ATTENZIONE: questo articolo potrebbe contenere spoiler su The Recruit 2.
Dopo il successo della prima stagione, arriva su Netflix The Recruit 2. Sei episodi carichi di tensione, di azione e momenti di umorismo ben dosati. Creata da Alexi Hawley, già noto per The Rookie e Castle, la serie continua a seguire le avventura di Owen Hendricks (Noah Centineo), giovane avvocato della CIA che, suo malgrado, si ritrova ancora una volta coinvolto in un intricato gioco di spionaggio internazionale.
Se la prima stagione ci aveva mostrato Owen come una recluta inesperta che tentava di sopravvivere tra missioni pericolose e colleghi poco collaborativi, in The Recruit 2 lo vediamo affrontare sfide ancora più complesse. Lo spettatore viene preso e trascinato tra America, Corea del Sud e Russia, finendo per essere immerso in un mondo pieno di tensioni geopolitiche e tradimenti.
Nonostante un protagonista sempre carismatico e una narrazione considerevolmente ricca di momenti adrenalinici, la stagione patisce una sorta di compressione narrativa che penalizza lo sviluppo di alcune sottotrame e personaggi.
The Recruit 2: la trama
La seconda stagione riprende da dove ci eravamo lasciati: Owen è stato rapito da Nichka (Maddie Hasson), la figlia di Max (Laura Haddock), spietata killer della mafia russa. Nichka vuole risposte e, soprattutto, vendetta. Owen, ancora scosso dalla morte di Max, seppure a fatica riesce per l’ennesima volta a cavarsela e a tornare a Washington.
Le sue azioni hanno conseguenze pesanti e il suo rientro a Langley non è affatto trionfale. Dopo il disastro combinato nella stagione precedente Owen è considerato radioattivo. La CIA non si fida più di lui, i suoi colleghi lo evitano. La sua stessa esistenza sembra essere un ostacolo per l’agenzia. Tanto che il suo capo, Walter Nyland (Vondie Curtis-Hall), non potendolo licenziare lo costringe a non fare letteralmente nulla.
Finché un giorno riceve una lettera che non è indirizzata a lui. Spinto dalla curiosità decide di aprirla obbligandolo a rimettersi in azione.
Da Washington a Seoul, The Recruit 2 sposta il focus della storia in un contesto internazionale ancora più complesso, introducendo nuove minacce e improbabili alleanze. Owen si ritrova a dover negoziare con agenti segreti sudcoreani, a schivare sicari russi e a gestire un nuovo intrigo che potrebbe mettere in ginocchio la CIA. Il risultato è una corsa contro il tempo che lo porta ad affrontare missioni impossibili, il tutto mentre cerca disperatamente di non farsi uccidere.
Owen Hendricks: eroe per caso
Se nella prima stagione il protagonista della serie appariva come un ingenuo idealista gettato in un mondo spietato, in The Recruit 2 vediamo l’evoluzione del suo personaggio. Owen appare più consapevole dei pericoli che corre, e che fa correre agli altri. Risulta meno ingenuo e più preparato ad affrontare le sfide che il destino ha in serbo per lui. Rimanendo però fedele a se stesso: impulsivo, testardo, e terribilmente incline a ficcarsi nei guai.
Noah Centineo, cuore pulsante della serie, riesce molto bene a bilanciare ironia e vulnerabilità rendendo il suo personaggio incredibilmente umano. Owen non ha la capacità analitica di Jack Ryan, non ha le doti fisiche di Jason Bourne, né tanto meno ha il fascino di James Bond. È soltanto un avvocato, come si ostina a ripetere a tutti senza essere creduto da nessuno. Un avvocato che tenta di sopravvivere in un mondo spietato fatto di mercenari, doppiogiochisti e assassini professionisti. Lo fa partendo dalla sua sciolta parlantina, il suo innato senso della contrattazione e una discreta dose di fortuna. Oltre a una serie di skills da guerriero, spuntate non si sa da dove, che gli permettono di sopravvivere in situazioni anche piuttosto complesse…
Owen cerca di fare la cosa giusta, dimostrando una bussola morale che lo distingue dai suoi colleghi più cinici. Lo dice chiaramente, verso la fine della stagione. Preferisce sbagliare, magari morire, anziché abbandonare chi ha bisogno di aiuto. La sua crisi parte dalla fine della scorsa stagione e piano piano viene a galla in questa. Una crisi psicologica reale, concreta poiché Owen è costretto a fare i conti con le conseguenze, per lo più negative, della sue azioni sugli altri. Questa crisi, però, risulta solo superficiale. Non viene approfondita del tutto e il lato emotivo dell’improbabile agente segreto, non viene mai a galla. Un’occasione persa che avrebbe reso l’arco narrativo ancora più convincente.
Vecchi personaggi
Uno degli elementi che aveva reso la prima stagione di The Recruit così coinvolgente era la presenza di personaggi secondari ben caratterizzati. Personaggi capaci di arricchire la narrazione principale e offrire ulteriori sfaccettature al mondo di Owen Hendricks. In The Recruit 2, questa caratteristica sembra essere stata in parte sacrificata, probabilmente a causa della riduzione del numero di episodi da otto a sei. Questo taglio ha portato a una selezione più netta su quali personaggi sviluppare e quali invece lasciare sullo sfondo, con risultati non sempre bilanciati.
Un esempio evidente è Nichka, interpretata da Maddie Hasson. La sua sete di vendetta la rende un’antagonista credibile, capace di aggiungere tensione e imprevedibilità alla trama. Il suo personaggio, però, finisce per risultare troppo simile alla madre, Max. La serie sembra riproporre dinamiche già viste senza riuscire a rinnovarle realmente, lasciando la sensazione di un’occasione sprecata.
Un altro personaggio che avrebbe potuto avere una funzione più incisiva è Hannah (Fivel Stewart), l’ex fidanzata di Owen. Invece di lasciarla andare, la serie decide di mantenerla in scena senza un ruolo ben definito. Il suo coinvolgimento sembra imposto più per necessità che per reale impatto sulla trama. Il risultato è una sottotrama che sembra promettere sviluppi intriganti ma che alla fine si risolve in una bolla di sapone. Se il suo arco narrativo fosse stato approfondito con maggiore cura, avrebbe potuto diventare un elemento chiave della stagione. Così com’è, invece, rimane un personaggio ai margini, né completamente dentro né del tutto fuori dalla storia.
L’introduzione dei nuovi personaggi
Dall’altra parte, ci sono personaggi che riescono a lasciare un segno positivo. Come Janus (Kristian Bruun), che insieme a Kim Young-ah, nei panni del vicecapo del NIS, regala momenti di pura brillantezza. I loro duetti sono tra i più riusciti della stagione. Offrono un mix di ironia e tensione che spezza il ritmo della narrazione in modo efficace. Anche Lester (Colton Dunn) e Violet (Aarti Mann), i colleghi avvocati di Owen, riescono a mantenere la loro presenza scenica senza diventare ripetitivi. Se nella prima stagione il loro sarcasmo e la loro diffidenza rischiavano di essere solo un elemento di contorno, in questa stagione riescono a camminare con le proprie gambe, guadagnandosi, soprattutto il primo, un ruolo più strutturato nella storia.
Il vero punto di forza tra i nuovi personaggi è, però, Jang Kyun (Teo Yoo), l’agente del NIS che diventa, per forza di cose, la spalla di Owen in questa stagione. Con una missione personale che lo spinge oltre ogni limite Jang Kyun è un personaggio complesso e ben costruito. Il suo rapporto con Owen è una delle dinamiche più riuscite della stagione. Inizialmente freddo e diffidente, lo usa senza mezzi termini per raggiungere il suo scopo. Con il passare degli episodi, la collaborazione tra i due si trasforma in una complicità sempre più palpabile, che, se non sfocia in un’amicizia vera e propria, si traduce almeno in un rispetto reciproco. Teo Yoo interpreta il personaggio con grande equilibrio, evitando eccessi e costruendo la sua crescita in modo naturale.
Troppo dinamismo a scapito della complessità in The Recruit 2
Uno dei punti di forza di questa stagione è la sua capacità di sfruttare al meglio le ambientazioni internazionali. Le scene in Corea del Sud e quelle in Medio Oriente si rivelano tra le più riuscite offrendo una combinazione vincente di inseguimenti, combattimenti, missioni sotto copertura e momenti di puro thriller.
La quantità di scene d’azione in The Recruit 2 continua a funzionare, non annoiano mai. La regia dinamica, una buona coreografia e le riprese ben curate contribuiscono a mantenere costante la tensione. Coinvolgono lo spettatore regalandogli momenti di pura adrenalina.
Tuttavia, la riduzione da otto a sei episodi ha inevitabilmente influito sul ritmo narrativo e sullo sviluppo dei protagonisti. Alcune sottotrame vengono chiuse troppo in fretta e il finale lascia la sensazione che certi eventi avrebbero meritato maggiore spazio per essere sviluppati adeguatamente creando un certo squilibrio nella gestione complessiva della storia.
Il mix tra suspense e ironia come l’alternanza tra leggerezza e tensione, continua a funzionare bene. Tuttavia, in certi momenti si ha l’impressione che temi “più gravi”, come la pressione psicologica e il conflitto tra dovere ed etica, vengano accantonati. Sono argomenti che emergono inevitabilmente ma sembrano essere evitati dagli autori per non appesantire la trama e, forse, per non rischiare di perdere consensi.
Da The Recruit 2 a The Recruit 3: il giusto equilibrio tra azione e caratterizzazione
La seconda stagione di The Recruit è perfettamente in linea con la prima. Si presenta come un prodotto solido che riesce a intrattenere, con qualche difetto in più. Sebbene mantenga l’energia e l’ironia che hanno caratterizzato la prima stagione, su questa seconda grava la riduzione del numero di episodi che impatta negativamente su personaggi e sottotrame. L’introduzione di nuovi volti ha portato freschezza ma ha reso difficile approfondire dinamiche già esistenti lasciando in superficie trame potenzialmente interessanti.
Owen Hendricks, interpretato con bravura da Noah Centineo, continua a essere un protagonista umano e con un certo fascino ma la sua evoluzione emotiva e le conseguenze delle sue azioni non riescono a ricevere la giusta attenzione. Se una terza stagione dovesse arrivare, ci si aspetta un racconto più equilibrato, dove l’azione non sacrifichi il carattere e le relazioni dei protagonisti. Solo così la serie potrà evitare di riproporre una solita minestra e offrirci invece un piatto ricco di nuove sfumature e sviluppi intriganti.
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