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The Stand – La miniserie dimenticata, tratta da un famoso libro di Stephen King, che è un vero rimpianto

The Stand
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“Se torni da queste parti, Stu, e rinnovi l’invito a unirmi a te, probabilmente accetto. È questo il destino della razza umana. Socievolezza. Vuoi che ti dica che cosa ci insegna la sociologia a proposito della razza umana? Te lo dico in poche parole. Mostrami un uomo o una donna soli e io ti mostrerò un santo o una santa. Dammene due e quelli si innamoreranno. Dammene tre e quelli inventeranno quella cosa affascinante che chiamiamo «società». Quattro ed edificheranno una piramide. Cinque e uno lo metteranno fuori legge. Dammene sei e reinventeranno il pregiudizio. Dammene sette e in sette anni reinventeranno la guerra. L’uomo può essere stato fatto a immagine di Dio, ma la società umana è stata fatta a immagine del Suo opposto. E cerca sempre di ritornare.”

– Bateman

Un’opera eccelsa e vastissima quella di The Stand (L’ombra dello scorpione), romanzo scritto da Stephen King nel 1978. Un testo che ha, in qualche inquietante maniera, predetto una versione più apocalittica della pandemia dei nostri tempi. Un’epopea che racconta di uomini e donne alle prese con il Male in persona, incarnazione mefistofelica di quel male che si annida nel cuore di tutti noi. Già da quel nomen omen è possibile ritrovare il senso di tutto il romanzo. Quel chiaro intento di un autore che ha sempre e solo usato l’horror come cornice. Il cuore delle sue storie, si sa, è nascosto molto più in profondità. “The Stand”, che in inglese significa tra le altre cose “la resistenza”, fa proprio riferimento a quell’idea del rimanere in piedi. Del resistere, del piegarsi al vento come un giunco senza però mai spezzarsi.

Come fanno appunto i protagonisti della storia, sopravvissuti al virus Captain Trips e uniti nel destino da un sogno condiviso. Otto completi sconosciuti, sparsi per gli Stati Uniti d’America, si mettono in viaggio verso la terra promessa. Quella mostrata loro in sogno da una donna afroamericana e ultracentenaria. A Boulder, in Colorado, Mother Abigail e i suoi apostoli prescelti fondano così una nuova società. Una neo società, libera e democratica, che si profila come ultimo rifugio per l’umanità.

Almeno per coloro che non hanno ceduto al maligno e alle sue dolci promesse. Dall’altra parte del paese, infatti, Flagg ha radunato un gruppo di sopravvissuti a Las Vegas. Qui ogni regola è stata abolita e vige l’anarchia più assoluta. L’unica legge a dover essere rispettata è, ovviamente, quella di Flagg stesso. Chi non la segue, viene punito tra atroci sofferenze. Questo è dunque lo stato del mondo all’indomani di una pandemia causata dall’uomo stesso. Quando il virus Captain Trips, infatti, sfugge ai controlli del laboratorio, l’orologio dell’Apocalisse batte definitivamente i rintocchi della mezzanotte. Nell’arco di pochissimi giorni, l’umanità viene quasi completamente spazzata via e il mondo non sarà mai più quello di prima. Una devastazione su scala globale, il presagio di un futuro possibile e che noi stessi ci stiamo attirando addosso.

Il Covid è chiaramente il confronto più “vicino” alla catastrofe descritta in The Stand

stephen king
The Stand

Proprio per ironia della sorte, nel 2020, viene prodotta la miniserie tratta dall’omonimo romanzo e trasmessa sul canale CBS.

Un progetto audace e ambizioso che si proponeva di portare sul piccolo schermo una delle opere più complesse del re dell’horror. Forte di un cast di grandi talenti – da Whoopi Goldberg nel ruolo di Mother ad Alexander Skarsgard nel ruolo del villain Flagg – The Stand arrivava in televisione con una storia fresca, moderna e pensata per l’epoca in cui ci troviamo. La trama viene quindi adattata al mondo contemporaneo. Un mondo molto lontano da quel 1978 in cui Stephen King scriveva la sua personale e spaventosa pandemia. Cambia la forma ma non la sostanza, e lo show rimane fedele al nucleo narrativo del romanzo. Lo fa ripercorrendo i tre macro archi ma facendo anche una piccola operazione di taglio e cucito.

Diversi, distanti, eppure inspiegabilmente connessi l’uno all’altro, gli apostoli di Mother Abigail giocano un ruolo centrale nel corso della miniserie. Sono loro, con le loro paure, desideri e speranze, a essere messi al centro della narrazione, fedele allo stile dell’autore. La miniserie si sofferma a lungo sul loro passato e sulle decisioni che li spingono ad agire in nome di un bene superiore. Non esistono eroi, ma persone imperfette che cercano di dare il meglio di sé anche nelle situazioni peggiori.

Di fronte a un mondo in rovina, Stu e tutti gli altri protagonisti non hanno acquisito chissà quale superpotere.

Non sono invulnerabili o infrangibili. Eppure cercano, a ogni costo, di rimanere fedeli al loro credo e alle proprie convinzioni anche nei momenti più bui. Sono loro a rappresentare l’umanità che non cede alla sofferenza e che non si piega al male. Quella che non si fa corrompere, che porge la mano a chi ne ha bisogno, che sostiene gli indifesi e sorride al prossimo.

Anche i personaggi più ambigui della storia sono approfonditi e raccontati nelle loro sfaccettature con attenzione e sensibilità. Ad esempio Nadine Cross, vergine dal destino infausto, e Harold Lauder, pedina di un dio senza misericordia. Nel loro cuore, la lotta tra bene e male assume contorni più confusi e meno delineati ed è proprio questa zona di grigio in cui sono totalmente sprofondati a renderli, forse, i personaggi più umani della miniserie.

The Stand
Nadine Cross

Nella miniserie The Stand, le donne giocano un ruolo predominante, come quasi sempre nelle opere di King. Oltre a Mother Abigail, ci sono altre due protagoniste posizionate un po’ all’opposto l’una dall’altra.

Se da un lato troviamo la donna angelo Frannie, ragazza forte, indipendente e genuina, dall’altro c’è Nadine Cross. Forse uno dei personaggi femminili più complicati creati da King, Nadine presenta delle similitudini con la Lady Macbeth di Skakespeare, ma è anche una “strega” dell’età moderna. È affascinante, consapevole della propria sessualità, dotata di poteri sovrannaturali e connessa al demonio in persona. Allo stesso tempo, però, Nadine non è la maga terrificante e insensibile che la tradizione ci ha trasmesso.

Non è interamente una Lady Macbeth o una Morgana, nella misura in cui a spingerla non è la sete di potere o vendetta ma la convinzione che non esista altra via per lei. Nadine è vittima di Randall Flagg, è vittima del destino ed è vittima di sé stessa. La sua più grande scelta sbagliata è credere di non avere scelta. In The Stand, la donna è convinta per tutta la sua vita di essere destinata al diavolo. Convinta che la sua condanna sia intrinsecamente legata alla sua verginità, ma in realtà ha l’opportunità di deviare dal percorso.

A un certo punto, infatti, il personaggio diventa consapevole delle proprie azioni e sa che andando a letto con Larry si libererà di Flagg. Il problema, però, consiste nel credere che solo attraverso il sesso possa essere libera. Quando infatti Larry rifiuta, Nadine sprofonda definitivamente nell’oscurità, rassegnandosi al suo destino. Solo alla fine, la donna comprende la gravità delle sue scelte e realizza che lei è nata libera. In questo momento epifanico, Nadine trova la sua redenzione scegliendo come realizzare il proprio destino, e quindi uccidersi.

Una redenzione che non viene invece riservata ad Harold, vittima della sua stessa gelosia che lo logora da dentro e lo spinge ad agire in maniera indicibile. Non c’è alcuna possibilità di salvezza per lui, nemmeno di fronte all’ineluttabile verità. Muore così solo, divorato dagli avvoltoi, senza una persona cara che pianga per lui. Mentre il diavolo festeggia nel suo castello di vetro e luci al neon.

The Stand
Randal Flagg

L’immagine del diavolo attraversa tutta la letteratura, rielaborata secondo varianti diverse ma unite da alcuni punti in comune.

Satana ricorre nella letteratura e nella cultura ora come immagine di diavolo tentatore, ora di principe dell’oscurità alimentando un folklore dalle molteplici variabili. È il peccato in tutte le sue forme che corrisponde sia alla tentazione di Adamo ed Eva, sia a quella delle “streghe” perseguitate dalla Chiesa. Ma equivale, altresì, alle tentazioni nelle quali indulgono i peccatori dell’Inferno di Dante. Il diavolo dantesco è un essere mostruoso, la cui antica bellezza è corrotta e distorta dal peccato.

Siamo di fronte a una rappresentazione molto lontana, ad esempio, dal Lucifero di John Milton. Bellissimo e maledetto, è ben diverso dal diavolo medievale di cui la Chiesa si era fatta portavoce. Anche Stephen King tratteggia un diavolo tanto affascinante quanto pericoloso nelle sembianze di Randall Flagg. Il personaggio è una delle figure più ricorrenti nei romanzi di King e assume i caratteri ora dell’Uomo nero, ora del Trickster.

Noto anche con l’epiteto di “The Walking Dude”, Flagg agisce per portare scompiglio e generare caos. I suoi poteri sovrannaturali sono utilizzati al fine di corrompere l’animo umano e far emergere il male insito nelle persone. Per questo motivo compare in momenti di grande disperazione. In The Stand, per esempio, fa la sua apparizione dopo che il terribile virus Captain Trips ha decimato la popolazione mondiale. Flagg, come il diavolo cristiano, gioca sulle paure e gli oscuri desideri dell’uomo. Ma allo stesso modo propone e stringe patti. L’ultima battaglia si combatterà a Las Vegas, tra i due schieramenti del Bene e del Male. Ma quando la speranza rischierà di soccombere, tocca alla Provvidenza intervenire per ristabilire l’ordine in un mondo in rovina.