Questa è la storia del sopravvissuto Morgan Jones.
Andata-ritorno da un inferno di solitudine e pazzia, passando per un cammino incredibile ed un incontro sensazionale, sino alla redenzione mentale e alla genesi di una nuova interiorità, sulle ali di una ‘ideologia’ tanto lucente quanto vicina all’utopia nell’immaginario The Walking Dead .
La 6×04 si sviluppa così, sui binari irregolari del suo percorso esistenziale e del suo passato oscuro e di tormento, e caratterizzato in un lungo flashback che lo riporta in un primo salto temporale sulle rotaie di Terminus, e poi si chiude nella attuale condizione di Alexandria in un finale shockante e ambiguo che lascia completamente disorientati.
Un episodio dai toni forti e dai significati profondissimi, accompagnati da un groviglio di interrogativi ‘filosofici’ mai come questa volta pesantemente eclatanti nella dimensione The Walking Dead.
IL PASSATO
Il personaggio Morgan, protagonista con un appeal eccezionale, dopo esser stato disperso per lungo tempo, era in qualche modo un oggetto misterioso quando lo abbiamo ritrovato, ed estremamente trasformato dall’ultima volta che lo avevamo visto nella terza stagione. E il primo pezzo dell’episodio ci ha riportato proprio a quell’uomo che dopo aver perso la moglie e poi anche il piccolo figlio non aveva più ragione alcuna se non quella di ‘pulire‘.
Le scritte deliranti sui massi a terra a scandire un territorio ‘clean’ racchiudono la sua icona in un’inquadratura dove si vede Morgan con uno sguardo assente di lucidità, nonchè di alcuna pietà. Lo vediamo dilaniato da sensi di colpa lancinanti, e ancora gridare e sgridarsi ‘sai che dovevi farlo tu!’, contorcersi nella sua follia e soprattutto uccidere, uccidere come fosse una forza più possente, più veloce, più ‘giusta’.
Uccide due persone che tentano di assalirlo, la seconda in modo disumano, soffocandolo con bestialità.
Non c’è niente di salvabile nel mondo di Morgan ormai, o in quel che ne rimane di Morgan, in quel che ne resta nella sua visione ‘dissanguata’ e accecata dall’odio verso tutto e tutti, arrivato a un punto di deriva nel suo nubifragio umano.
Tanto da titolare altri massi ‘atti inutili’, quelli forse serviti per salvare qualcuno (perchè come dirà dopo ‘tutti si trasformano’) e anche le immagini ‘effetto appannato’ servono a rinforzare la tremenda fase di squilibrio di cui era succube.
Nelle varie scene ci addentriamo nelle cantine buie del suo subconcio, ed è come entrare in un tunnel senza occhi: vediamo i giorni, le notti, il fuoco, la solitudine, la ‘pulizia’. Come fosse un comandamento, come ‘l’unica cosa da fare’.
Sentiamo il respiro cupo della sua esistenza in parallelo a sfuriate omicide ed ira e lo struggimento totale. L’immagine dello zombie infuocato che resiste al falò di corpi e incede verso di lui sembra quasi lo specchio di un mostro dannato per sempre. Forse è questo quello che sente di essere ormai Morgan.
LA SVOLTA
Il passaggio a quella che sarà la sua svolta è introdotto da uno scenario quasi incantato: c’è un campo di fiori ed erba con una luce che sembra irradiare flussi di una strana energia, come un campo magnetico che attrae, però ancora una volta il rigurgito lo assale e prende il predominio, portandolo a fustigandosi ancora: ‘non sei cambiato, lo fai ancora. Sai che cosa intendo!’ grida fuori di sé.
Ma questa volta la crisi viene interrotta dal verso di un animale, un verso che potremmo definire da ‘pecora smarrita’ e da cui Morgan viene incuriosito, appunto …attratto. Ed avvicinandosi alla direzione da cui proveniva il verso, scova una casa, dignitosa, pulita…abitata. La voce fuori campo del verosimile abitante di quel posto lo invita ad andarsene ma Mister Jones, non riuscendo a localizzarlo si innervosisce e la ‘malattia distruttiva’ prende quota, e infatti attacca appena questi viene allo scoperto.
La scena è veloce quanto la lestezza dell’uomo che immobilizza Morgan e con un semplice ‘scusa’ e un movimento di bastone lo mette al tappeto.
L’immagine stacca veloce ed ha la proiezione dal basso verso l’alto di Morgan a terra e il tipo sembra un omone vestito come un santone. Almeno questo è il primo colpo d’occhio di uno dei personaggi più particolari mai visti in tutto lo show di Kirkman.
La scena successiva è all’interno della casa dell’uomo e Morgan non manca di fare anche lui il suo show, di delirio e grida, invocando di ucciderlo fino quasi a perdere la voce, fino a scadere poi in una ancora più delirante supplica di farlo morire.
Ma l’omone sembra non essere minimamente scalfito dall’atteggiamento di Mister Jones, gli parla e gli dà da mangiare come se nulla fosse e poco dopo gli fa trovare un libro: ‘L’arte della pace’.
IL ‘SANTONE’ EASTMAN
Cosa ci faccia uno ‘psichiatra forense’ nel bel mezzo di un’apocalisse sarebbe già una bella domanda ma come faccia a gestirla con l’assoluta tranquillità con cui la vive lo è ancor di più.
Nella sue battute iniziali c’è tutta la sua essenza : ‘va tutto bene, capita’ dice, tentando di calmare lo sconosciuto sopravvissuto Morgan.
Il suo nome è Eastman, psichiatra forense come abbiamo detto, proveniente da Atlanta. Vive solo in questo luogo rarefatto ai piedi di un fiume. Vive solo, o meglio in compagnia di una capra, Tabitha, con cui riesce a tirare avanti. L’uomo racconta di sè mentre Morgan lo ascolta in silenzio intriso nel suo vaneggiamento solito.
In un primo momento infatti, Morgan sceglie di non aprirsi al dialogo, rimanendo serrato nella sua cella, ‘non collaborando’ minimamente agli sforzi che questo nuovo incontro gli concede così amichevolmente. Dopo tutto Morgan aveva tentato di assalirlo e di ucciderlo.
(Già, perchè allora? )
E’ quello che sicuramente si chiede Morgan insieme ai molteplici grovigli mentali con cui convive costantemente.
Il primo confronto tra i due vede Morgan presentarsi netto e duro e ostentando quelli che sono i suoi ‘comandamenti’, nel suo fitto credo oscuro intrapreso: ‘io pulisco’, ‘io uccido’, ‘perchè è per questo che sono ancora qui’
Ma Eastman non si scalfisce neanche qua: ‘è la più grande stronzata che abbia sentito’ , la replica
Passano le ore e i giorni ma Morgan non scende dalle sue posizioni e rimane chiuso in cella.
Comincia però ad osservare attentamente Eastman, in ogni suo gesto e azione, attratto forse da quel suo ‘aplomb’ così tanto ‘fuori moda’ rispetto a un mondo detronizzato da tutto quel che è successo. Persino quando uccide uno zombie pare lo faccia in un modo ‘delicato’. Per Eastman infatti sembra non sia successo niente. Morgan nota l’uomo far pratica con un bastone e continua ad osservarlo da dietro la finestra, ma è ancora nella sua ‘gabbia’ mentale ,in questa scena la musica è tenue ed accompagna questa specie di evoluzione lenta , mentre Eastman quasi noncurante aspetta il dissolversi della nebbia dalla sua testa.
Ma la notte abita ancora nella mente di Morgan . L’immagine delle acque del fiume al buio sono la metafora dello stato di buio mentale in cui si trova , qui la musica ha un tono cupo che accentua questo stato psicologico.
Vediamo Morgan che cerca di liberasi di nascosto, sembra come ‘recitare la sua parte nera’. E’ quella del suo animo dannato.
Successivamente riesce a trovare la forza di confessare l’omicidio delle due persone incontrate prima di finire lì, per un attimo si lascia andare e parla in modo sincero, aperto.
‘Rivivi quei momenti nella tua testa ogni singolo giorno. il tuo corpo è qui, ma la tua mente è ancora lì. c’è una porta e…tu vuoi oltrepassarla per evitare quelle immagini…. ma quando lo fai ti conduce di nuovo a quel momento e poi rivedi la stessa porta e…sai che non funzionerà ma magari stavolta sì..quindi la oltrepassi e torni a quel momento terribile ogni volta , lo senti ancora ogni volta , dunque vuoi smettere di aprire quella porta e resti immobile…’
‘ma io ti assicuro ‘ – conclude – ‘che prima o poi ti condurrà fuori, amico’
Eastman lo psicanalizza , gli legge dentro, forse anche troppo. Racconta che nel corso della sua carriera ha psicanalizzato più di 800 individui e che di questi 800 solo uno era davvero malvagio, racconta che gli altri avevano avuto tutti dei traumi che non avevano elaborato, ed è per questo che avevano commesso cattive azioni.
Questo episodio, scritto da Gimple racchiude una grandezza inaudita, l’impatto psicologico e ricognitivo che ci apre è un colpo da maestro da parte sua e di Kirkman e fa capire perchè hanno piazzato come per magia (perchè di magia si tratta questa 6×4) un personaggio come Eastman nel bel mezzo di The Walking Dead incrociato alla storia di Morgan, proprio Morgan poi con la sua storia così particolare e dolorosa.
Un episodio del genere è un tributo unico: sia per riequilibrare il percorso di un personaggio ‘speciale’ come Morgan in merito alla storia della serie, sia per il fatto che per la prima volta ci si trova di fronte a una discussione profondamente introspettiva sul trauma generato da questa situazione e le conseguenze e i risvolti del comportamento umano che ne derivano. (E come possiamo vedere, non è poi tanto dissimile da quello che viviamo nei giorni nostri. E senza avere alcuna apocalisse zombie). Per la prima volta ci si ferma ad analizzare il ‘perché’ di questi comportamenti. E appare ancora più come lo ‘smascheramento’ per il quale tutto ciò che si fa lo si fa in ‘nome della sopravvivenza’ , divenuto forse quasi un ‘alibi’ inconscio per alimentare sottotraccia quella parte che si addice al male, una parte che, nel caso dell’apocalisse, a furia di affrontare la morte-non morte, uccidendo zombie su zombie, non fa più distinzione, non facendo altro che incrementare e sviluppare una parte assassina inconsapevole e deleteria e allo stesso tempo velenosa come una droga, che si instaura nel meccanismo mentale , come una ricerca di un ‘senso di giustizia’ nell’atto di uccidere.
Eastman parla di trauma per quanto riguarda Morgan. ‘Non siamo fatti per uccidere’. E fa riferimento ai disturbi psichici dei veterani reduci dal Vietnam ‘persone ferite che hanno subito traumi ma che possono guarire, possiamo tutti’
Quella porta a cui alludeva prima nella sua psicoanalisi, dice, è aperta. Aperta alla salvezza.
‘La porta è aperta, è sempre stata aperta’
Confessando a Morgan che la porta di quella cella in realtà lo sia sempre stata, per fargli capire che in fondo è una gabbia da cui si può uscire, perchè è una gabbia mentale costruita da lui stesso.
Eastman gli tende quindi questa possibilità, offrendogli la sua casa, il suo divano, il cibo che si potrà ricavare dalla capretta o da quel che si riuscirà a trovare.
A questo punto la reazione di Morgan però è rabbiosa. L’istinto volto alla pazzia prevale e lo fa scagliare come invasato contro di lui. Ma le tecniche di difesa di Eastman sono davvero avanzate e ancora una volta si trova costretto a dover immobilizzare il Morgan furioso, che nel trambusto rompe un quadretto con un disegno di bambino. Questa è l’unica occasione dove vediamo Eastman un po’ turbato.
‘Non ti permetterò di uccidermi’
Le stesse parole che Morgan pronunciò ai due Wolves che tentarono di aggredirlo nell’ultima puntata della quinta stagione.
PRIMI EFFETTI
‘Come un cerchio prima o poi torna’ le parole di Eastman in un modo o nell’altro risuonano nella mente di Morgan che ancora però non ragiona, o non vuole ragionare.
La sua reazione è ancora di chiusura: infatti si rimette in cella, chiudendo la porta, mentre Eastman ancora una volta glie la apre e Morgan ancora una volta la richiude con un calcio. Questo aprire e chiudere la porta comincia a far scricchiolare la testardaggine con cui si era opposto Morgan inizialmente. Sono la rappresentazione di ciò che aveva detto in precedenza Eastman riferito al suo blocco mentale dovuto ai traumi ricevuti.
Eastman continua nella sua ‘opera di recupero’ e racconta del suo portafortuna, quello che ha poi sempre accompagnato Morgan nelle scene in cui lo vedevamo in avvicinamento ai giorni attuali di Alexandria (la scena iniziale della 5×16, quando si risveglia nella macchina) o nella chiesa di Gabriel(5×8). Quella specie di zampino, racconta Eastman, fu un regalo della figlia che gli disse avrebbe portato fortuna. E la fortuna vide la sua ostentazione in un annuncio per un corso a cui si iscrisse il giorno seguente. Eastman dapprima parla di un ‘viaggio’ e poi rivela a Morgan la tecnica dell’arte marziale che gli ‘ha salvato la vita’: l’Aikido.
(‘dove voi andare?’ chiede Morgan ‘non ne ho idea’ risponde Eastman)
La scena successiva vede Morgan ancora al buio, uscire dalla cella, varcare la porta. Il bagliore appena tenue delle prime luci dell’alba sono forse il primo spiraglio per lui. E’la seconda immagine-metafora che indica i primi cambiamenti, un primo chiarore mentale.
Rientrato al suo ‘castigo’ nella sua cella e nella sua chiusura ad un tratto è attirato dall’aprire il libro che già da tempo Eastman gli aveva proposto. Morgan sembra titubante, esita ancora come avesse paura di qualcosa, ma alla fine riesce ad aprirlo.
‘Aikido significa non uccidere. Malgrado quasi tutte le fedi abbiano un comandamento contro l’omicidio, la maggior parte di esse lo giustifica per un motivo o per l’altro.
Tuttavia, nell’Aikido, cerchiamo di evitare del tutto l’assassinio, persino della persona più malvagia’
Morgan in un primo momento chiude il libro quasi come folgorato ed impaurito.
L’AIKIDO (L’arte della pace)
Questo libro è una raccolta di massime, tratte dalle conversazioni e dalle opere scritte di Morihei Ueshiba, uno dei più grandi maestri di arti marziali di tutti i tempi fondatore di un’arte marziale giapponese, una disciplina psicofisica che definì appunto ‘Arte della Pace’.
Gli insegnamenti riuniti in questo testo dimostrano che la vera ‘Via del guerriero’ si basa sulla compassione, sulla saggezza, sul coraggio e sull’amore per la natura. Per questo non fa affidamento sulle armi o sulla forza bruta per avere successo, offrendo un metodo non violento per affrontare qualsiasi tipo di conflitto, anche il più difficile.
Non sappiamo se il maestro Ueshiba avesse incluso o preso in considerazione anche un’apocalisse zombie come possibilità di conflitto nei suoi scritti (e tutto ciò che ne scaturisce) ma vediamo che nella figura di Eastman questa disciplina resiste in modo ineccepibile. E in effetti questo personaggio incanta per la sua sagacia e il suo carisma.
I girasoli nel giardino colorano e forse rappresentano la unicità con cui Eastman affronta e convive con le avversità di un mondo andato in frantumi per l’apocalisse e di cui Morgan è soltanto vittima, una come tante altre.
Morgan piano piano si schiude e lentamente esce dal suo torpore.
Proprio Morgan nel corso di un’uscita incontra e uccide un vagante: nel prosieguo del suo giro per occultare il cadavere si imbatte in una zona dove c’è un piccolo cimitero costruito proprio da Eastman. La scoperta è che ogni lapide, costruita in modo semplice, artigianale, conteneva però un aspetto importantissimo: il nome della persona.
In questo atto portato avanti da Eastman c’è un insegnamento importante: il rispetto per la sepultura, per la dignità umana, di tutto ciò che era la vita di quell’uomo che ora giace definitamente. Al contrario di Morgan che accatastava corpi bruciandoli, ‘pulendo’ a parer suo ciò che potevano sembrare rifiuti senza valore, ma che in realtà erano essenzialmente persone. Persone con una loro vita, con dei sentimenti, con una storia, come lui, come Eastman, come tutti.
Il gesto di Eastman di cercare i documenti dal corpo senza vita, di perdere il tempo per trascrivere il nome regalano a Morgan un esempio forse determinante per la sua risalita verso la vita.
Morgan così diventa un ‘allievo’ di Eastman, che gli dona il bastone con cui difendersi.
La scena delle prime lezioni di Aikido davanti alle acque tranquille emanano brividi di resurrezione dell’animo. Il maestro Eastman insegna la strada. Il combattimento tra i due è spettacolare. Lo scenario ‘limpido’ è la fotografia della pacificazione interiore in atto nell’animo di Mister Jones.
‘Proteggere tutti, proteggere sè stesso, creare pace’
L’episodio è surreale bisogna dirlo, ma la sua bellezza prende il suo fascino proprio da questo.
Il ‘viaggio’ di trasformazione continua poi con altre fasi dove i due uomini si conoscono meglio e parlando Morgan chiede il perchè di una cella dentro casa.
A questo punto viene fuori un retroscena molto importante nella figura dell’uomo Eastman, che si svela molto apertamente a Morgan raccontandogli di sè e della sua storia, senza nessuna remora.
I suoi racconti si riferiscono a un mondo pre apocalittico e quindi niente a che vedere con le storie attuali di zombie e sopravvivenza disperata. Eastman racconta del suo scomodo compito di giudicare lo stato mentale dei detenuti e di come per colpa di quel ruolo avesse perso moglie e figlia uccisi barbaramente da un criminale, tale Crighton Dallas Wilton , che giurò di fargliela pagare per l’opposizione a una sua scarcerazione. Eastman, racconta, sapeva bene che quell’uomo era malvagio perchè glie lo aveva letto dentro ed anche lui sapeva perfettamente che Eastman ne aveva colto la vera natura. Ingannando tutti e riuscendo ad evadere si tolse lo sfizio di eliminare la sua famiglia, perchè ‘glie lo aveva promesso’.
Morgan ascolta rapito e attento, chiedendosi perplesso quale fosse mai stata la sua reazione a un simile crimine.
Ed Eastman confessa di aver tenuto proprio nella cella dove lui dorme quell’assassino che gli distrusse la vita, facendolo morire di fame davanti ai suoi occhi. Quello fu il gesto estremo che cambiò il suo modo di pensare, quello fu il limite a cui si spinse arrivando alla concusione che ‘tutte le vite sono preziose’. Proprio così, anche Eastman aveva vissuto il suo andata-ritorno dall’inferno, e grazie all’Aikido era riuscito a ritrovarsi, ed ora ad essere capace di insegnarlo.
Questo racconto ci fa capire che le atrocità a cui si è dato libero sfogo in un periodo di apocalisse in realtà erano già ben presenti da prima, in quanto insite nell’animo umano e frutto di una scelta (la porta della gabbia aperta), o di un trauma generatore di disturbi che avevano alimentato quell’indole negativa sino a produrre il male e crimini bestiali. Senza scadere nell’ambito di un’analisi sociale-psicologica ci rendiamo conto dell’enorme complessità di introspezione di cui è permeata questa 6×04 e che richiama anche nel titolo il doppio senso su cui ballano i suoi contenuti. ‘Qui non è qui’ può voler dire anche questo, ossia che l’animo umano può essere pacificato e condotto alla salvezza, e che nonostante l’apocalisse non si deve pensare tutto sia permesso, che tutto sia concesso in nome di una sopravvivenza che però sveste la persona della sua parte umana.
‘Qui non è qui’ ossia quella porta che ricoduce sempre allo stesso punto di partenza e che non si riesce a varcare. Uno stato di blocco mentale che richiama un’elevazione dello spirito imponente, difficile da attuare anche in un mondo normale e quindi ancor più audace il pensare di poterlo fare nel bel mezzo di un’apocalise.
Ed è questo che ci si chiede: può mai essere sviluppata una ideologia di pensiero di questo tipo in un contesto così danneggiato?
Dove si lotta per un tetto e un barattolo? (sembrano tanto le domande dei giorni nostri)
Nella scena seguente Eastman dà un’altra prova a Morgan, o meglio lo mette alla prova, invitandolo in un primo momento a chiamare con i loro nomi la moglie e il figlio per cercare di farlo uscire definitavamente dall’empasse del suo trauma ma nello stesso tempo per controllare il livello di progresso sul suo autocontrollo di fronte al richiamo della ferita più grande, il lutto appunto dei suoi cari. Un prova che Morgan però non supera, ricascando di nuovo nella sua ira omicida ed attaccando Eastman come un invasato. Ancora una volta la grandezza del ‘maestro’ è pari alla sua abilità nell’ immobilizzare nuovamente le pessime intenzioni di Mister Jones che ricomincia col suo lamento rabbioso : ‘uccidimi!’
Ma Eastman imperturbabile come sempre gli risponde semplicemente così: ‘terrai di nuovo un bambino in braccio’ . Se pensiamo alla scena di Rick che fa tenere in braccio Judith molto tempo dopo ad Alexandria troviamo le parole di Eastman in un certo senso anche profetiche.
L’epilogo dell’episodio si ha con un ipotetico passaggio di consegne ed ha la sua progressione nella scena che vede Morgan affrontare un vagante. Qui Morgan riconosce nello zombie il ragazzo che aveva ucciso prima di sentire il verso della capra, l’ultimo omicidio compiuto prima di approdare lì. Infatti si blocca tanto da richiare di essere sopraffatto ma Eastman accorgendosene, in extremis interviene, e viene morso. Ma lui, come se niente fosse, con quella macchia di sangue in evidenza sulla t-shirt bianca quasi a ridurla un ‘dettaglio’ insignificante, ostenta più amarezza nella ennesima sfuriata di Morgan che forse per senso di colpa, per incapacità di gestire questo accadimento fatale, dà (per l’ultima volta) in escandescenza.
Proprio in questa scena infatti Morgan sembra trovare la chiave per uscire definitivamente dal suo disturbo.
Il maestro è ferito, morso dallo zombie, la capra viene sbranata anch’essa da un vagante, tutto sembra finire in modo tragico ma, come abbiamo detto, è solo un passaggio di consegne. Morgan non uccide più chiunque incontri (i due ragazzini nel bosco fanno tra l’altro effettivamente tenerezza) e nelle ultime battute di Eastman ci sono le ultime riflessioni di quest’uomo che ha saputo cambiare la vita a uno sconosciuto che ne aveva bisogno.
Il racconto di come avesse percorso 30 miglia di strade infestate da vaganti solo per recuperare il quadretto della piccola figlia (ora riparato) accompagnano la sua fine, vissuta con una grandezza d’animo e una serenità sbalorditive.
‘Ho trovato la mia pace nel non uccidere’ è questa la massima finale che lascia in eredità a Morgan, insieme all’Aikido, all’arte marziale col bastone per difendersi. Il passaggio appare quasi come un trasmigrazione di uno spirito shamano.
L’immagine delle acque che brillano al tramonto segnano la fine del percorso di Eastman e danno inizio a quello nuovo di Morgan, mosso da nuovi occhi e nuova luce futura.
Vediamo quindi il nuovo Morgan partire, con l’inquadraura della lapide al maestro Eastman, segno di uno sforzo che ha dato risultato. Ora Morgan è pronto per andare e per insegnarlo a sua volta a chi incontrerà.
E come in un salto all’indietro che ci fa emozionare lo ritroviamo all’uscita del bosco sulle rotaie che portano a Terminus davanti al cartello ‘qui di sopravvive’ a campeggiare come (falso) richiamo.
La colonna sonora in sottofondo è quella traccia musicale ormai diventata il ‘Morgan Theme’ e ‘addolcisce’ la scena caricandola di energia soave.
Tutto a questo punto sembra rappresentare un quadro a ‘lieto fine’ dove persino la morte di Eastman trova un senso. Ma è proprio nella conclusione dell’episodio che tutto viene ribaltato, tutto viene rimesso in discussione e allo stesso tempo apre a uno scenario inquietante.
Le immagini staccano e cambiano di colore, si passa dall’ambientazione viva e luccicante della redenzione spirituale al grigio e ancora una volta l’oscurità della scena in cui ci si accorge che tutto il racconto è racchiuso in un flasback che ci porta a una clamorosa rivelazione: infatti il wolf che Morgan sembra uccidere nell 6×2 in realtà viene solo immobilizzato e successivamente tenuto richiuso in una delle case all’interno di Alexandria. Morgan sembra voler applicare gli insegnamenti di Eastman al lupo catturato. L’espressione del wolf è però ‘sballata’, strafottente e sul finire perversamente malata quando promette di uccidere chiunque, bambini compresi. A niente sono servite le parole e il racconto di Morgan, e nulla ha minimamente intaccato le cattivissime intenzioni del lupo. Ci si domanda se Morgan non abbia di fronte un soggetto di natura malvagia come il criminale che sterminò la famiglia di Eastman. ci si chiede soprattutto quanto sia pericoloso questo tentativo di esperimento nel redimere un individuo completamente ‘assente’ sia di volontà di pentimento che di capacità in questa direzione.
Morgan chiude la porta dove è tenuto il wolf, con un’espressione preoccupata e tetra che racchiude in modo perfetto lo scorcertante segreto che nasconde, mentre le grida in fuori campo di Rick ‘aprite il cancello!’ suonano come un ennesimo doppio senso beffardo tra porte che si aprono e si chiudono. Il rischio che ne fuoriesce da questo confine ci regala anche questa volta un colpo ad effetto davvero straordinario.
Quali tremendi sviluppi potrà produrre questo tentativo di Morgan ad insegnare l’arte della pace al wolf? E quali discrasie potranno comportare in relazione a Rick, capo assoluto di Alexandria, e che si trova in una posizione ideologica diametralmente opposta?
P.S. come abbiamo imparato anche in questo episodio in una fiction se non vedi palesemente morire un personaggio (è il caso del wolf risparmiato da Morgan) non lo si può decretare come tale.
E’ quello che si augura il popolo The Walking Dead, ancora in subbuglio per il destino di Glenn.
In questa puntata non si è visto, essendo stata dedicata completamente a Mister Jones, e quindi vogliamo esorcizzare la questione proprio appellandoci a questa piccola regola non scritta. Sarebbe fantastico infatti vedere scambiare qualche battuta tra Glenn e Morgan sui significati che la Jones story ci ha insegnato. Se è vero che il termine samurai è: ‘colui che serve e osserva il potere dell’amore’, Glenn, pensiamo, ha ancora molto da fare in questo show. E a tal proposito a lui dedichiamo questo post scriptum della 6×03 con la speranza di poterlo vedere ancora tra noi fin dalla prossima puntata.
CHE L’ARTE DELLA PACE SIA CON VOI.
(Un saluto ai nostri amici di The Walking Dead Italia, The Walking Dead ITA, Caryl Italia, TWD – Am I the only one Zen around here? Good Lord)