È ripresa The Walking Dead. Ed è ripresa esattamente da dove l’avevamo lasciata.
A poco sono serviti mesi e mesi di teorie complottiste, litigi e diverbi, perché The Walking Dead è ripartita con il più lungo degli addii. C’era chi lo odiava, chi lo voleva morto da anni, ma, per me, salutare Carl Grimes è stato dire addio a un pezzo del mio cuore di fan di The Walking Dead.
È vero: era un rompiscatole, non seguiva le regole, era un odioso adolescente ribelle, ma era Carl, ossia il bambino spaventato della prima stagione, quello che vedeva nel padre un eroe. Il ragazzino che, stagione dopo stagione, era cresciuto insieme a noi, che ci aveva deluso, divertito, intenerito, che ci aveva fatto arrabbiare e preoccupare.
Quello che voleva ritrovare l’amica perduta nei boschi, che si gettava nella mischia senza indugiare oltre, il bambino cresciuto troppo in fretta.
Probabilmente, tutti conosciamo qualcuno che detestiamo, ma è comunque parte della nostra famiglia e, come tale, dobbiamo sopportarlo. E, in fondo, finiamo per amarne le mille sfaccettature.
Abbiamo imparato ad accettarlo, malgrado i difetti, le pecche, le imperfezioni. Perché, se c’è una cosa che non si può contestare ai personaggi di The Walking Dead è che siano realistici. Nel bene e nel male. Quindi, in molti hanno esultato per la morte di Carl, ma non io.
E vi spiego perché.
Carl aveva l’impeto, spesso l’arroganza, di essere giovane, ribelle, era sicuro di sapere cosa fosse giusto o sbagliato, era convinto di avere le soluzioni giuste per risolvere la situazione. Aveva l’incoscienza tipica della sua età, che non gli faceva pensare alle conseguenze, per questo scappava sempre di casa, per questo si ribellava, per questo sfidava Negan senza paura. Non pensava. Era un adolescente e, come tale, ha vissuto.
Carl muore sostanzialmente in pace con se stesso: riesce a chiudere il cerchio della propria esistenza. Ha la fortuna di andarsene accettando il proprio destino, conscio totalmente della propria condizione, ancora una volta fermo sulle sue convinzioni, ma sereno, oggettivo, quasi stoico.
“Mi hanno morso”. Non è colpa di nessuno, è successo e basta.
Si lascia alle spalle un deserto di emozioni soffocate, inespresse, prima di tutto il dolore di un padre che si autoaccusa per non essere riuscito a salvare quel figlio sul quale aveva riposto ogni speranza ed aspettativa. Tutto era per Carl, ogni azione di Rick era volta a costruire un mondo migliore per il figlio.
Si lascia alle spalle Michonne, che, impietrita e tra le lacrime, riesce solo a smozzicare una frase che spezza il cuore: “Tu sei mio”. Sei il mio migliore amico, sei mio figlio, sei la persona che più amo al mondo, ci sei tu e sarai per sempre tu. Michonne è stata, a tutti gli effetti, la vera madre di Carl: non lo ha messo materialmente al mondo, ma è riuscita a capirlo, a educarlo, a crescerlo, a farlo ridere, è stata molto più importante di Lori. E, per questo, per lei sarà difficilissimo superare questo lutto.
Si lascia alle spalle Daryl, Maggie, Carol, Tara, la famiglia adottiva, tutti quelli che hanno percorso quel drammatico tratto di vita da Atlanta in avanti. Pezzi di vita, ricordi, emozioni, lotte fianco a fianco, fame, disperazione, rabbia e tragedie, via via una peggiore dell’altra, ma che, nel computo totale, li ha resi ciò che sono. Una famiglia.
Carl muore in modo banale, come tanti altri, ma qualcosa lo differenzia da tutti gli altri: non muore solo e ha un dono preziosissimo, poter dire addio ai suoi cari, poter accomiatarsi ed aprire il proprio cuore, anche condividendo il ricordo peggiore, vale a dire l’omicidio a sangue freddo di un ragazzo quasi suo coetaneo fuori dalla prigione.
Carl è fortunato? Certo che no: muore in modo stupido, per salvare uno sconosciuto, per assecondare il desiderio di sua madre, convertito ad una visione della vita che sia diversa dalla guerra all’ultimo sangue contro Negan.
Carl è fortunato? Certo che sì, perché si lascia un insegnamento alle spalle, che è anche un desiderio ed una speranza per Rick e Michonne di guardare avanti e continuare a vivere malgrado il lutto e il dolore straziante. Il mondo, forse, può davvero diventare un posto migliore.
Chi rimane fuori da questo cerchio? La piccola Judith che viene incoronata dal fratello con il cappello da cowboy. Sarà lei la speranza per il futuro, sarà lei che prenderà il posto del fratello, sarà lei che, forse, avrà la fortuna di vivere nel mondo che il fratello sognava.