Se detestate il fanservice e siete alla ricerca di un prodotto che schivi il puro intrattenimento per intrattenere invece sfinenti dialoghi con la psiche dei personaggi, siete nel posto giusto: The Patient è quella serie rigurgitante di parole, sfibrante e cavernosa, pronta ad esplorare abissi nei quali mai vorremmo calarci. Ed è un prodotto ideato e scritto da Joe Weisberg insieme a Joel Fields. Chi ha visto The Americans avrà forse intuito il concept di base dello show: mai una banale concessione agli appetiti famelici del pubblico, mai un’opera di solo intrattenimento, ma un lavoro che nega allo spettatore il compiacimento fine a se stesso e lo trascina invece in un viaggio nei meandri delle cavità umane, là dove l’oscurità è più opprimente e occorre fare i conti con la verità. Il creatore di The Americans tira fuori con The Patient una sceneggiatura asfissiante, logorante e a tratti persino disturbante. La serie è finita da poco sulla piattaforma Disney+, ma è targata FX, proprio come The Americans. Lo show conta dieci episodi di breve durata (venticinque/trenta minuti ciascuno) e si affida alle interpretazioni dell’irlandese Domhnall Gleeson (il Bill Weasley degli ultimi film della saga di Harry Potter, nonché uno dei principali interpreti di Your Bad Self e Six Shooter) e di Steve Carell (l’uomo che vendeva la carta e ora sogna la luna), molto a suo agio in questo ruolo drammatico.
The Patient è la storia folle di un terapeuta che viene preso in ostaggio dal suo paziente serial killer.
Alan Strauss (Steve Carell) è uno psicologo di una certa fama, rimasto da poco vedovo e ancora impegnato a metabolizzare il lutto. Tra i suoi pazienti c’è Jim (Domhnall Gleeson), un ragazzo problematico che affronta le sue sedute con un paio di lenti scure a deviare il contatto visivo con l’analista. Il lungo flusso di coscienza di Jim ruota sempre intorno allo stesso trauma: l’infanzia difficile con un padre che lo picchiava e abusava di lui e tutto il casino che ne è conseguito nella sua vita. Ragazzo introverso ed enigmatico, Jim sembra al dottor Strauss un paziente come tanti, con il solito carico di nodi e grovigli interiori da sciogliere. E in effetti è così, solo che Jim ha fretta di rimettere a posto le sue lesioni perché ogni minuto che passa senza aggiustare la propria coscienza potrebbe significare la morte di un innocente. La particolare compulsione di Jim (che poi cala la maschera e rivela di chiamarsi Sam) è quella di uccidere. Un serial killer in libertà non può confessare tutto al proprio terapista, ecco perché Sam decide di rapirlo e tenerlo in ostaggio in una stanza di un’isolata casa di campagna, lontano dai riflettori e dalla tentazione di chiamare la polizia.
È con questa rivelazione sconvolgente, in un primo episodio dal ritmo abbastanza serrato, che prende il via lo show.
I primi episodi battono il tempo del thriller psicologico, con un susseguirsi di plot twist e rivelazioni sconcertanti che spingono lo spettatore a proseguire nella visione mandando giù un episodio dopo l’altro. Dopodiché The Patient si adagia su frequenze più lente e, forse proprio per questo, ancora più interessanti. La scenografia dello show disponibile su Disney+ è essenziale, somiglia a quella di uno spettacolo teatrale: scarna, minimalista, principalmente buia. L’intreccio è infilato tutto nelle parole, nel grande viaggio che ci costringono a fare all’interno della psiche di due uomini che si studiano e si affrontano per tutto il tempo, consci ciascuno del potere che l’altro ha su di sé. Malgrado il dottor Strauss sia quello in catene, Sam gli riconosce la possibilità (e l’autorevolezza) di incidere sulla propria vita e sul suo stato di salute. C’è dunque un costante ribaltamento di ruoli, con due protagonisti che mostrano continuamente punti di forza e di vulnerabilità a cui aggrapparsi per tirarsi fuori da una situazione al limite. The Patient è una battaglia di nervi tra Steve Carell e Domhnall Gleeson. Gli altri personaggi (la mamma di Sam, Candace, interpretata da Linda Emond; Ezra Strauss, il figlio di Alan, interpretato da Andrew Leeds, e il terapeuta morto Charlie, supervisore di Steve Carell, a cui ha dato il volto l’attore David Alan Grier) sono essenzialmente riempitivi e servono solo a farci comprendere meglio la psicologia e la personalità dei due protagonisti. Protagonisti attorno a cui ruota tutto il contesto minimalista della serie.
The Patient è una serie acuminata e penetrante.
Ci si resta imbrigliati dentro, con lo stesso senso di claustrofobia che inchioda sul ciglio del letto il dottor Strauss. È uno show che esplora le voragini di due personaggi diversissimi e complicati, ciascuno alle prese con i propri demoni interiori. Perché se il personaggio di Domhnall Gleeson è leggermente più standardizzato, spalmato sull’archetipo del serial killer alle prese con i traumi di un’infanzia difficile, quello di Steve Carell è invece ancora più oscuro e intricato. Le sue difficoltà a metabolizzare il lutto, il rapporto complicato con il figlio Ezra, i dubbi e le comprensibili paure che lo attanagliano per tutto il corso dello show, ne fanno un personaggio assolutamente interessante, la cui coscienza siamo spronati a perlustrare alla ricerca di qualcosa in cui riconoscerci. In The Patient, il terapeuta non conduce il gioco. È vittima egli stesso, trascinato contro la sua volontà in una lotta per la sopravvivenza. La serie che troviamo su Disney+ non mira a celebrare il ruolo positivo dell’analista per metterlo in contrapposizione con quello negativo del serial killer di Domhnall Gleeson. The Patient ci mostra al contrario un terapeuta spaventato che commette una serie di errori grossolani per paura, approssimazione e fretta. Ma anche per una meditata exit strategy messa a punto per tentare di salvarsi la vita in una situazione di pericolo estremo.
Il limite tra ciò che è giusto per il paziente e ciò che invece serve al terapeuta per mettersi in salvo è sempre molto sottile e lo si oltrepassa più volte.
La lunga catena che tiene il dottor Strauss legato al letto della casa di Sam è emblematica. Frustrazione, rimorsi e sensi di colpa tengono le coscienze umane incatenate, ne fanno prigionieri in cerca di un’insperata via di fuga. Calarsi nelle profondità vertiginose di The Patient è come intrufolarsi da ospiti indesiderati in una gattabuia soffocante e oppressiva, dalla quale non si vede l’ora di evadere con almeno un barlume di speranza di salvezza tra le mani. Il finale dello show, dopo dieci episodi di ricerca angosciante di una via d’uscita, arriva come un sospiro di sollievo. Joe Weisberg non si smentisce e ci regala ancora una volta un’opera che fa poche concessioni al fanservice e ci induce invece a fare i conti con una realtà che vorremmo far finta di non vedere. The Patient andrebbe assolutamente vista su Disney+. Al netto di qualche episodio di troppo, è una serie che si guarda in fretta, perfetta per chi ama le ambientazioni scarne e l’impostazione teatrale di scenografia e dialoghi. La staticità e la fissità dello show sono ampiamente superate da un viaggio mentale che copre distanze molto più profonde e raggiungibili solo attraverso un comune sforzo di comprensione e immedesimazione. L’oppressione fisica che sentirete nel guardare questa serie è la spia di quanto parole, silenzi, sguardi ed espressioni possano incidere a fondo nella sensibilità dello spettatore. The Patient merita decisamente la vostra attenzione.