The Shield debuttò nel marzo del 2002 sulla rete FX, una basic cable che ebbe il coraggio di aggrapparsi ad un progetto così complesso e sconsiderato, ideato da Shawn Ryan, riuscendo ad ottenere ottimi risultati. In quegli anni i generi televisivi, ed in particolare il police drama, soffrivano di una certa saturazione di prodotti, e così necessitavano un cambiamento radicale. The Shield e The Wire furono le due serie tv che maggiormente riuscirono ad invertire la rotta, conferendo nuova verve al poliziesco e rilanciandolo tra le punte di diamante dei generi televisivi.
Antieroi e sane rivalità
C’è di mezzo l’antieroe, ovviamente. C’è sempre di mezzo l’antieroe se si parla di cambiamenti in tv ai primi del 2000. L’eccezione e poi la regola, ma fu proprio The Shield a contribuire nel ridisegnare i nuovi orizzonti di questa figura. Il rapporto che il pubblico aveva con il protagonista della serie, Vic Mackey, è quanto di più indicativo ci sia nel successo di The Shield. Vic, insieme agli altri dello strike team, è stato ideato proprio per mettere in difficoltà lo spettatore, che fin da subito deve abituarsi all’idea di avere a che fare con un prossimo criminale che veste i panni del buono, colui che incarna il volto del male più temuto e al contempo rifiutato d’America (e del mondo): la corruzione. Mackey è uno dei protagonisti più divisivi nell’era seriale moderna, riesce infatti ad attrarre il pubblico e a respingerlo con la stessa intensità, e quando ti rendi conto di essere finito in questo tranello è troppo tardi e non puoi più rinunciarci. The Shield, in quegli anni, non era affatto l’unico baluardo del police drama a stare in piedi. A fare da contraltare era infatti l’osannata dalla critica The Wire, che insieme a I Soprano e Sex and the City faceva le fortune della HBO. La cosa curiosa è che, negli Stati Uniti, questo dualismo andò a creare una sorta di tifo da stadio, per cui i fan si schieravano apertamente da una parte o dall’altra, dimostrando sostegno e attaccamento.
Da una parte Shawn Ryan proponeva un poliziesco che portasse avanti i cambiamenti indotti da serie storiche come Hill Street, raccontando in modo decisamente più realistico l’ambientazione di un dipartimento di polizia e inserendo all’interno il tema della corruzione e della distinzione tra bene e male; d’altro canto, The Wire si concentrava sul modo di raccontare un dramma, ancor prima che un poliziesco, quello di una città, la reale protagonista della serie, intossicata dal crimine e dallo spaccio di droga. The Shield, probabilmente, riuscì a trarre maggiori vantaggi da questo dualismo, un po’ perché comunque venne accostata ad una serie straordinaria e rivoluzionaria, un po’ perché emerse la reale somiglianza con quella linea editoriale appartenente ad HBO, che sfidava apertamente i network e le platee proponendo contenuti alternativi ed efficaci. The Shield è infatti considerata come la serie non appartenente a una premium cable più vicina a questo tipo di prodotto. Ed è a questo aspetto che ci ricolleghiamo per raccontare quanto sia stato grande il passo compiuto dalla serie di Shawn Ryan.
L’underdog degli underdog
Prima di The Shield la “forbidden door” era stata letteralmente buttata giù da HBO, che in pochi anni aveva confezionato e distribuito più di un prodotto divisivo, come quelli già citati nel precedente paragrafo. Ma occorre fare una differenziazione tra basic e premium cable. HBO è infatti un colosso premium, che per forza di cose va a puntare tutto sulla qualità e sull’unicità dei propri prodotti. Al contrario, FX, che inoltre fino all’arrivo di The Shield non aveva mai proposto al pubblico un prodotto originale, è una basic e in quanto tale deve sottostare, seppur limitatamente rispetto all’esposizione di un grosso network, al più grande nemico della qualità in tv: la pubblicità. Ma nel caso di The Shield fu proprio questo ostacolo a svoltarne l’esistenza. Infatti, dopo la messa in onda della prima stagione, sulla sede di FX si scateno una tempesta di critiche provenienti da pubblico e inserzionisti pubblicitari, con questi che letteralmente stracciarono i contratti siglati, preoccupati dalla pesantezza delle tematiche e dal tone of voice atipico per un prodotto in onda in un canale del genere. Ma non tutti i mali giungono per nuocere, ed infatti, in pochissimo tempo FX sostituì gli inserzionisti con altri che invece erano assolutamente interessati al tipo di esposizione che il prodotto aveva acquistato. The Shield fu una delle pochi serie tv (al di fuori del contesto premium cable) ad attrarre la più ambita delle fasce di pubblico: gli uomini, di tutte le età e di fascia alta, categoria che fece le fortune della serie in termini di ascolti e, soprattutto, di vendita di DVD, che nel frattempo spopolavano sempre di più.
Insomma, sembra quasi che The Shield si sia trovata semplicemente nel posto giusto e al momento giusto. Ma a tutto ciò bisogna aggiungere il fatto che la serie non godeva per niente dei grossi budget di HBO, e che dunque la sua realizzazione fu largamente influenzata da questo aspetto. La possibilità di spesa limitata obbligò una serie di scelte stilistiche, quali l’uso di camera a mano per gran parte delle scene e l’ingaggio di una troupe di sceneggiatori tutt’altro che esperta, ma anche in questo caso, entrambe le scelte portarono ad un plus per The Shield, che ne ricavò una scrittura solida e senza alcun tipo di pressione (dettata proprio dall’inesperienza della writing room), e uno stile visivo molto sporco e frenetico, che andò a sposarsi egregiamente con tutte le altre questioni narrative della serie. Da un certo punto di vista The Shield potrebbe sembrare quasi un miracolo televisivo, perché tutte le esigenze del caso sono riuscite a incastrarsi perfettamente con quelle che erano le possibilità, economiche e non, della rete FX. Fatto sta che i risultati, giunti perlopiù grazie alla vendita dei diritti della serie, danno ragione a Shawn Ryan, ponendo The Shield come una delle serie più rivoluzionarie del panorama televisivo moderno.