4) L’arrivo a Terminus
La prigione è persa. Il gruppo frammentato. Lungo la strada numerosi segnali conducono a un luogo chiamato Terminus.
C’è chi vede in quest’arco narrativo il tentativo di presentare una trama separata in gruppi, permettendo di far luce su personaggi che fino a quel momento erano stati poco approfonditi.
Quello che non mi ha soddisfatto in realtà non è tanto la gestione sul piano narrativo, ma la comunità in sé e il suo ruolo nell’intera vicenda. Una parentesi che si perde nel nulla.
Cannibali, psicotici e stronzi, in realtà si scoprirà poi che gli abitanti di Terminus sono “vittime” degli eventi, che inizialmente erano uomini diversi. Insomma, ci siamo scoperti impantanati nella proposta di uno spaccato toccante, una storia di disumanizzazione commovente e stimolante, che però alla fine si è dimostrata improduttiva.
Capisco la necessità di cimentarsi in un’analisi “a grappolo” di un insieme di persone altrimenti impossibile da mostrare nella sua interezza, ma al contempo Terminus si esaurisce in un espediente “isolato” e slegato rispetto all’evoluzione dei fatti, che mi ha lasciato la sensazione di aver perso del tempo prezioso.