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The Office 7×23 – Storia di un grande addio

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Una lista per salutare tutti. Una lettera di raccomandazione. Un’ultima partita a paintball. Una chiacchierata padre e figlia con l’ultima arrivata. Parole di conforto per farsi forza, per ricordarle che non sempre gli adii fanno paura se quello che si guadagna lo si accresce in coraggio. The Office, una serie tv che mai avremmo immaginato potesse commuoverci fino al pianto a dirotto, ci sorprende di emozione sul finire della settima stagione con gli episodi 22 e 23, prima preparandoci e poi affondando il colpo, regalandoci uno dei più grandi e dolorosi addii delle serie tv.

Ma all’inizio diciamolo pure, non ci siamo subito intesi. Sarà sicuramente capitato a molti di voi di iniziare The Office con le più alte aspettative e poi venire freddati dalle prime puntate. Semplicemente non ci eravamo abituati, non ci eravamo capiti. Un capo irascibile e incompetente, un tirapiedi di professione e una banda malconcia e tutto fuorché ben amalgamata. Un ufficio. Un qualsiasi ufficio dove essere umani differenti si recano ogni giorno solo per riceve la busta paga il 5 del mese. Niente di più. Torniamo insieme a quel giorno, a quando dopo sole due puntate ci siamo chiesti se non fossero troppo eccessive le lodi mosse nei confronti della serie o se non fossimo noi troppo poco svegli per capire che, senza neanche accorgercene, ce ne saremmo innamorati.

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(The Office)

Cresce dopo. Come si dice di quelle freddure che non fanno mai ridere nessuno. La senti dopo. E The Office fa esattamente così, con la differenza che diventa uno spasso di puntata in puntata. E sì, fa piangere, ma dalle risate. Cresce, diventa gigante fino ad assumere le fattezze di un inscalfibile titano. Un culto per molti, un album di ricordi di famiglia che non vorresti mai smettere di sfogliare. Incredibile pensare a come è stato per molti il primo freddo incontro con The Office; impensabile riuscire anche solo a prefigurarsi, al tempo, come sarebbe stata bella e lunga la strada che ci ha portato fino a qui, alla 7×23: la puntata di quell’addio erroneamente forse auspicato molti anni prima e ora portatore di un incolmabile vuoto. Questo, davvero, non ce lo saremmo mai aspettati.

Lo sapevamo già da un po’. La 7×22 aveva anche già aperto le porte all’uscita di scena di Michael. I primi frettolosi saluti e una pila di scatoloni dentro cui andava impacchettata la propria vita. Vita, che per pigrizia era ancora tutta distesa sulla scrivania. Una lista stampata, con una decina e più di nomi in colonna uno sotto l’altro, volti che per qualche mese o forse anni Michael non vedrà più. Salutarli, uno per uno a modo proprio è l’obiettivo dell’ultima giornata di Michael. Di quelle ultime ore nell’ufficio che ha dato dimora a centinaia di scherzi, a tutti quei momenti intimi e insignificanti che hanno fortificato ogni rapporto all’interno della Dunder Mifflin Paper Company rendendolo molto più di un semplice luogo di lavoro.

Tra quelle sedie ergonomiche, nel teatro di un open space, è successo qualcosa di più. E non parliamo della levatura della serie tv nel panorama comedy, che già – altissima – diamo per assunta, ma parliamo di umanità. Di quel costante esperimento sociale che è la vita con gli altri e che mai come in quell’ufficio di Scranton è risultato più riuscito. Ma parliamo anche di Michael Scott: di quell’uomo assurdo senza il quale tutto questo non sarebbe mai potuto esistere. Un amore grande e pervasivo come quello di una famiglia allargata dove scontrarsi è all’ordine del giorno ma dopo qualche ora sembra essere tutto passato. E il padre in questa storia non poteva che essere solo lui, il nostro Michael.

Jim: Non parti domani. Te ne vai oggi, vero?

Michael: Forse

The Office 7×23
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(The Office)

E’ ora di dire addio, e anche se fa male è giusto così. E’ giusto che Michael segua la sua felicità, è giusto che il personaggio evolva, cresca e finalmente tocchi da vicino quei sogni di una vita, impalpabili anche solo fino a qualche anno prima. Lui che una famiglia se l’è costruita tra le mura di un ufficio ora vuole crearne una tutta per sé insieme a Holly e come potremmo mai dire che non sia giusto così? Eppure fa male. Eppure egoisticamente avremmo voluto stare con lui fino alla fine, o almeno ancora un altro po’.

Non sarebbe cambiato niente. Allontanare a livello temporale un passo che si sarebbe comunque dovuto compiere non avrebbe agevolato l’uscita, non avrebbe fatto meno male. L’avremmo fatto per noi. Per godere ancora un po’ della sua compagnia e di ciò che la sua compagnia crea in chi gli sta accanto, ma non sarebbe stato giusto. Il Michael con i capelli appuntiti e una relazione complicata con le donne, irascibile e capriccioso non esiste più: ha ceduto il passo a un uomo dai capelli più morbidi e un po’ più saggio: non troppo, non sarebbe lui.

Premiamo play nel nostro album di ricordi, apriamo il sipario alla memoria di tutto quello che Michael Scott ci ha dato: tra battute, colpi di testa e cringe ad altissimi livelli – before it was cool. E chi ha detto che nelle comedy si ride soltanto, questa puntata forse non l’ha vista.

Una corsa a perdifiato per arrivare in tempo e poi un saluto all’aeroporto come nei film d’amore. Perché sì, The Office è stata anche una bellissima storia d’amore. Una di quelle che inizialmente ti lasciano l’amaro in bocca ma che solo a distanza di anni si concepiscono come perfette. L’addio di Michael ci ha fatto sentire esattamente così: inizialmente spaesati, combattuti e poi solo dopo, dopo molto tempo, pieni di riconoscenza verso quel personaggio a tratti isterico che poco a poco ha imparato a empatizzare facendoci a pezzi il cuore con la sua uscita di scena, ma regalando, con il migliore degli auguri, un futuro florido e perfetto all’eroe della nostra storia: senza maschera ma con un cuore gigantesco.

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(The Office)