Che direzione sta prendendo Fear the Walking Dead?
Non è chiaro e le ultime due puntate stanno confondendo ancora di più le idee: dopo la morte di Nick, non c’è ancora un leader al comando.
Lo stesso Morgan, il personaggio-bomba che avrebbe dovuto ricongiungere Fear the Walking Dead con la Serie madre, non è ancora quello che cambia le cose: è Morgan, fa Morgan, ma non c’è nulla di diverso rispetto alla Serie originale.
È un pacifista, è zen, predica il mantra del “ogni vita è importante”, ma ancora, anche lui (un personaggio che conosciamo da anni, la cosa è quasi assurda), stenta a prendere una vera identità autonoma.
Il problema di fondo con Fear the Walking Dead è che i personaggi non sono che abbozzati, non c’è profondità psicologica o introspezione: non si capisce cosa abbia cambiato Madison dalla spietata assassina della terza stagione alla donna positiva che tenta di redimere e salvare.
Non sappiamo quasi niente di Alicia: cosa prova o cosa pensa e lo stesso vale di Luciana.
Abbiamo capito che, per questa stagione, gli autori sono ossessionati dal tema ricorrente del flashback, considerato che ogni puntata è vissuta su due livelli spazio-temporali diversi, ma il risultato è spesso caotico e confonde le idee anche a chi osserva con attenzione.
Troppa carne al fuoco, troppi misteri ancora da risolvere, troppi personaggi introdotti e non approfonditi: per ora Fear the Walking Dead è un calderone di idee parecchio confuse.
La puntata precedente si concludeva con la morte sconvolgente di uno dei protagonisti, Nick, ferito a morte da un’altra bambina squilibrata.
Nick è morto, ma ritorna anche, vivo e vegeto, nell’episodio Buried, non prima di ricordarci di essere morto sul serio, terminato dall’amata Luciana con un coltello al cervello.
Scioccati per la morte di Nick, Strand, Luciana e Alicia raccontano la loro storia ed elencano tutti gli errori che li hanno portati lì, ma, principalmente, uno: perché non hanno lasciato lo stadio assediato?
La confessione dei tre, resa alla telecamera di Althea, ha un che di surreale: se non avessero fatto, deciso, cambiato idea, Nick sarebbe ancora vivo. No, a Nick hanno sparato, ecco perché è morto.
Allo stadio, i sopravvissuti, assediati dagli Avvoltoi vivono in una specie di acquario, dandoci una prospettiva quasi subumana del gruppo di sopravvissuti: osservati, assediati, spiati e affamati. Gli Avvoltoi sono interessanti? Sì, certo e la loro strategia, al momento, è vincente e Melvin sembra un cattivo di quelli che si ama odiare.
Purtroppo è tutto perso in troppe storie, una accavallata sull’altra, senza dedicare sufficiente attenzione a chi deve fare questa storia.
Tutta la puntata gioca sulla speranza e sulla disperazione che, in un dualismo complicato e, forse, troppo ricercato per una Serie con così tante lacune come Fear the Walking Dead, vanno a braccetto, un mondo in cui convivono sia l’egoista Strand che l’altruista Madison.
Chi ha ragione?
In un certo senso, entrambi e nessuno, perché entrambe le visioni opposte della vita sono giustificate in questa zona grigia in cui non si è ancora ben capito a fondo chi siano i personaggi per cui parteggiare.
D’altronde era stato proprio Nick a dire che quel mondo corrompe le persone, le fa diventare diverse, peggiori.
E, infatti, il Nick che massacra Ennis non è il Nick che eravamo abituati a conoscere.
In tutto questo, qualche bagliore.
La scena al parco acquatico, tra scivoli, situazioni estreme, zombie spaventosi, ci ricorda per un attimo che questo è uno show apocalittico, dove gli zombie dovrebbero farla da padrone.
Il cowboy John, un romantico solitario innamorato, ancora in grado di avere fiducia, speranza a sufficienza per continuare a cercare l’amore perduto.
La caparbia Naomi, che sembra la versione femminile di Strand, scaltra, previdente, lungimirante: sa che lo stadio cadrà e agisce di conseguenza.
Come una regola che va pedissequamente rispettata in Fear the Waking Dead, anche questa volta i personaggi interessanti hanno vita breve, certo, un plot-twist inaspettato, ma ormai questa linea narrativa sta diventando decisamente trita.