GLENN…credo di essere in posizione. Voi siete riusciti a tornare? (………………..)
Glenn! (…………………………..)
Il flusso delle onde radio è assente di parole.10 secondi di fruscio spettrale. Anche di Tobin non c’è traccia, risponde solo Daryl ‘Ci sono!’ da un’altra zona, per fortuna Daryl c’è sempre… Ma Glenn non accenna replica, dalla radio Rick non riceve risposta, solo il rumore della ricetrasmittente senza nessuna voce. La scena è successiva al ‘colpo visivo’ appena incassato: Glenn è appena finito in pasto a una mandria di zombie e quel silenzio nelle frequenze fa gelare letteralmente il sangue, lascia azzerati, ti spacca in due lo stomaco, come in simbiosi. Le immagini non danno spiraglio e forse l’omaggio ad uno dei più grandi personaggi di The Walking Dead è nel titolo di questa 6×3 : Thank you, Grazie.
PRESAGI DI MORTE
In qualche modo ce n’era stato sentore, fin dalle prime battute dell’episodio infatti, suonava strano il timbro della sua voce, come rotta dalla tristezza, e ne faceva presagire qualcosa di simile. E come in un labirinto che si assottiglia sempre più, sembrava ormai innescata una clessidra a tempo : il ‘sospetto’ cresceva e purtroppo quella che si sperava essere solo un’impressione, finisce per incagliarsi in una situazione senza via d’uscita, capace di poter solo pregare per un altro ‘miracolo’, per un altro ‘rinvio’. E riempiendo di angoscia lo schermo nella sensazione che si subisce assistendo, si arriva all’epilogo shock col gesto suicida di Nicholas. Un vicolo cieco che gli oscura la mente, rigettante sgomento e terrore e a cui nulla può il tentativo estremo di Glenn di urlargli ‘guardami!’. ‘Grazie’, è l’ultima parola che fuoriesce a stento dalla bocca di Nicholas, poi arriva il colpo, tanto secco che lo si vive in prima persona. Il getto di sangue sul volto in primo piano di Glenn precede di un secondo il salto nel tritacarne della mandria assiepata e affamata. L’impatto emotivo è tremendo. Le immagini staccano, lasciando la platea in un ‘nooooo’ all’unisono sincero e spontaneo: Glenn è morto, divorato dagli zombie. O almeno è quello che sembrerebbe. L’azione infatti si ferma lì ed anche se appare lampante che sia una circostanza off limits non si può averne certezza assoluta.
The Walking Dead in passato ci ha già abituato a capovolgimenti insperati. E se fosse solo il prologo ad un colpo di scena incredibile? Se davvero si riuscisse a strappare un altro rinvio? Un altro miracolo come solo nelle fiction possono accadere? E’ciò a cui si aggrappano i milioni di fans in tutto il mondo, già disperati all’idea di perdere così un loro campione a cui sono troppo affezionati. La scena successiva nel bosco è muta e stacca sui fasci di luce tra gli alberi e i colori scuri e nobili sembrano quasi il richiamo a uno spirito guerriero che si eleva. Ma continuiamo a pensare che gli autori vogliano ancora sviarci. Non staremmo parlando di una morte comune, forse perchè nell’ottica di chi segue e ama The Walking Dead viene quasi difficile poter credere a ciò che è appena successo e soprattutto viene fottutamente difficile accettare che Glenn non ne possa fare più parte attiva. Curioso poi sia stata Angela Kang, americana di origine coreana come lui, a scrivere l’episodio della sua (presunta) morte, che arriva ai fans tragica e cruda come mai avrebbero voluto vedere. Con Glenn infatti, verrebbe meno davvero uno dei pezzi primordiali del fantahorror di Kirkman.
Uno dei protagonisti principali (magari non dei più appariscenti) ma sempre presente, affidabile, immancabile. E sarebbe un brutto colpo anche come ‘familiarità’ da parte dello spettatore che perderebbe così uno dei ‘punti di riferimento’ più longevi di questa serie tv. C’è da chiedersi anche quanto perderebbe il gruppo senza di lui e un’altra riflessione vola subito alla drammaticità con cui apprendebbe la notizia Maggie, che si troverebbe dopo tanto tempo sola e ‘vedova’. Cade dunque la prospettiva di vedere la coppia inseparabile che dura e ‘vissero felici e contenti nell’apocalisse’?
Ma il cinismo che potrebbe scaturirne non finisce qui, perchè l’idea di poterlo ri-incontrare da trasformato è ancora più tosta. Sempre che ne sia rimasto qualcosa. E sempre che non ci sia quel colpo di scena impossibile che tutti vorrebbero. Di sicuro nella memoria di chi segue The Walking Dead, questo episodio difficilmente sarà dimenticato.
IL PROSSIMO?
Questo evolversi degli eventi così tragici porta alla luce un dibattimento affrontato anche nella puntata scorsa e sembra sia una sorta di prova del nove inconfutabile del ‘pensiero Grimes’ (appoggiato come abbiamo visto anche da Carol). La ‘filosofia’ del ‘non si guarda in faccia a nessuno’, se non ai pochi amici/famiglia più cari e più stretti, è nella fattispecie la legge del più forte insomma, che ‘premia’ solo chi riesce a resistere e porta inevitabilmente a fare delle scelte, anche crude e ciniche, ma in un certo senso inevitabili.
E’ giusto quindi, sembra voler chiedere Kirkman, dare ‘fiducia’ al prossimo? E’ giusto, quindi, ‘aspettare’ chi rimane indietro, sapendo che non ce la farà, che potrebbe metterti nei guai, a volte far finire nella cosidetta merda? L’episodio di questa settimana sembra proprio voler dire no. Ed anche incitare il prossimo a non arrendersi quando tutto sembra vano a cosa può servire?
‘E’ un tentativo!’ urla senza fronzoli Michonne quando affronta a muso duro Heath in preda alla rassegnazione. Il ‘tentativo’ è la forza di non fermarsi, di pensare che non sia finita, è la carica e la scossa che soltanto facendo leva sull’unione delle persone può attivarsi: proprio aiutandosi l’un l’altro, dandosi coraggio l’un l’altro, si genera quell’umanità, unico motore trainante per continuare a resistere e dare un senso a tutto. (un concetto fortemente presente nella 5×10 nella scena del fienile durante la tempesta) (E quindi) ‘Nessuno abbandona nessuno’ ribadisce con veemenza.
Questa è l’antitesi della filofosia Rick/Carol portata avanti anche oltre la ‘logica di sopravvivenza’ e l’esperienza accumulata da Michonne (ma anche Morgan, Daryl, oltre a Glenn) pronta a sfidare la propria incolumità pur di dare un’opportunità di salvezza e di incoraggiamento a qualcun altro. Ma perchè questa ricerca? La spiegazione può nascondersi nel bisogno di innescare quel sentimento che muove alla vita in un contesto di morte, che si contrappone alla paura e alla rassegnazione amando la vita in sè al di là della sopravvivenza e quindi a voler insistere a credere (ed aiutare) ancora nel prossimo (e in un futuro).
Glenn potrebbe essere morto per questo. Per insegnarlo col suo comportamento. Per dare un valore all’esistenza, considerando importante ogni vita umana come se fosse l’ultima. E appare come l’unico antidoto ancora a disposizione da parte di chi tenta di incontrare un motivo per sopravvivere, una ragione per reagire alle oscurità del mondo dei non morti ormai padrone e predominante.
Il racconto dell’uomo morso alla spalla a Michonne spiega questo sentimento quando dice ‘non ero più nessuno’ e poi sono diventato importante per qualcuno, riferendosi all’incontro con un’altra persona chiamata ‘moglie’. Michonne sembra ripensare a molto di sè con una delle sue tipiche espressioni ‘impietrite’ ascoltando le parole di David. E lo sprona pur sapendo che non sarà così: ‘Ritornerai a casa’ La scritta sul braccio color ebano di Michonne è la risposta al biglietto di addio che l’uomo voleva fosse recapitato alla pseudo moglie. Ma, successivamente, si vede lo stesso biglietto venire calpestato dall’orda di zombie (che per un niente non schiacciano anche lei) Michonne deve combattere insistentemente per scavalcare il cancello senza poter aiutare che sè stessa proprio mentre l’uomo viene inghiottito dalla mandria accalcatasi. Un altro vicolo cieco che manda in frantumi ogni buona intenzione di idee. Ogni intento sembra infatti sbriciolarsi inesorabilmente dando impressione che più lo si cerchi e più sfugga di mano, come più si insegue una via di uscita e più la via risulta sbarrata.
L’evidenza quindi, è che quel sentimento che tiene ancora in vita e legati gli uni agli altri, quell’ultimo scudo umano per non impazzire completamente sia un coltello bastardo a doppia lama, così nitido e meraviglioso come concezione ma allo stesso tempo così fragile e lacerante nella realtà. L’evidenza è imperturbabile e lascia segni indelebili anche agli occhi di chi si sforza di non vedere (la scena dove Glenn porta via gli altri alla vista raccapricciante degli zombie che mangiucchiano i cadaveri) fanno sì che sia sempre più dura non arrendersi all’idea che le cose siano davvero precipitate troppo, che non ci sia davvero più nulla da fare: la realtà è così schiacciante e atroce che non lascia margini di scampo.
Come i vaganti che escono da tutti i lati circondando ogni via di uscita. La scena dove Michonne si cancella la scritta dal braccio quasi di nascosto sembra di fatto occultare ogni discorso di speranza, aggregazione e futuro.
VIDEOGAMES
Una puntata stile videogames, con i nostri sopravvissuti stretti come topi in gabbia (e il negozio di animali con le gabbie ne è forse la metafora), in un crocevia di azioni che come abbiamo visto si delineano su più versanti : c’è Nicholas con Glenn, Michonne con Heath e Scott (mentre la ragazza, Annie,e Dabid non ce la fanno), ci sono Abraham e Sasha in macchina e guidare la flotta di vaganti, e c’è Daryl che è ‘battitore libero’ e non riesce a resistere al suo spirito a vola in missione solo.
E c’è poi Rick, il Capitan America dell’apocalisse The Walking Dead, che corre in una fuga per la salvezza solitaria e disperata.
La scena della sua corsa ripresa in dissolvenza rende ancora più l’idea dell’affanno della situazione, una corsa contro il tempo che toglie il fiato solo a guardare. Certo, proprio Rick e proprio come in un videogioco: nelle inquadrature in campo lungo lo vediamo correre indietro al punto di partenza del quadro, venire attaccato da dei vaganti per strada e rimanere ferito (qui si innesca un giallo atroce: è stato morso?) e ancora scavalcare la barricata nella curva maledetta dove giace a terra una montagnola di cadaveri zombie, recuperare il camper con i palloncini attaccati (amo i ricami!) e continuare la sua maratona con il cuore in gola verso la strada apparentemente deserta.
L’effetto ansia si pone ai massimi livelli e la colonna sonora scocca il suo tam tam al suo incedere senza tregua. Questa sequenza sul finire della puntata è di alto valore enfatico ed impatto emozionale, viviamo anche qui lo stesso copione con effetto ‘camera a gas’, un altro vicolo cieco che va stringendosi. Impietoso e claustrofobico come il suono incessante del clacson con cui si apre l’episodio, passando per le scene di panico e di caos e i comandi urlati di Rick, inno puro all’adrenalina (il timbro vocale di Iansante poi nel doppiaggio italiano è sempre da pelle d’oca) mentre il quadro diventa sempre più complicato e ingestibile.
La ferita che sanguina copiosa dalla mano, il continuo mettersi in contatto senza risposte e l’attacco di alcuni Wolves fatti fuori in modo rabbioso, addirittura roboante nel caso della mitragliata stile Rambo III quando uccide altri Lupi malintenzionati e, successivamente, come un contrasto termico di 50 gradi vediamo Rick non riuscire a far partire il camper. Uno, due, vari tentativi a vuoto portano ad una visione insolita a cui non siamo abituati, dopo tanta forza e personalità esibita: vediamo lo scoramento e la paura nel volto di Rick e con la sua espressione ad un passo dal crollo mentre la scena si chiude con l’ennesimo ingabbiamento poco rassicurante. Allo stato attuale la situazione sembra di disperazione totale, e il fatto che anche Rick, grande capo traino di tutta la vicenda, sembra non sapere cosa fare (e con la possibilità possa addirittura allinearsi al fumetto per via della ferita) lascia interdetti. Scende quindi la grande paura sullo scenario The Walking Dead 6.
La sigla finale è impietosa, ogni acuto nelle sue note graffia come un pugnale nella carne, questa 6×03 lascia un mare di silenzio nel segno di Glenn e in quel filo di speranza che non sia morto, e un altro mare indefinito è il continuo sopraggiungere dei vaganti, in un cerchio avvelenato che si stringe sempre più verso Alexandria, già ‘città aperta’ e in procinto di diventare apertissima per le varie concatenazioni di eventi che si stanno accentrando proprio lì, dove indica il cartello.
ALEXANDRIA – INIZIO DELLA SOSTENIBILITA’
Questo cartello sembra un chiaro presagio ad una fase dove le corde dei nostri sopravvissuti della comunità verranno messe pesantemente a dura prova. Rimane da chiedersi: quanto reggerà ancora Alexandria? Gli unici ad arrivare barcamenandosi tra i boschi e ad accorgersi che la situazione alla base è già messa male è il trio black composto da Heath, Scott e Michonne, e proprio quest’ultima si accorge che nella strada che porta alla comunità c’è un ruscello che può riuscire a rallentare la marcia dei vaganti verso di loro. Nel ruscello Heath si vede riflesso nell’acqua sporco di sangue e si accorge della verità e dell’importanza delle parole di Michonne nel negozio di animali. ‘Hai mai visto la tua faccia sporca di sangue?’ Heath, alexandrino indiscutibilmente più accorto dei suoi concittadini, pur essendo stato spesso girovago, solo ora conosce il lato più atroce dell’ apocalisse e il suo strascico mentale, quella traccia indelebile che cambia probabilmente per sempre e non perdona se non si riesce ad essere più forti, a reagire. Proprio come tentava di spiegare Michonne. Ed è questo il pericolo che incombe su Alexandria e sulla sua gente, quell’impreparazione alla lotta ed alla realtà nonchè al rigurgito psicologico derivante (come sempre esplicitamente sostenuto da Rick), e a cui nessuno (o quasi) è pronto, avendo vissuto praticamente ovattati per tutto il tempo.
Si è visto, infatti, che gli inesperti cittadini di Alexandria non danno neanche il tempo di farsi memorizzare il nome che li vediamo venir divorati nelle situazioni più assurde e spiacevoli.
Abbiamo visto anche nel caso di Nicholas i segni di psicolabilità e di impazzimento nel tragico epilogo della situazione con Glenn, quali danni possono causare con determinati comportamenti esasperati dal panico e dalla paura. Quanta sostenibilità e quale futuro per Alexandria quindi, decimata e vulnerabile, con un’orda di zombie alle porte da un lato e con una banda di assassini fuori di testa chiamati Wolves dall’altra? In conclusione, aspettando e sperando che Rick riceva un segnale dalla ricetrasmittente, e ancora scossi da tutti gli accadimenti appena visti, sentiamo l’istinto posarsi sul titolo dell’episodio e di inoltrare quella parola agli autori di The Walking Dead per averci dato ancora una volta una cascata di emozioni davvero devastanti: GRAZIE.