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The Walking Dead 8×14 – Non si uccide la speranza

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Nella puntata 8×14 di The Walking Dead si sono intrecciati ricordi, consapevolezze e decisioni personali importantissime per ogni singolo personaggio apparso.

I tre genitori che hanno perso i loro figli (Rick, Carol, Morgan) sono i tre protagonisti assoluti di questa puntata insieme a Negan. E’ proprio grazie a loro che possiamo distinguere tre diversi modi di affrontare il dolore, o meglio ancora, tre diversi modi per andare avanti senza la loro ragione di vita.

Oltre alle possibili strade da intraprendere per il futuro abbiamo spesso ampi riferimenti al passato. Questi ricordi vengono usati sia per richiamare la nostra attenzione e memoria su alcuni passaggi, sia per far ragionare i personaggi stessi nel proseguimento degli avvenimenti.

 

La storyline di Negan e Jadis che scandisce puntualmente quella degli altri personaggi della puntata, è tanto apparentemente fine a se stessa, ma in realtà nasconde tantissime informazioni.

Scopriamo il vero significato del nome Lucille della mazza di Negan, scopriamo che c’è una qualche connessione tra la discarica e l’elicottero di cui Jadis è probabilmente a conoscenza. Scopriamo che la discarica non è poi solo una discarica, ma anche una casa ben curata e piena di ricordi. Era un piccolo mondo, esattamente come Hilltop, Alexandria e il Santuario.

“Le persone sono una risorsa” è ribadito anche dalla stessa Jadis che, nonostante tutto, non riesce e non vuole uccidere Negan.

Negan si racconta. Le spiega la sua verità, ammette di aver fatto degli errori (“ho scommesso su qualcuno ed è stato come tirarmi un pugno sul c****”) e confessa di voler rimediare (“posso rimediare, puoi venire con me”). Si mostra umano sia nelle parole, sia nei riguardi degli oggetti significativi, sia nella meraviglia per l’elicottero. E, cosa più importante di tutte, ha sempre mantenuto la sua parola. Jadis è fredda e piena di dolore, ma capisce che questo ha più valore di tutto il resto perchè lei stessa non è stata in grado di farlo causando la morte di altre persone. the walking dead

Il rovescio di Jadis in questa puntata è Rick. Rick che, per la prima volta da quando si è risvegliato in ospedale, mente al proprio nemico sapendo di mentire. Rick che, in questo momento più che mai, ha come unico scopo l’eliminazione del problema. Cioè l’uccisione di tutti i Salvatori, dal primo all’ultimo.

Non importa quanto esso sia vulnerabile, non importa quanto come te desideri un mondo di pace e prosperità. Non importa se ti ha appena salvato la vita come il tuo migliore amico (la scena è identica ad una in cui Daryl tolse uno zombie dal braccio di Rick). Non importa se nella sua vita si sia ritrovato per caso a condividere il pane con i Salvatori diventando uno di loro. Non importa.

Se hai fatto la scelta sbagliata (fuggire da Hilltop alla prima occasione disponibile), ne paghi le conseguenze.

“La parola di un uomo”/”Still gotta mean something” è il titolo di questo episodio. Esso si riferisce ovviamente alla parola data e non mantenuta di Rick mentre lui e Morgan sono prigionieri dei Salvatori fuggitivi.

Tutta la giornata di “trasformazione” di Rick inizia e finisce con grande attenzione ed è importante analizzarne ogni singolo passaggio per capirla completamente.

Comincia con il rinnovato rifiuto di leggere le ultime parole di suo figlio Carl. A nulla servono la confessione di Michonne, l’innocenza di Judith che gioca spensierata, la preghiera di Alden di invitare i suoi compagni a tornare ad Hilltop invece di ucciderli. E’ come se Rick non sentisse nulla di tutto questo. Gli autori ce lo fanno capire chiaramente con l’inquadratura verso il cappello di Carl nel borsone; per Rick esiste solo quello. Esiste solo il dolore che quella visione gli provoca. 

Per rispondere a quel dolore, a quel senso di fallimento e per non fermarsi (come dice Michonne) Rick non può far altro che andare a caccia.

Indossa gli stessi vestiti da “cacciatore” che abbiamo visto più volte nelle stagioni precedenti. Lo stesso sguardo di determinazione e di dolore. La stessa convinzione che non gli possa accadere nulla di peggio di quello che gli è già successo.

Quando si ritrova prigioniero insieme a Morgan ha esattamente la stessa espressione che aveva quando era prigioniero di Gareth a Terminus, con un coltello puntato alla gola ed una promessa di morte da mantenere. Rick sa di essere più forte, sa di poter essere spietato e quindi gioca con le sue stesse frasi “poche cose ormai hanno valore, ma la parola di un uomo deve significare qualcosa no?”.

L’epilogo è chiaro ancor prima che gli zombie arrivino. La stessa logica di Simon temuta e schifata dai Salvatori “conoscevano le regole: se fallisci nessuno ti aiuta” viene abilmente manovrata da Rick in “se hai scelto di scappare, sei morto”.

Le sue parole si perdono tra proiettili e colpi d’ascia e la sensazione dello spettatore è quella di essere tornato indietro nel tempo a quando Rick uccise i suoi primi due uomini nella puntata Nebraska della seconda stagione. Anche in quel momento si trovavano in un bar e anche in quel momento uccidere non era necessario, era solo una precauzione “giustificata” da dolore e protezione del gruppo di cui era responsabile.

All’ultima speranza del Salvatore agonizzante “avremmo potuto vivere … dopo questo” Rick risponde con un singolo sparo in fronte, come per non volere nemmeno sentire pronunciare quella frase.

“Morgan mi hai salvato. Sarei morto, forse su quella strada, forse proprio davanti a casa tua. Tu non mi conoscevi. Perché lo hai fatto? Perché mi hai salvato? Avevi tuo figlio lì. Perché mi hai salvato?”

“Perché mio figlio era lì”

Nonostante il gesto appena compiuto, Rick si guarda allo specchio (quello spezzato, lo stesso dei flash del futuro ricorrenti nel corso delle puntate precedenti) e si vede per davvero. Sangue, morte, buio. Lui sa che quello è lo stesso Rick che arrivò ad Alexandria senza fiducia nelle persone e senza pensieri che ammettessero la parola “futuro”.

Egli sa di aver bisogno di ripartire da qualcosa, proprio come allora.

E’ per questo che fa a Morgan quella domanda “perchè mi hai salvato?”. E, anche se la risposta è come un pugno nello stomaco, Rick sa che è esattamente la verità. Tutto ciò che ha fatto, fin dal principio, lo ha fatto per suo figlio. Sbagliare, perdonare, rinascere, credere in qualcosa, costruire qualcosa: era tutto per Carl. 

E’ proprio da quello che Rick deve e può ripartire.

Egli vede in Morgan una forma di “pazzia” che non deve raggiungere. Rick sa che non è vero che “tutti si trasformano” e sa che nel mondo c’è ancora spazio per qualcosa di buono. Magari non sarà lui a costruirlo, ma di sicuro non è tutto perduto.

Per cui quando torna a casa si lava, di rimette in ordine proprio come fece ad Alexandria. Indossa la maglietta bianca, confessa a Michonne ciò che pensa e la ringrazia. In quel momento, dopo essersi “purificato” è davvero pronto per leggere la lettera di Carl. 

Il percorso parallelo di Morgan, invece, non fa altro che consolidare le sue idee.

 

Egli uccide Jared come avrebbe dovuto fare tempo prima per evitare che Benjamin morisse e che Henry si perdesse. Carol cerca di salvarlo e di farlo ragionare, ma come ormai è ben chiaro, in The Walking Dead le persone non possono essere trattenute. Se qualcuno ha bisogno di fare qualcosa, deve farlo. Se deve provare qualcosa a se stesso deve farlo. Se deve pulire, deve farlo.

Ora Morgan è ritornato nella fase di “pulizia” da cui forse non era mai uscito completamente. E’ consapevole di non poter morire per porre fine alle sue sofferenze, quindi cerca uno scopo e si rifugia in esso. 

Alla fine della giornata sente di poter espiare la sua colpa confessando ad Henry di aver ucciso l’assassino di suo fratello. Henry gli dice “mi dispiace” perchè così facendo si è trasformato lui stesso in mandante di un omicidio e Morgan in omicida.

A questo non c’è rimedio e le lacrime sono l’unica fonte di sfogo per Morgan e la sua sensazione di morte costante.

Carol, altra vera protagonista di questa puntata, arriva ad uno dei punti massimi di riappropriazione della sua identità.

Ogni fan di The Walking Dead sa che quello di Carol è stato uno dei percorsi più entusiasmanti ed altalenanti dell’intera serie. Il personaggio è talmente complesso che ogni volta è in grado di stupire più di quella precedente. In particolare in questo episodio è visibile la sua totale rinascita paragonata al suo burrascoso passato.

Ezekiel la provoca dandole della codarda nel momento in cui non vuole andare a cercare Henry. Il parallelismo con la storia di Sophia è più che evidente. La donna non vuole vivere di nuovo quel dolore e, proprio come allora, non vuole andare in giro per i boschi a cercare un bambino condannato.

La rivincita sta nel fatto che, al contrario di allora, imbraccia il suo fucile e si fa strada tra gli alberi. Una parte di lei vuole proteggere Morgan, ma un’altra parte vuole anche credere di poter trovare Henry e poterlo riportare ad Hilltop.

Carol si ritrova a cercarlo da sola, anche nel momento in cui ogni indizio sembrerebbe condannarlo.

Il bastone, il pezzo di armatura pieno di sangue, la convinzione di Morgan, il buio, i Salvatori ancora in giro e la mandria di zombie sparsa nei boschi. Ognuna di queste cose avrebbe fatto fare dietrofront alla “vecchia” Carol, ma non a lei perchè lei ha scelto di crederci. 

E non a caso è proprio nel momento in cui compie l’ultimo passo che ha l’occasione di sentire Henry urlare e di salvarlo. Da notare anche che il luogo in cui lo ritrova è pressoché identico a quello in cui Rick lasciò Sophia (il fiume, riparo sotto radici e rami di alberi).

Carol si è guadagnata la sua seconda possibilità ed è riuscita ad affrontarla con tutto il coraggio che la contraddistingue, uscendone vittoriosa e confortata di una nuova certezza.

“Avevi ragione. Avevo paura. Avevo una figlia. Quando l’ho persa io non ero niente, ma le persone con cui stavo, stando con loro ho trovato me stessa. Un’altra versione di me, una versione migliore. Sembra sempre che questo possa essere spazzato via di nuovo, ma non significa che succederà e non significa che non potrei ritrovare me stessa se succedesse.”

Alla fine della giornata ognuno dei protagonisti mette insieme le sue scelte e le conseguenze da esse derivate. Morgan si confessa ad Henry, Jadis ricompone se stessa attraverso i suoi oggetti e i suoi ricordi. Carol racconta la sua storia ad Ezekiel, Rick può finalmente leggere le parole di Carl. Daryl e Rosita sono pronti ad occuparsi di Eugene in modo da tagliare i rifornimenti di proiettili ai Salvatori.

Negan ritorna a casa, al suo Santuario, caricando in macchina forse Laura (quella che ha visto tradire Dwight), personaggio decisivo per lo svolgimento della trama che non poteva essere dimenticato.

E’ ormai chiaro che The Walking Dead è fatta di punti di passaggio. C’è stato un momento in cui ognuno dei nostri personaggi si è ritrovato ad uccidere per la prima volta persone vive. C’è stato il momento in cui hanno perso i loro figli. Momenti in cui accecati dalla rabbia hanno perso le staffe e momenti in cui si sono ritrovati e rimessi in gioco (proprio come ha detto Carol).

In tutti i momenti, però, una sola cosa li ha tenuti o riportati in vita: avere qualcuno per cui combattere. Finché ci sarà questo la speranza non potrà essere uccisa.

 

Vi lascio con il promo del prossimo episodio sottotitolato dalla nostra gemellata The Walking Dead ITA! Passate dalla loro pagina a questo link e mettete un bel ‘mi piace’! Se avete problemi ad aprire il video cliccate qui.

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