo parodico per divertire il pubblico. Molte serie tv utilizzano, in maniera più o meno evidente, questo genere di ripresa: da Parks and Recreation a Modern Family, da American Vandal ad Arrested Development.
The Office (US) è però il prodotto televisivo che più di tutti è riuscito a sfruttarne meglio i vantaggi e ancora oggi, a distanza di anni dalla sua ultima stagione, coinvolge e appassiona persone di ogni tipo.
La prima caratteristica importante riguarda i movimenti e il posizionamento delle telecamere nella serie: questi piccoli dettagli riescono a rendere in maniera immediata quello che è il tono – a volte volutamente esagerato e grottesco – della puntata. La camera quindi funziona come un vero e proprio personaggio della serie capace a suo modo di scherzare e amplificare il lato comico di una gag.
La puntata 2×14 (“Sorpresa”) è un ottimo esempio dell’utilizzo dei movimenti camera in chiave comica: dopo essersi resi conto che qualcuno ha lasciato degli escrementi sulla moquette dell’ufficio , tutti i dipendenti si allontanano quanto più possibile per via del pestilenziale odore. Michael allora decide di fare un discorso indirizzato alla camera, ma dopo poco è costretto a fuggire anche lui nauseato.
In quell’esatto momento ci viene rivelato che neanche il cameraman era all’interno del suo ufficio: tramite uno zoom estremamente comico scopriamo che la camera si trovava dall’altra parte dell’ufficio, e questo rende la fuga di Michael ancora più divertente.
Molto spesso lo zoom e le modalità di focalizzazione servono per evidenziare una reazione e sottolinearne dunque la comicità: non solo su personaggi principali come Jim o Michael, ma anche per esempio su Jan che cerca quanto più possibile di evitare le telecamere per via della sua relazione con il nostro regional manager.
Le camere funzionano in questo senso sia come personaggio che come un narratore onniscente che riesce a mostrarci anche momenti privati o in cui i personaggi credono di non essere ripresi: in questo caso abbiamo accesso alle telecamere del circuito di sicurezza dell’ufficio, quelle presenti negli ascensori e che ci permettono di seguire meglio la storia. Altre volte, invece, è la camera stessa del mockumentary a doversi ingegnare per registrare momenti “privati”, ma fondamentali: un esempio è quando registrano dalle grate del bagno conversazioni private o quando riprendono dalle tendine le reazioni in un ufficio la cui porta è chiusa portandoci così a vedere i momenti meno glamour, ma molto più comici della serie.
Ovviamente la presenza così importante del documentario in atto viene evidenziata dalla sottile, ma continua consapevolezza di alcuni personaggi dello sguardo della telecamera: il personaggio che sfrutta di più questa caratteristica è sicuramente Jim. Innumerevoli sono le volte in cui il suo sguardo dritto in camera crea la tempistica giusta per una gag o coinvolge lo spettatore nell’esilarante assurdità della scena (soprattutto quelle che coinvolgono Dwight, suo controverso amico). Le sue reazioni rendono non solo il suo personaggio più vicino al pubblico, ma confermano e amplificano la sensazione di quotidianità che l’ufficio della Dunder Mifflin ispira in chi guarda The Office (US).
A differenza della rottura della quarta parete cara a molte serie – come Fleabag, (ne abbiamo parlato anche qui) – questa caratteristica di guardare dritto in camera non avviene a discapito dell’inconsapevolezza degli altri, ma anzi rafforza la nostra sensazione di essere presenti e coinvolti come fossimo personaggi chiamati in causa nelle singole puntate.
La parte più divertente di questa consapevolezza della telecamera è sicuramente nei momenti di panico: per esempio nella 5×13 (“Stress Relief part 1”) Dwight appicca volontariamente un incendio nell’ufficio per dimostrare la poca prontezza dei suoi colleghi di fronte a questo possibile scenario. Durante il tentativo scoordinato e caotico di evacuazione i personaggi, e in particolare Michael, cedono al panico e nel cercare di uscire quanto prima possibile sbattono più volte contro la telecamera, rendendo la scena ancora più spassosa.
La parte più distante dal flusso narrativo continuo di una serie tv riguarda le singole interviste nel bel mezzo delle puntate: in queste scene possiamo conoscere i pensieri e le opinioni dei personaggi – che molte volte divergono con ciò che viene detto o fatto in presenza degli altri – scoprendo dunque le contraddizioni e l’ipocrisia di persone apparentemente innocue come Angela o Phyllis.
Questo non solo permette di gestire meglio il ritmo degli sketch e dell’intera puntata, ma riprende in chiave parodica ciò che da tempo viene utilizzato anche nei programmi di reality tv: i “confessionali” in cui i partecipanti possono abbandonarsi a confidenze e riflettere ad alta voce diventano in The Office (US) un altro modo per contrapporre discorsi e reazioni diverse, aumentando così la possibilità di far ridere lo spettatori.
Quasi tutti i personaggi durante queste scene guardano leggermente di lato rispetto alla telecamera, rivolgendosi a un potenziale interlocutore che, presente nella stanza, pone le domande: l’unico a guardare dritto in camera, e quindi a instaurare un contatto diretto con il pubblico, è anche in questo caso Jim. Ancora una volta si dimostra il personaggio più “normale” e con cui è più facile avvicinarsi empaticamente perché, come noi, riconosce l’assurdità di ciò a cui stiamo assistendo.
The Office (US) è quindi in grado di raccogliere le potenzialità della ripresa tipica del documentario e unisce queste caratteristiche col bisogno di rendere divertente e innovativo il format delle sitcom (in particolare delle comedy). Questa ventata di originalità ha avuto successo non solo per i piccoli dettagli che spettatori fedeli possono notare e scoprire anche durante i rewatch della serie, ma anche per la capacità di rendere facilmente riconoscibili i momenti più divertenti, trasformando in realistica anche la più assurda delle gag.
È difficile disintossicarsi dal ritmo della serie e, sicuramente, ogni fan di The Office (US) ha avuto la tentazione di guardare un punto fisso dopo una battuta immaginando di essere come Jim anche nella vita reale.